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CAPITOLO TERZO

LA SESSUALITÀ DELLA CONOSCENZA
PRATICA E TEORIA

Verso la Sessualità della Conoscenza

Per stabilire il ricongiungimento
con la propria origine attraverso quella
parte di se stessi che è l’altro,
non con l’altro.

Nel periodo intrauterino, tutte le funzioni che consentono la vita vengono espletate, attraverso il corpo della madre; alla nascita, queste funzioni non vengono più svolte automaticamente, ma progressivamente, sarà l’individuo stesso a dover soddisfarle. Quando il bambino ha fame, è necessario qualcuno che fornisca il cibo, fino al momento in cui non sarà in grado di procacciarselo autonomamente. C’è il bisogno affettivo e, poiché la dimensione fusionale all’interno del corpo materno non c’è più, bisogna ricrearlo attraverso il contatto corporeo ma, quando questo mancherà, bisognerà cercarlo di nuovo. Una volta soddisfatto il bisogno, nel sensibile, sembra che tutto si plachi ma, poi, la fisiologia riproduce il metabisogno e il processo si ri-evidenzia.

Nel sensibile, c’è quindi un automatismo che crea tale dualismo: si parte da uno stato, si soddisfa e, passato un lasso di tempo, si riproduce lo stesso metabisogno. Questa enantiodromia (corsa all’opposto), sembra essere specifica del funzionamento sensibile. Infatti, la creazione del metabisogno e la remissione dello stesso vale anche per l’Io-psyché, per le emozioni: stiamo bene e poi stiamo male, proviamo agitazione e poi calma, e così via. Questo ci fa capire che ogni volta che ci identifichiamo e portiamo l’attenzione nel sensibile, troviamo le leggi della dicotomia, della dualità. Noi sappiamo, però, che proveniamo da uno stato, in cui tutto funzionava secondo automatismo olistico-autopoietico innato e, lì, non esistono processi come la dicotomia, l’enantiodromia. Durante i nove mesi di permanenza nel grembo materno, però, abbiamo respirato questa dimensione, perché ci siamo formati in essa, registrando quelle informazioni. Quindi ciò ci suggerisce che, seppure nel sensibile vigano leggi dicotomiche, possiamo rievocare, rivivere stati, in cui vigono leggi olistico-autopoietiche, in base alle quali tutto è automaticamente innato, indifferenziato e fusionale. È facile partecipare-osservare che entrambi sono esistenti e fuzionano simultaneamente, anche se sembrano essere diversi. Dobbiamo trovare, quindi, la legge funzionale unica che sia coerente e che includa entrambi. In questo senso e con questi significati, si riconosce che il sensibile è la conseguenza del sovrasensibile.

L’armonia autopoietica dell’Universi-parte.

Ci si potrebbe allora domandare se non sia più utile posizionarsi su questa dimensione innata-acquisita simultanea piuttosto che sul solo sensibile e, in particolare, i relativi significati-significanti, dato che questi ultimi, spesso, sono la causa della conflittualità.

Per poter essere consapevoli, attraverso il vissuto, di tale dimensione o, meglio di stato di coscienza, occorre capire in fondo questo gioco e capirlo significa entrare nel gioco d’opposti, viverseli fino in fondo, senza però restarne assorbiti, per poter, da lì, risalire fino alla fisiologia che li ha formati. Da quella posizione, proprio per contrasto, possiamo percepire entrambi, il sensibile e il sovrasensibile e iniziare a viverli simultaneamente. Faccio un essempio, partendo dalla riflessione iniziale che ci si potrebbe porre: vivo un momento di angoscia, per vivere i processi fisiologici che formano tale stato, devo posizionarmi su di essi e non sullo stato specifico e relativo significato abbinato, dell’angoscia, appunto. Se ci si posizionasse sulla fisiologia, senza aver vissuto l’angoscia, si perderebbe di vista l’angoscia stessa, che non è la finalità di un ricercatore sulla coscienza. Per capire il funzionamento complessivo di un processo, bisogna penetrarlo, per poi risalirlo, quindi, seguendo l’esempio, è necessario viversi l’angoscia, osservare le informazioni che ci dà (ad esempio le risonanze emotive, le motivazioni profonde che ce la fanno scaturire), senza restarne, però, identificati, senza fissarsi e, da lì, cioè dall’interno dello stato prodotto, risalire fino al campo di forze che l’ha generato. Soltanto il raggiungimento di questo stato ci dà la possibilità della percezione simultanea del processo, perché lo si partecipa-osserva, per così dire, sia in uscita che a monte. Ecco che, la partecipazione-osservazione da un livello più profondo di ciò che accade comincia a far dischiudere il senso dei giochi esistenziali.

La meccanica quantistica ha scoperto la stessa cosa. Le leggi del sensibile sembrano essere diverse da quelle che si trovano nella meccanica dei quanti o in altre microstrutture, ossia la parte non visibile della materia. Tuttavia, non è ancora il sovrasensibile, in quanto quello a cui si riferisce il fisico è una componente costituente la materia, anche se non visibile dai sensi ordinari. Il sovrasensibile, a cui ci riferiamo, è un campo anche coscienziale, localistico e non locale, anche se ovviamente sono collegate. Da qui, la necessità di contare, in Sigmasofia, il termine campo morfo-atomico-coscienziale, per integrare tute le componenti che costituiscono noi stessi e ciò che ci circonda. La componente morfica è ciò che dà forma alle cose; quella atomica coincide con i costituenti microstrutturali e quella coscienziale è il tessuto, il campo di forze, attraverso il quale si può prendere consapevolezza del funzionamento complessivo dell’Universi e di noi stessi che ne siamo parte integrante, l’Universi-parte, noi stessi.

Il sovrasensibile, che osserva il ricercatore sulla coscienza, è quello che genera e irradia l’atomo, determinando la differenziazione cellulare, ciò che dà vita alle varie specie, ai vari stati coscienziali (come il pensare, il sentire, il volere, l’immaginare, l’emozionarsi, e così via). Da qui, il termine autopoiesi: l’autocreazione, ossia il campo di forza che denominiamo la vita, il vivente. L’energia, il sovrasensibile, di cui si occupa il fisico, lo scienziato è un’applicazione pratica delle energie fisiche, dopo che tutto questo gioco si è formato. Sembrano, quindi, esistere sui vari piani di consapevolezza, in diversi modi di funzionare: in realtà, si tratta di un’unica modalità funzionale che li ingloba tutti.

A questo punto, ci si potrebbe chiedere che cosa c’entra tutto ciò con la sessualità. Alla luce di quanto detto, è ovvio che anche la sessualità risenta di tutti questi meccanismi, a cui abbiamo accennato. Esiste il bisogno del congiungersi, se ciò si realizza, ci si sente appagati per un po’ e poi il metabisogno si ri-evidenzia. Questo almeno è ciò che la maggior parte delle persone segnala. A ciò si aggiunge il gioco ideologico, di repressione, di sostegno, secondo la cultura di provenienza, la religione di appartenenza, unite a tutti gli investimenti personali, di tabù, colpevolizzazioni, fluidità, perversioni ecc.. quindi, al pari di tutti gli altri stati coscienziali, bisogna fare i conti con questo, anche se, per motivi che spiegheremo più avanti, questo determina più investimenti.

In base agli argomenti introdotti, quindi, nella sessualità riscontriamo i principi attivi autopoietici innati, anche se gran parte delle persone non li vivono consapevolmente.

La sessualità spesso viene vissuta come incontro sul piano fisico, sul piano del metabisogno, del bisogno-desiderio e della soddisfazione degli stessi, fino a quell’esplosione che chiamano orgasmo (anche se, come visto, per la Sigmasofia non s’intende la stessa cosa): fino a che il meccanismo non si ripete. Questo, molto sinteticamente, è ciò che comunemente le persone riferiscono di vivere rispetto l’atto fisico sessuale. Il piano relazionale, di solito, risente dei meccanismi dell’enantiodromia e della dualità che abbiamo accennato. Tuttavia, esistono persone, consapevoli della dimensione autopoietica innata che scelgono di vivere l’atto sessuale come momento di condivisione di tale dimensione. Questi ricercatori hanno fatto o stanno intraprendendo un lavoro su loro stessi, sono consapevoli della propria componente sensibile, hanno messo a posto la propria relazione con il gioco d’opposti e scelgono di approfondire la parte olistico-autopoietica innata, durante l’atto sessuale. Non a tutti, però, interessa quel piano, quindi, può accadere che scatti la voglia di approfondire quella dimensione con chi vuole fare altrettanto che, non necessariamente, coincide con il partner che si è scelto nella vita quotidiana. Quindi, possono determinarsi situazioni, in cui si ha un partner con cui si condivide il piano più fisico, sensoriale e un altro con cui ci s’incontra per condividere quello olistico-autopoietico. Questo, talvolta, rappresenta la spinta, del tutto inconsapevole, che c’è dietro il cosiddetto tradimento: la ricerca di significati più estesi che si pensa ci siano in nuove relazioni, senza essere consapevoli che la disponibilità all’approfondimento debba avvenire prima di tutto in se stessi, per, poi, poter condividerla con altri. Questa consapevolezza autorealizzativa è fondamentale, altrimenti si verifica quello che denomino esoturismo sessuale, ossia la ricerca continua di nuove avventure sessuali. Tutto ciò può durare anni, soprattutto in età giovanile.

È possibile far coincidere la scelta della condivisione quotidiana e dell’approfondimento di queste dimensioni con lo stesso partner, in tal caso ci troviamo di fronte a persone che, avendo assunto la formazione a loro stessi nel quotidiano, trovano forme meno dispersive, meno proiettive e che, volitivamente, a tempo e a luogo , scelgono di approfondire quel piano. Ciò può avvenire soltanto dopo che si è sviscerato il piano sensibile e, nello specifico dell’argomento che stiamo trattando, la propria storia, il proprio campo affettivo-sessuale.

Ci sono fasi, in cui si è attratti da diverse persone, perché ognuna in qualche modo risponde a un nostro bisogno, in base alla proiezione, di cui la investiamo. Sono passaggi intermedi, nella scoperta, nell’attraversamento della relazione con il proprio campo affettivo-sessuale. Chi ha vissuto l’olistico-autopoietico riconosce che può, potenzialmente, aprirsi a tutti: a quel livello, si vive la creazione continua (l’auto-poiesi), luogo dell’indifferenziazione, da cui discendono tutte le differenziazioni in cui riconosciamo la materia, da cui noi stessi emergiamo. Quindi, non si tratta di dimensioni che soltanto alcuni veicolano, ma partecipabili soltanto da chi vuole farlo e si forma a questo. Non si proiettano più le proprie frammentazioni, ma ci si autodetermina. Quando si riconosce l’autopoiesi, di cui anche l’altro fa parte, come campo, come radiazione, questa dimensione facoltà olistica la si può direzionare su tutti, proprio perché è una facoltà che irradia da se stessi. Ecco che allora non è più un fatto di scelta del partner, in base ai giochi di attrazione-repulsione e correlati, ma diventa più una co-creazione in base alla pulsione olistico-autopoietica a conoscere che si è riconosciuta, che è uno dei meta-bisogni innati, connesso al significato-significante dell’esistere.

Esistono anche scelte di castità, ma, come per ogni cosa, bisogna approfondire il contrasto interiore nel quale tale scelta avviene. In generale, poiché il corpo esiste, ci si potrebbe chiedere perché negarlo. Dalla visione a monte, simultanea, del sensibile e dell’autopoietico, il sensibile (quindi anche il corpo) ha pari dignità del sovrasensibile, proprio in quanto ne è estensione e viceversa: sono un unico processo. Dalle evidenze anche fisiche, la materia non finisce con il confine visibile (per l’essere umano, il corpo). Quando si entra in relazione, si mette in relazione tutto, non soltanto il corpo, quindi non avrebbe senso eliminare una componente in funzione dell’altra, è necessario il riconoscimento vissuto che sono un unico processo.

Per quanto riguarda la sessualità, il corpo maschile, anche stimolato solo meccanicamente, come risposta istintiva produce eccitazione, fino all’eiaculazione, la cui funzione è la procreazione. Questo funzionamento di base, che comunque garantisce la prosecuzione della specie, si arricchisce poi di tanti altri meccanismi (la scelta del partner in base a canoni estetici, caratteriali, proiettivi, motivazionali ecc.). Infatti, chi sceglie di voler praticare la S.d.C. dovrebbe essere fuori dai meccanismi dell’attrazione-repulsione, proprio perché ha riconosciuto che, come parte integrante dell’autopoiesi, questo campo è potenzialmente compartecipabile con tutti e, soprattutto, che l’atto sessuale, inteso in questo modo, va preparato in tanti anni di duro lavoro su se stessi, attraverso tutt’altre modalità. Ecco perché nel tantrismo, arrivavano al Maithuna a sedici, o al rituale tantrico, dopo quaranta, cinquanta, a volte anche sessant’anni di formazione a se stessi, e soltanto allora si maturava il diritto alla meditazione a sedici. Nel rituale del Maithuna, si incontravano otto coppie, che si formavano quel giorno, senza aver mai sperimentato prima la sessualità insieme. La scelta del partner era quindi casuale. Le donne mettevano in un cestino un proprio oggetto, particolarmente significativo e gli uomini ne sceglievano uno: ciò era sufficiente a formare la coppia. Inoltre, la pratica simultanea di più coppie, secondo quella tradizione, serviva a creare un campo di forze più intenso, dove l’uno dava sostegno all’altro, per il raggiungimento di stati estatici, autopoietici. In quel contesto, non c’erano forme di esibizionismo, perversione, fissazione, come potrebbe leggere superficialmente chi non ha fatto un lavoro su se stesso.

Nella S.d.C, pur non praticando queste specifiche forme rituali, si riconosce appunto la necessità della preparazione a monte, per vivere l’atto come forma di conoscenza olistico-autopoietica. Come tecniche pratiche, per l’uomo risulta necessario il controllo dell’eiaculazione, a meno che non ci siano finalità riproduttive. A questo riguardo, quindi, l’atto non deve concludersi con un’eiaculazione, perché seguirebbe una fase di detumescenza e, quindi, una perdita di potenza. Quando si arriva all’apice, è sufficiente un piccolo movimento perché scatti l’automatismo che porta all’eiaculazione, quindi l’arte consente nel raggiungere l’attimo che precede questo spasmo e mantenersi a quel livello, continuamente, senza mai cadere nel consueto automatismo. La continuità di due, tre ore, è il fondamento dello stato di beatitudine. Per la donna, invece, accade l’opposto contrario, nel senso che lì dove l’uomo deve controllare, la donna deve lasciarsi andare sempre più per lei, è la continuità di orgasmi che determina l’escalation. In realtà, per entrambi, il meccanismo è lo stesso: l’accumulo di piacere da distribuire nel corpo. In realtà, a quel livello, l’orgasmo non corrisponde più alla contrazione fisica dell’organo genitale, sia per la donna che per l’uomo, ma è tutto i corpo che si ipersensibilizza: è un’intensità fortissima più o meno costante e che si partecipa interiormente come esplosione di bios-luminescenze, come sensazione di leggerezza e fluttuazione.

Quindi, allenando la muscolatura del pene, della vagina, dell’ano, il mantenersi sulla soglia alta del piacere, da parte maschile e della continuità di piacere, da parte femminile, l’aver attraversato tutta la frammentazione della relazione, le dinamiche irrisolte, le proiezioni, ecc., la pratica di posture di meditazione autopoietica, di particolari respirazioni e tecniche che permettono risveli interiori, determinano una miscela efficace, per penetrare se stessi.

Il luogo per prepararsi è esattamente nell’affrontare le energie che istintivamente vorremmo evitare, o che attribuiamo agli altri. Quando l’Io-psyché vuole evitare qualcosa è perché è risonante con quel meccanismo che, se non affronta, rimane inconscio e influenzerà le proprie azioni, senza che ne abbiamo consapevolezza, appunto. Ogni volta che abbiamo una discussione con qualcuno, siamo usciti da questa scia di consapevolezza, qualsiasi minimo contrasto, in questo senso, ci indica che qualcosa nella relazione non fluisce e, quindi, non fluisce in noi stessi e/o in quella parte di noi che vediamo nell’altro.

Quindi, affrontare le proprie paure, o ciò che ci dà fastidio nell’altro come corrispettivo interiore, allena l’Io-psyché al superamento, al controllo, all’esserci, al non proiettare (…), tutte facoltà utili da immettere anche nell’atto sessuale.

Nella sessualità, si veicolano forze olistico-autopoietiche, della creazione (ciò che i Rosacroce riconoscevano nel rituale del Sacro Amore). Il contatto vissuto con queste potenze che creano un corpo, gli stati coscienziali e tutto il resto, costituiscono quello che nella Tradizione riconoscevano essere l’elemento iniziatico.

Si pensa che l’innamoramento sia uno stato che favorisce l’intensità del vissuto della coppia, ma non si tiene presente che, seppure in quello stato che così denominiamo, siamo più ben disposti all’altro, più aperti, è uno stato che proviene anch’esso dall’autopoiesi. È piuttosto un’esigenza di trovare un contatto, ma per stabilire un ricongiungimento con la propria origine, attraverso quella parte di se stessi che è l’altro, non con l’altro. Soltanto da questa condizione, il contatto si stabilisce autenticamente con l’altro, perché lo si riscopre come parte di sé.

Quindi, l’innamoramento, che è un risveglio sensibile che viene da processi molto più profondi, se utilizzato per finalità di risalita e di comprensione dei luoghi dove nasce, come campo di forza, ha un senso, ma se utilizzato e finalizzato, per soddisfare bisogni fisici e affettivi, come di solito è, non risponde in modo completo.

Infatti, tende a esaurirsi, appunto perché non è la sorgente olistico-autopoietica, ma una sensazione che, in quanto tale, va e viene sotto la spinta di qualcos’altro. È il rinnovo dell’enantiodromia. Il vissuto dell’autopoiesi, invece, porta a forme di compassione, d’innamoramento verso il tutto e di comprensione dell’elemento, da cui scaturisce. Ecco perché la ricaduta nel sensibile di chi vive questi processi spesso  non corrisponde a tipi di relazione convenzionale. Ad esempio non c’è una scelta di tipo esclusivo del compagno/a, perché si entra in forme di compassione verso il Tutto. Sul piano affettivo-sessuale, si manifesta con entrare in forme di con-partecipazione con chi vive o vuole vivere gli stessi processi. L’eiaculazione precoce o ritardata è emanazione della stessa fisiologia autopoietica, che genera spinte molto forti non canalizzate, non direzionate, non conosciute come dovrebbero essere e che, quindi, si disperdono. Non scordiamo che il campo Morfo-Atomico-Coscienziale si trova, come fonte generatrice, alimentatrice in qualunque gesto, e quindi anche della sessualità. La ricerca stessa di un compagno/a nasce dal bisogno profondo del ricongiungimento con il principio attivo della parte opposta-complementare: l’androgino che la cellula, al momento del concepimento, era. Ecco perché questa spinta è così forte. Solo che questa reminiscenza dell’androgino, della fusione (nello stato d’indifferenziazione cellulare e del feto con la madre) che in realtà si cerca attraverso la relazione, spesso, non è consapevole. Si cerca di colmare la mancanza del corpo dell’altro, vissuta nel momento in cui si era nel corpo della madre, attraverso il contatto, la soddisfazione emozionale, affettiva. Così come l’orgasmo (che tanto si cerca) è un riflesso delle potenze estatiche di creazione, dalle quali noi stessi proveniamo. Queste sono alcune delle motivazioni profonde, alla base della ricerca dell’altro. Quando questo ricongiungimento è avvenuto a livello individuale, ecco che sono due androgini quelli che s’incontrano, per l’approfondimento della S.d.C.: due esseri umani che hanno riconosciuto all’interno di loro stessi il principio maschile e quello femminile, lo stato di indifferenziazione degli stati coscienziali, così come la fusionalità, da con-partecipare. Non si elimina la relazione, in funzione dell’autoreferenzialità, ma la si potenzia enormemente, proprio perché si riconosce l’altro, da dentro. Diventano facoltà che si emanano, si irradiano. Ecco che, allora, l’innamoramento si trasforma in compassione, a trecentosessanta gradi. Allora, si potrebbe fraintendere che, nella sessualità, si debba essere disponibili con tutti. In realtà, non interessa avere più esperienze sessuali possibili, in quanto si tratta di un campo di forza, quello olistico-autopoietico, che si sceglie di mettere a sostegno di qualunque atto e, fra i tanti possibili, anche nella sessualità con partners, come si diceva, che vogliono condividere tale piano con le stesse motivazioni.

Chi ha questo tipo di raggiungimenti vissuti emana un potere di richiamo molto forte, che si manifesta come attrazione: non è raro che queste persone siano circondate dagli animali che, essendo senza sovrastrutture razionali, istintivamente, riconoscono questo campo di forze più naturale, quindi, non avendo motivo di temere, si avvicinano. Negli esseri umani, si manifesta come bisogno del contatto corporeo, a volte divorante, perché è come se si volesse inglobare tali vissuti che s’intuisce l’altro abbia raggiunto.

Il vissuto della S.d.C. si costruisce, quindi, nel tempo, allenamento dopo allenamento, nella destrutturazione dei propri nodi problematici e nella ricostruzione, vissuto dopo vissuto, delle proprie prese di consapevolezza. Ecco perché, nel tantrismo, più si è anziani più si funziona, esattamente il contrario di quello che, oggi, comunemente si pensa. Nei nostri giorni assistiamo a una caduta grave della coscienza, perché queste forze olistico-autopoietiche, pur appartenendosi, non si riconoscono più. Infatti, non nasce più l’esigenza di costruire strutture che siano emanazione della presa di consapevolezza di questo mondo interiore, autopoietico, di queste vastità coscienziali che, una volta raggiunte, corrispondono all’ispirazione, all’entusiasmo di renderle manifeste attraverso grandi opere, strutture di riferimento, opere trans-finitamente in vita, come antichi popoli hanno creato e di cui ancora c’è traccia: come il Tempio. L’opera senza tempo, trans-finitamente in vita, non va confusa con una grande opera, che ne rappresenta una componente specifica, una funzione, come le chiese rispetto al Tempio. Nella metafora simbolica, potremmo paragonare il Tempio all’olistico-autopoietico innato e la Chiesa all’acquisito, che comunque ne è emanazione. Sono questi i riferimenti che hanno mosso gli antichi scalpellini. Nel Tempio, si poteva riconoscere il cosmo, il vasto, in cui qualunque religione (Induismo, Cristianesimo, Rosacrocianesimo, Sufismo, etc.), così come qualsiasi incarnazione, identificazione del pensiero poteva riconoscersi, appunto perché da essa originata. Ad esempio: qualunque religione poteva riconoscersi nell’azione di Madre Teresa, perché in lei si vedeva il Tempio. Tuttavia, ad una partecipazione-osservazione più profonda, non sfugge che la costruzione stessa di un Tempio è allo stesso tempo il segnale del bisogno di un oggetto mediatore attraverso cui ricongiungersi con le proprie origini.

Iga e Pingala: correnti che collegano il Mudhalahara

Alla luce di tutto questo, è più facile capire perché alla sessualità, soprattutto nell’antichità, veniva data un’accezione sacra (non solo nel Tantrismo), proprio perché è l’atto, attraverso il quale si può generare la vita. In alcune culture orientali, ad esempio, l’energia della sessualità veniva chiamata Kundalini, simboleggiata dalla figura di  un serpente, posizionato nella zona perineale (il Mudhalahara). Si narra che sia un’energia dormiente, ma sempre latente. Quest’energia è, a sua volta, collegata con altri sette centri energetici, i chackra, ognuno con una sua precisa ubicazione e corrispondente a un colore e a una determinata funzione. Questi centri sono collegati da una struttura che si muove a serpentone, Iga e Pingala, due correnti che vanno stimolate, per essere risvegliate e che, intrecciandosi, progressivamente collegano il primo centro, il Mudhalahara, posto alla base, con l’ultimo chackra, posto al centro della testa, chiamato Loto dai mille petali. Aprendo questi centri, allineandoli e cercando tra loro una comunicazione, si determina uno stato alterato di coscienza chiamato Samadhi o Nirvana. Secondo la Sigmasofia, non è esatto collocare l’energia in un determinato punto, in quanto tutto il corpo è un aggregato di cellule, di particelle. Dalla cellula si costruisce l’intero, quindi, se una singola cellula può creare un corpo, nel quale risiede il Mudhalahara stesso, l’energia di Kundalini è già presente nella singola cellula. Se questa ha la capacità di costruire un corpo, significa che ha in sé, come potenziale, la costruzione di questi centri. Da qui, l’impossibilità di far risiedere l’energia della sessualità in un posto specifico del corpo, in quanto il potenziale è sicuramente presente in ogni singola cellula. Anche durante l’atto sessuale, non è coinvolta una sola parte del corpo, anche se ci sono delle concentrazioni specifiche, come la zona genitale o quelle cosiddette erogene. In alcuni punti, essendoci maggiori innervazioni, si possono concentrare maggiori intensità, ma tutto ciò ha portato ad ampliare il concetto e a farci vivere ogni singola cellula piuttosto che i presunti chackra (riferimenti tradizionali che la Sigmasofia ha, ovviamente, posto in remissione definitiva), come una porta che conduce ai principi attivi olistici-autopoietici.

Ma, se è vero che da ogni cellula, da ogni stato coscienziale, si può entrare per risalire a ciò che l’ha generato, l’unione sessuale è una tra le tante azioni possibili, per il ricongiungimento con tale dimensione. Quindi, l’indagine dell’Io-psyché su se stesso, come preliminare, da applicare a trecentosessanta gradi, dà l’orientamento verso la completezza.

A questo punto, è necessario per me ribadire che la Sigmasofia non propone modelli di riferimento, ognuno li costruirà in base al proprio vissuto la Costruzione della propria teoria, conseguente il vissuto). Quello della Sigmasofia tiene conto di ciò che, negli anni, le persone hanno sperimentato, estrapolandone i principi attivi e integrandoli con i miei personali, in modo che possano essere riconoscibili da chiunque, indipendentemente dalla cultura e dalla Tradizione a cui appartiene. Questo proprio, perché sappiamo che da qualunque contenuto del campo istintivo-emozionale, si può risalire al campo di forze olistico-autopoietico che l’ha generato e che, in quanto tale, trascende l’acquisito, la forma sensibile, che invece può risentire della cultura di appartenenza. Si può, quindi, arrivare, attraverso il vissuto, a innovative prese di consapevolezza che possono superare la Tradizione. Altro importante motivo dell’inserimento della Costruzione della propria Teoria conseguente al vissuto è quello di fornire gli strumenti operativi, affinché l’Io-psyché possa sperimentare direttamente su di sé, per evitare meccanismi di potere da parte dello stesso leader del gruppo, quando divulga un sapere che dice di possedere solo lui.

La pratica della Sessualità della Conoscenza

Con la sessualità,
l’uomo si attiva attraverso quella parte di sé che è la donna;
la donna si attiva attraverso quella pare di sé che è l’uomo.
con la Sessualità della Conoscenza
l’androgino uomo trova il ∑igma
(sommatoria e proprietà emergente)
con l’androgino donna: la base del riconoscimento
dell’Universi-parte, se stessi.

Lo scopo di questa conoscenza è indicare all’androgino-uomo e all’androgino-donna il modo di dinamizzare la propria intensità energetica, istintivo-emozionale, la propria carica che, nel sensibile, denominiamo sessuale-sensuale e impedire che defluisca fino a entrare nello stato coscienziale punto morte. Ciò si può fare, applicando tecno-ontos-sophos-logie psico-somatiche che consentono di avere il controllo sulla muscolatura involontaria e sull’eiaculazione. Si fa in modo che i principi attivi, agenti nello sperma, entrino in circolo internamente, unitamente allo sperma non emesso all’esterno, rinforzando, così, per l’androgino-uomo, la potenza psicosomatica, per l’androgino-donna, la potenza psico-somatica, l’intensità di eccitazione, l’intenso piacere, e oltre.

Ci si basa sul vissuto, per cui all’essenza Tutto è in uno stato di entanglement fisico e coscienziale, in uno stato unitario, non scisso, che esprime potenza di creazione e che gli opposti-complementari, la dualità che viene espressa è perfettamente contenuta, inclusa in tale unità. Il maschile e il femminile, la vita e la morte, il positivo e il negativo (…): sono tutti elementi, inclusi in tale funzionalità, per cui sono inscindibili, inseparabili. Dall’unità, si manifestano gli opposti-complementari e il mutamento e l’auto-rinnovamento delle parti-Universi. Anche se partecipiamo-osserviamo l’alternanza, l’enantiodromia degli opposti-complementari, questa può nascere, perché creata dallo stato unitario che le genera. È l’unità, espressa dal logo della Sigmasofia, in cui la Ypsilon sovrapposta alla Psi, sovrapposta al Lambda, indicano l’unione del maschile con il femminile, racchiuso in un cerchio (l’unità, l’inclusione, in cui le tre estremità della Ypsilon superano la circonferenza, a indicare l’apertura, l’olosdirezionalità verso il transfinito, in un processo di presa di consapevolezza continua).

scudo lux: Ypsilon, Lambda, Psi

L’androgino-uomo e l’androgino-donna esprimono e incarnano questo stato unitario, anche se spesso sono identificati negli opposti-complementari, nel solo sensorio-percettivo. Veicolando l’unità, che genera opposti-complementari, ognuno può riconoscere in se stesso e nell’altro la stessa scaturigine ed essere perfettamente compatibili in quanto parti di unità inscindibile: l’Universi-parte. L’androgino-donna è parte integrante e inscindibile dell’androgino-uomo mettendo in ∑igma la propria consapevolezza della coniuctio, innescano un processo di estensione dell’autoconsapevolezza di quello che già sono all’essenza, ossia Universi-parte, un  unico corpo che crea, di fatto, avanguardie di consapevolezza della transfinitezza di se stesso: il figlio.

Nel caso di Io-psyché che già fossero consapevoli, attraverso il vissuto diretto, di tale unità, la trasmetterebbero nell’atto, nutrendolo della stessa sostanza che l’atto innesca, potenziando, così, la percezione della sua estensione transfinita. Si evidenzia lo stato coscienziale Sigmasofia simboleggiato nel seguente modo:

androgino serpente

L’Universi-parte esprime il campo coscienziale olistico-autopoietico, forza presente nel cuore delle meccaniche quantistiche, sub-quantistiche e oltre, che, appunto per questo, è partecipabile nell’intero Universi-parte. Nel corpo umano, si manifesta come vita-autopoiesi, come Io-psyché e trova peculiari applicazioni, proprio nello spermatozoo, nell’ovulo e, ovviamente, in tutto il corpo: la concentrazione di tale campo di vita-autopoiesi coincide con la potenza dell’eccitazione, espressa dai corpi. Uno dei passaggi per tale concentrazione di campo parte, sicuramente, dal cervello e, lungo la colonna vertebrale, raggiunge, coinvolge la sessualità, e viceversa. In realtà, tale vita-autopoiesi è sempre, continuamente presente, in ogni luogo, quello che si modula è la concentazione, come un’onda che si muove nell’oceano. La S.d.C ci indica che il movimento della sessualità è vita-autopoiesi, localistica, del cropo e, soprattutto non locale, da cui quella del corpo nasce. C’è uno stretto rapporto, una funzionalità simultanea fra l’atto sessuale, la natura e l’essere umano: in tal guisa, dà continuità alla rpoduzione di se stesso. il liquido seminale viene emesso, soltanto quando si assume di procreare: quindi, nella prevalenza dei casi in cui si pratica la S.d.C., non emettendolo si procede al potenziamento-densificazione del liquido seminale e, nello stesso tempo, il prolungarsi del rapporto e l’innesco di intensità di piacere e altro nell’androgino-donna innesca il potenziamento delle funzionalità e della consistenza dell’ovulo. Più a lungo il pene si trattiene nella vagina, più vita-autopoiesi si concentra e più campo coscienziale si densifica, rafforzando così lo psicosoma. Lo scopo è irradiare le intensità pre-eiaculazione sull’intero Io-soma, sui suoi organi interni, cercando di sentire il flusso, dalla zona sessuale lungo la colonna, fino al cervello. La S.d.C. richiede, da parte dell’androgino-uomo, il controllo dell’eiaculazione, così come, da parte dell’androgino-donna, richiede la partecipazione fusionale di ciò che lei stessa prova, integrandola con il campo interiorizzato dell’androgino-uomo. In tal senso, si partecipa il potenziamento energetico, poiché non c’è dispersione di seme. In questo senso, la masturbazione determina la riduzione d’intensità energetica, di forza. Tutto ciò vale, ovviamente, per i ricercatori che vogliono olosdirezionarsi verso la conoscenza olistico-autopoietica vissuta, attraverso l’atto sessuale. Non è una questione di morale o di divieti, ma soltanto di funzionalità che portano alla conoscenza. Ovviamente, chi è interessato al solo piacere procederà con eiaculazione e pseudo-orgasmi continui: di fatto, non accade nulla di più, se non la produzione di quantità di piacere che quel corpo può produrre. Anche i rapporti orali devono tendere verso la non eiaculazione ed essere utilizzati, come preparazione.

Con la sessualità,

l’uomo si attiva attraverso quella parte di sé che è la donna;

la donna si attiva attraverso quella parte di sé che è l’uomo.

Con la Sessualità della Conoscenza

l’androgino-uomo trova il ∑igma

(sommatoria e proprietà emergente)

con l’androgino-donna:

la base del riconoscimento

dell’Universi-parte, se stessi.

LE POSTURE DELLA SESSUALITÀ DELLA CONOSCENZA

La S.d.C. richiede, come tendenza, da parte dell’androgino-uomo e dell’androgino-donna il controllo e la gestione integrali dell’Io-soma-autopoiesi, nella loro manifestazione volontaria, sensorio-percettiva e di quella involontaria sovrasensibile. Si richiede, inoltre, di essere consapevoli che, potenzialmente, ci saranno sempre nuove avanguardie da raggiungere e che ogni sperimentazione, sia nella S.d.C. che soprattutto negli altri ambiti formativi, permetterà via via di applicare nuove prese di consapevolezza.

La S.d.C. non  mai concentrata, identificata sui soli organi genitali ed è in espansione continua. L’androginia risveglia la pulsione olistico-autopoietica a vivere e a conoscere: il metabisogno congiungersi e il vissuto si espandono su tutta la superficie Io-somatica, per poi espandersi all’olistico-autopoietico sovrasensibile, non locale. Nel momento, in cui il vissuto sessuale non si limita alla sfera genitale, si diffonde su tutto il corpo e coinvolge ogni fibra dell’Io-soma, per poi pervadere tutto l’essere e oltre, nelle estensioni non locali di noi stessi, l’Universi-parte. Si vive l’estasi, ex-stasis, che si prolunga nel tempo e la eco rimane nell’Io-soma di ognuno.

La S.d.C. assume di unirsi all’ontos-sophos-logos-kraino di se stessi e dell’altro. Quando i pene si unisce alla vagina, la partecipazione fusionale integrale riconosce l’erotismo. Da Eros, divinità dell’amore, ossia ciò che indica la manifestazione sensibile del principio attivo autopoietico non locale dell’eros che consente di produrre lo stato di attrazione vissuto dall’androgino-uomo e dall’androgino-donna durante la S.d.C.

Si opera fino a identificarsi e a riconoscersi nel principio attivo sovrsensibile dell’eros, vivendo così principi non localistici nella pratica della S.d.C. Per raggiungere questo e altri obbiettivi, è necessario assumenre posture dinamiche appropriate.

Non si utilizza la posizione del missionario, quando la pratica deve prolungarsi per ore, in quanto lo stato di rilassamento comporterebbe un peso eccessivo, da sopportare, per chi è sotto. In alcune pratiche, è previsto entrare nel sogno lucido, per prendere coscienza di memorie inconsce e la comunicazione diviene maggiormente disidentificata dal piano sensorio-percettivo.

In genere, si utilizza la postura a scettro (X)

uomo e donna a scettro

Per passare il maggior flusso armonico di stati di coscienza, di energie, in uno stato di rilassamento profondo.

Durante alcune pratiche, si riduce il movimento e tutti e due sono attivi-passivi, nello stesso modo. Nella posizione a scettro, non è richiesta un’erezione totale, in quanto ciò che si vive dipende dall’espansione coscienziale che si raggiunge, ed è questo che evidenzierà l’intensità dell’esperienza. Le erezioni saranno naturalmente fluttuanti: da molto intense a semi-erezioni, ed è ciò che deve esattamente accadere. Nella postura a scettro, i due corpi comunicano, secondo movimenti spontanei: si resta partecipatori fusionali dei movimenti ecologici innati dell’Io-soma, senza interagire con la razionalità.

Nella S.d.C, vigendo il principio attivo di reciprocità, tutti sono attivi e passivi e contribuiscono a creare la situazione che non produce l’eiaculazione. È un rituale autopoietico di reciprocità sentita. L’uomo e la donna sono penetrativi e ricettivi, nello stesso tempo, in questa sessualità, entrambi si orientano verso il vissuto di essere Universi-parte e, in quell’estensione dell’estasi, iniziano a riconoscere lo stato ECA e Sigmasofia. L’unione e l’inscindibilità dei corpi è fondamentale e la fusionalità li fa riconoscere come un unico essere.

Questa forma di unione deve durare almeno un’ora o più: entrambi applicano la partecipazione fusionale, da cui si osserva ogni singola pulsione prodotta. Tale pratica dà a entrambi la possibilità di esprimere luccicanza, biosluminescenze, e ognuno assume fiducia in se stesso, in quanto emette potenza elettromagnetica, potenza coscienziale.

È la necessità di eiaculare, per non determinare la detumescenza del pene, ma la riduzione dei movimenti delle prime volte sarà superata dalla pratica e dalle posture assunti. Ci si libera dal riflesso eiaculatorio che si può esercitare, quando si vuole procreare.

Tale remissione del condizionamento può anni! Non lasciatevi fuorviare dal fatto che si possa trovare sinsoddisfavente la non eiaculazione, perché con il tempo si transmuterà, fino a comprendere che la pratica delle Autopoiesi olosgrafiche sessuali è molto più che soddisfacente.

La S.d.C è una danza meditativa, attraverso cui l’androginia determina il ritmo e tale ritmo è quello ecologico innato, naturale. Ognuno dovrà danzare il proprio e altrui ritmo, riconoscendoli come processo unico.

Le posture non sono molte, ma e abbiamo individuate dopo lunga sperimentazione. Sono posture che favoriscono il prolungamento dell’unione sessuale, che si protrae anche per ore, senza cambiare postura, per non interrompere lo stato meditativo.

La postura dinamica, danzata, veloce-lenta, garantisce il riconoscimento dello stato ECA, Sigmasofia.

LE CHIAVI DELLA S.D.C.

Tenderà, coinvolgendo l’intero Io-soma-autopoiesi,
verso l’estasi, lo stato E.C.A. e Sigmasofia

Essendo un unico corpo inscindibile, l’Io-soma-autopoiesi è sempre in azione simultanea. Non c’è un elemento che funziona più di altri, perché tutto agisce simultaneamente. Tutti i messaggi passano, attraverso l’io-soma-autopoiesi complessivi. Ogni stato di coscienza, nessuno escluso, viene prodotto e trasmesso dall’Io-soma-autopoiesi.

Ci sono gli stati ostacolanti che abbiamo accumulato nella vita, attraverso l’esperienza e che sono propri di ogni Io-psyché: tali caratteristiche dell’identità, se ostacolanti il naturale fluire, devono essere osti in remissione, per vivere integralmente la S.d.C., come ogni altro stato di coscienza.

Tali ostacolatori assorbono l’Io-psyché, e riducono, se in circolo, le intensità delle azioni che pratichiamo. Lo scopo è liberare il naturale fluire Io-somato-autopoietico innato, sensibile e sovrasensibile, locale e non locale, in modo consapevole, eliminando progressivamente ogni ostacolatore. Tale flusso-pulsione consapevole, ecologica, innata, legata al movimento, al ritmo autopoietici, è uno dei principi attivi della S.d.C. Si comprenderà che tale attività non dipende dalla pratica della sessualità in sé, bensì dalla formazione vissuta dell’Io-psyché a se stesso, da svolgersi sempre. È l’orientamento, parte integrante della S.d.C. che, come conoscenza di sé, è sempre in essere. In tale naturalità spontanea, consapevole, si deve inserire un altro stato importante, fondamentale: la respirazione olistico-autopoietica, secondo i criteri della Sigmasofia.

Durante qualunque stato di spontaneità, naturale, consapevole, altrettanto consapevolmente dovrà essere agita la respirazione autopoietica estesa che, coinvolge noi stessi, non soltanto come schema Io-somato-autopoietico, localistico (il corpo umano), ma quali Universi-parte (vedi respirazione).

La pulsione autopoietica a vivere e a conoscere risulta consapevolizzata, se la viviamo, la agiamo, applicando la respirazione autopoietica: entrambe dovranno sempre essere consapevolmente partecipate-osservate e, ogniqualvolta si perda tale stato, è necessario prenderne coscienza e ripristinarlo.

Tutto questo produce una specifica danza e suono autopoietici, da ascoltare e praticare integralmente. Ci si sente come consapevolmente mossi da (…) e tale consapevolezza coinvolge l’intero parte-Universi, di cui siamo consapevoli, non solo il corpo. Già questo stato è paragonabile al superamento del piacere che, aumentando d’intensità e di consapevolezza, diviene beatitudine; quando lo si spinge fino all’Universi-parte non localistico, diviene estasi, star fuori, oltre, stati che trascendono beatitudine e piacere. La danza e musica autopoietiche, partecipate, ci fanno sentire consapevolmente mossi da (…), dal campo coscienziale olistico-autopoietico che siamo.

La parola chiave dei principi attivi indicati è presa di consapevolezza e continuità di consapevolezza su tali stati. Il punto è sentire integralmente con l’intero Io-soma-autopoiesi, fino a riconoscersi nello stato ECA e, poi, Sigmasofia.

Lo stato di coscienza arriva al corpo in cui si evidenzia, ma proviene, nasce da estensioni non localistiche. C’è, quindi, un sentire automatico, disponibile che deve essere esteso al sentire sovrasensibile e non localistico: per questo motivo, la S.d.C. è un continuo potenziamento del sentire autoconsapevole dell’Io-psyché.

Prendere coscienza di tale sentire sovrasensibile ci fa riconoscere la vita-autopoiesi, il campo coscienziale: in misura maggiore, sentiamo la vita e la riconosciamo ovunque nell’Universi, di cui siamo parte. Tale riconoscimento è simmetrico alla consapevolezza veicolata.

Tale riconoscimento vissuto è quanto, come intenzionalità, i praticanti devono immetter nella relazione; al momento di tale somministrazione reciproca, la partecipazione-osservazione, che si sta vivendo, se veramente applicata, farà riconoscere il punto d’incontro e tali consapevolezze verrà in ∑igma, in sommatoria più proprietà emergente. Si stanno cercando le basi, per potenziare lo stato di entanglement con l’altro partner, parte integrante e funzionale con noi stessi.

Una pratica preliminare, che consente di disidentificarsi dagli stati identificativi e dalle tensioni, è la danza autopoietica: i movimenti che nascono spontaneamente come quelli codificati, la danza e la musica autopoietiche sono strumenti, facoltà dell’Io, che olosdirezionano la S.d.C. e non possono mancare, dia interiormente che come danza-suoni esterni (un corpo unico). Altrimenti, quelle posture mancano di tale consapevolezza: non sarebbe S.d.C.

Praticare la danza autopoietica e raggiungerla significa entrare nei principi attivi autopoietici naturali, che muovono in noi e, quindi, entrare in uno stato che può ricadere nella S.d.C. C’è da dire che la S.d.C è, di per sé, danza olistico-autopoietica.

La capacità di abbandonarsi consapevolmente ed essere mossi da forze sovrasensibili non locali è la forza della S.d.C.

Durante la S.d.C., in ogni azione, ogni atto è integralmente sentito, assunto, caricato di consapevolezza, ossia di sommatoria più proprietà emergente dagli insegnamenti, ricavati dalla propria esperienza vissuta, dal concepimento al momento attuale, ossia dallo stato Sigmasofia, di cui si è consapevoli in quel momento.

Nell’ambito della S.d.C., deve trovare spazio e applicazione il massaggio autopoietico, che ovviamente, non è codificato, ma rappresenta un orientamento, un applicativo, da utilizzare.

Ad esempio, durante la pratica, le posture consentono di poter raggiungere spalle, anche, testa, in altre posture il tronco o le gambe, che vanno trattate con massaggio, abbinato alla pratica della respirazione autopoietica e, successivamente, alla pratica delle Autopoiesi olosgrafiche che si vogliono trasmettere durante il massaggio.

La S.d.C., quindi, ci porta nell’ontos, nel sophos e nel logos dell’Io-psyché ed è, quindi, una modalità conoscitiva. Se è tale, più si protrae anche durante l’atto specifico, più si conosce.

Non si tratta di contare i minuti o le ore, quanto di uno stato di coscienza da maturare, da raggiungere.

Per fare questo, come per tutte le Autopoiesi olosgrafiche, i tempi di pratica sono molto rallentati, lenti e questo non significa includere tale lentezza autopoietica, non rispetto ad una velocità, bensì riconoscendo il ritmo innato dell’Universi. Possono includersi momenti di velocità estrema, ma contenuti nel ritmo autopoietico innato, generante i ritmi della natura: entrate in fusionalità con essi, e capirete.

I momenti di velocità-lentezza sono inclusi nel ritmo naturale autopoietico, e sono funzionali a quel raggiungimento.

L’orientamento dei praticanti deve essere rivolto rigorosamente a se stessi, alla propria interiorità e, raggiungendo la conoscenza profonda di sé e lo stato di estensione, di collegamento con l’altro, lo si incontra in quel modo, in quello stato E.C.A.

Lì, la concezione dello spazio-tempo, normalmente intesa, va in remissione e la sessualità non è più un fatto di durata: infatti, abbiamo seguito molte coppie, in cui lei riferiva che lui non sapeva mantenere l’erezione e durava poco tempo, non sufficiente, eiaculava presto. In quest’altro modo, tali cosiddette difficoltà tendono a transmutarsi.

Entrare nel tempo autopoietico consente di vivere sensazioni nettamente più forti e intense, rispetto al consueto: sensazioni che suscitano stati di attrazione crescente.

La S.d.C. non richiede posizioni acrobatiche, in cui uno dei due assume posture che richiedono intenso sforzo muscolare, per mantenerle. Tutto deve tendere verso il rilassamento autopoietico.

La danza del ritmo, per non superare il punto di non ritorno o anche per evitare la perdita di erezione, è l’arte da conquistare con il respiro e la pratica di Autopoiesi olosgrafiche.

Ogni volta si spostano con l’intensità i limiti che ci è possibile raggiungere, fino a che diverrà automatica la non eiaculazione e la non emissione del seme.

È molto importante non praticare la S.d.C., nel luogo in cui normalmente si pratica la sessualità normalmente intesa.

Durante la pratica della S.d.C., c’è sempre lo spazio per la somministrazione della fantasia, dei desideri che si vogliono realizzare: lo scopo è abreagirli, ma dopo è necessario ricondurli allo stato ECA e Sigmasofia, che stiamo raggiungendo, potenziando.

La S.d.C. si basa sul raggiungimento della coscienza della cellula, ossia il focus fondamentale centro di energia e di funzionalità genomiche, da consapevolizzare, che è il vero chackra, il vero focus di energia sensibile che troviamo nel corpo: al suo interno, muovono principi attivi, informazioni genetiche e altro da consapevolizzare.

Per raggiungere consapevolezze sempre più estese, come detto, è necessaria la pratica della danza e della musica autopoietiche, nonché del pancrazio autopoietico, per formare l’Io-soma-autopoiesi a prestazioni sempre più intense e forgianti.

Tutte le pratiche sono abbinate alla visione nei quattro focus interiori, la stessa che utilizziamo durante la pratica della S.d.C.

Nel Pancrazio c’è una serie di Autopoiesi olosgrafiche, finalizzate al potenziamento della muscolatura della zona genitale corporea, nonché delle funzioni psichiche correlate.

In certi casi, si utilizza una particolare respirazione autopoietica estesa, ma molto veloce, su uno dei focus che si vuole attivare. Tale respirazione aumenta il ritmo, fino alla trance.

Alcune di queste respirazioni si fanno a bocca aperta, emettendo vocalizzi di potenza e intensità, anche a ritmi elevatissimi e ogni tanto si abbina la respirazione più lenta possibile, per cercare contrasto tra lento e veloce.

Avrete compreso che la pratica delle Autopoiesi olosgrafiche è uno dei principi attivi essenziali di questa sessualità. Tali Autopoiesi, che l’Io pratica con se stesso, sono praticate da ognuno dei partners. Vengono agite fino a quando, energeticamente, si trova l’unione l’uno con l’altro, per entanglement, sentendo ogni propria sensazione che si somma, simmetricamente con quella dell’altro, dando vita alla specifica proprietà emergente creata.

Questa proprietà emergente, dopo la sommatoria, è una delle essenze d’avanguardia della S.d.C: è riconosciuta come estatica, l’emergenza di consapevolezza nel sovrasensibile, non locale, significa che simmetricamente, con un idem vissuto, i due stanno consapevolizzando regioni dell’inconscio, di cui ancora non si era consapevoli.

La capacità di praticare simultaneamente le Autopoiesi olosgrafiche autopoietiche provoca che il naturale fluire degli automatismi della sessualità ordinaria si sommano con le Autopoiesi e queste ultime danno il potere di transmutare quegli stati. La passione sessuale si evolve in passione e compassione olistico-autopoietica, in stato ECA.

Il passaggio delle pulsioni dell’eros carica la pratica delle Autopoiesi e viceversa, e si arriva a forme di spinte potenti verso l’auto-trascendenza, verso vissuti simultanei, se si è nello stato di autonomia fusionale autopoietica.

La pratica della respirazione autopoietica caduceo aiuta questa unione.

LE  AUTOPOIESI OLOSGRAFICHE SESSUALI DELLA CONOSCENZA

I preliminari

Possiamo intuire come ogni atto, ogni azione sia correlato, abbinabile, propedeutico, preliminare alla S.d.C. L’orientamento è quello di porre in remissione ogni stato coscienziale che abbiamo represso in noi stessi, utilizzando il vissuto diretto e la sua risalita e transmutazione (abreazione). Questo dovrà assumere l’Io-psyché dell’essere umano, indipendentemente dal genere uomo o donna, da lui veicolato. Per questi motivi, la pratica delle autopoiesi Io-somatiche è parte integrante della S.d.C., ma anche di ogni altro stato esprimibile. Dopo la funzionalità integrale Io-somato-autopoietica, è possibile riconoscere la funzionalità tra le energie emesse dal proprio corpo e da quelle emesse dall’altro, una delle componenti fondamentali dei preliminari della S.d.C.

Ogni essere umano è, di fatto, adatto alla pratica di tali Autopoiesi olosgrafiche sessuali, se vuole assumerle.

Entriamo in un esempio di preliminare dalla S.d.C.

I due ricercatori, nudi, dopo aver posizionato un lenzuolo di seta al terreno, dei cuscini molto grandi e dopo aver messo un brano di musica autopoietica o rilassante, procedono verso la condivisione di una bevanda, acqua di sorgente e frutta fresca di stagione. L’intenzione è procedere verso un maggiore rilassamento di entrambi, utilizzando azioni naturali legate alla soddisfazione di metabisogni, con intensità.

L’uomo si posiziona al centro del lenzuolo di seta, nella posizione aequilibrium e viene partecipato-osservato attentamente dalla partner. Questa, avvicina le mani, l’una di fronte all’altra, le riunisce e le sfrega. Le mani producono, per attrito, calore; appena lo si sente, intenso, si staccano di qualche centimetro e si sentirà il passaggio di calore tra i propriocettori termici di una mano sull’altra.

Le porta sul corpo del partner e, partendo dai piedi, sale alla distanza di 3-5 cm dal corpo, alternando intense pressioni, sempre sentendo il calore. Ci sono tre assi, davanti e dietro:

  • tallone sinistro, direzione sutura coronaria;
  • perineo, direzione sutura coronaria;
  • tallone destro, direzione sutura coronaria.

Durante questo massaggio autopoietico, si applica la respirazione autopoietica e, mentalmente, entrambi fanno il saluto alle forze intuitive, lasciando defluire ogni distrazione, per concentrarsi sul respiro.

Il massaggio autopoietico su tutto il corpo, nessuna zona esclusa, dovrà essere somministrato in modo lentissimo, delicato, per consentire l’apertura dei sensi. La pratica di questo massaggio vi farà scoprire le zone maggiormente sensibili, erogene, del vostro corpo e di quello dell’altro. Per questo, è consigliabile, sempre spontaneamente, far coincidere un aumento di intensità del movimento del corpo e degli atti generati. Il partner tocca zone del corpo che ci suscitano più intensità di piacere e di beatitudine. Anche per questo motivo, la lentezza armonica e la giusta pressione devono essere riconosciute con la pratica. Processo che s’inverte, quando sarà l’uomo a partecipare-osservare la partner che assume la stessa postura ad aequilibrium.

Entrambi si posizionano, seduti l’uno di fronte all’altra, e si guardano, con intensità, al centro delle pupille, come a voler penetrarle.

Via via che la peculiare atmosfera autopoietica si evidenzia, si aumenta la carica dello sguardo con la respirazione autopoietica e l’emissione di vocalizzazioni spontanee e armonizzanti.

La donna, muovendosi lentamente, si posiziona seduta, sulle gambe a rombo dell’uomo, in modo che il pene si posizioni in erezione sul giaciglio, la vagina, senza penetrarla.

uomo donna con la vagina come giaciglio del pene

Si prosegue con lo sguardo penetrante e simultaneamente ci si concentra sulla postura assunta dal pene-vagina.

Si praticano intense respirazioni autopoietiche, in modo che, durante l’espirazione, si senta e si visualizzi di caricare la fusionalità che si sta vivendo.

Da questo momento, si sceglie una delle due autopoiesi olosgrafiche sessuali, qui presentate:

I focus fusionali autopoietici

È finalizzata a compenetrare e, simultaneamente, a ricevere quella parte di noi stessi che è l’altro/a. l’allineamento, coincidenza, fusionalità dei focus fa nascere intimità fusionale autopoietica che dovrà essere visualizzata dall’interno.

  1. La donna è seduta sulle cosce dell’uomo, non facendosi penetrare vaginalmente; il pene è naturalmente appoggiato sul giaciglio che è diventata, per lui, la vagina della partner.
  2. Le braccia di lei si posizionano sulle spalle di lei, come se fungessero da appigli, entrambi, appigliandosi, si lasciano cadere all’indietro, sostenendosi, l’uno attraverso le spalle dell’altro.
  3. Si praticano almeno 27 respirazioni autopoietiche, guardandosi e penetrandosi continuamente, al centro delle pupille, manifestando l’intenzionalità a voler entrare l’uno all’interno dell’altro.
  4. Dopo le respirazioni, aiutandosi con le mani, si avvicinano ancora di più consapevolmente, i due focus perineali e addominali e si fanno nove respirazioni autopoietiche, portando la visualizzazione interiore su quel focus d’unione.
  5. Dopo, si avvicinano i corpi fino a che consapevolmente si uniscono ed entrano in fusionalità i focus del plesso-cuore. Si fanno nove respirazioni autopoietiche, portando la visualizzazione interiore su quel focus d’unione.
  6. Dopo, si avvicinano i corpi fino a che consapevolmente si uniscono le due fronti ed entrano in fusionalità i focus della fronte-ghiandola pineale; le braccia di entrambi si posizionano obliquamente, lungo la schiena del partner, con i palmi interamente aperti e poggiati sulla schiena dell’altro, si fanno nove respirazioni autopoietiche, portando la visualizzazione su quel focus d’unione.
  7. Si resta, per almeno sessanta secondi, nella visualizzazione fronte contro fronte, avendo l’attenzione su tutti i focus da dentro.
  8. Le fronti si separano, ma mantengono il contato energetico fusionale. Con il bacino, la donna inizia a disegnare lo scudo ed entrambi lo visualizzano, dal focus del perineo. Stimolando ancor più il clitoride e il pene, ciò creerà la condizione di penetrazione facile; lui l’aiuta, quindi, ad alzarsi, in modo che la vagina possa essere penetrata dal pene in erezione.
  9. Dopo qualche attimo di visualizzazione, la donna inizia un movimento spiraliforme con il bacino verso destra, allo stesso modo, si muove l’uomo. I movimenti a spirale sono lenti e progressivi e li visualizzano dai tre focus più uno; ad ogni giro, la spira è più ampia e profonda ed è seguita dalla visualizzazione e dalle immagini che si formano. Si praticano 27 spire, progressivamente più grandi. La penetrazione in conseguenza della spirale diviene profonda, così come lo diviene la visualizzazione. Se ci si lascia andare alla progressione lenta e intensa, il piacere può transmutarsi in sensazioni di beatitudine, a cui ci si lascia andare dopo la ventisettesima rotazione a spirale, fino all’attivazione di insights di beatitudine. Non cercarli: accadono per automatismo autopoietico.
  10. Dopo la fase dell’insights di beatitudine, si toccano le mani-braccia incrociate, lui apre le gambe incrociate e le allunga e lei si poggia con le mani sul collo della pianta dei piedi di li; allo stesso modo, fa lui con il collo della pianta dei piedi di lei che anche lei ha, nel frattempo, disteso.
  11. Entrambi, lentissimi, sollevano la testa-volto verso l’alto, fino alla massima estensione; ruotano il volto verso destra, sempre lentissimi, e portano le pupille, completamente a destra come se da dentro dovessero visualizzare il focus sulla nuca. Lì, raggiunta la postura, ci lasciamo andare alla visualizzazione. Durante quest’ultima, si procede come segue: poggiandosi sulle mani e sul collo dei piedi, muovere in orizzontale i corpi sincronizzati mentre si prosegue la visualizzazione.
  12. Poi, dopo essere tornati con la testa, ci si afferra per i polsi l’uno con l’altro; ci si mette in tensione, si sollevano entrambi i corpi con un colpo di addome e di fianchi e ci si lascia cadere di peso, di nuovo, al terreno, creando un sussulto a pene vagina. Dopo i tre sussulti riattivatori, si assume la postura dell’altalena: l’uno lascia cadere al terreno l’altro e con la schiena, con movimenti lenti e sempre visualizzando, si mantiene la posizione, a più di novanta gradi, per qualche secondo, alternando.
  13. L’uomo si distende al terreno, nella posizione a lambda, con le mani a preghiera oltre la testa e le gambe allargate; la donna resta nella postura di penetrazione, poggiando le mani sul petto. Lui è completamente abbandonato al terreno, lei determina le azioni, e inizia i movimenti dell’autopoiesi olosgrafica viene effettuata, disegnando cerchi concentrici, sempre più grandi, la vagina inducendo espansione che si visualizza interiormente, l’uomo segue da dentro e trasmette mentalmente le posture del lambda, della psi, della ypsilon e del ∑igma potenziando così l’azione e la visualizzazione di lei per osmosi.
  14. Una variante possibile è quella dell’inversione, con l’uomo sopra, nel corrispettivo della posizione, appena assunta dalla donna. È più difficile, da realizzare, ma le sequenze sono le stesse.
AEQUILIBRIUM
  • Dalla postura preliminare, si passa a quella del cavallo capovolto che è una postura Io-somato-autopoietica che consente una molteplicità di azioni di S.d.C. Si assume di passare, dallo stato di rilassamento autopoietico nella postura allo stato di movimento, di ritmo, anche veloce, aumentando il flusso dell’aggredior. L’uomo è disteso supino. La donna assume la postura del cavalcare, rivolgendo la schiena al partner. Le ginocchia dell’uomo sono sollevate.
  • La donna mette le mani sulle ginocchia dell’uomo e si trova naturalmente seduta sulla pancia dell’uomo; cavalca la posizione, consentendo la penetrazione al massimo grado possibile.
  • La donna assume il movimento di ondulazione rotazione, in avanti e indietro, andando cioè verso le ginocchia e tornando indietro con movimenti rotatori, sempre più ampli e visualizzati internamente. Ogni tanto, accarezza i testicoli.
  • L’uomo accarezza lentamente la schiena, i fianchi e i glutei.

La donna si stende all’indietro, poggiando i gomiti ai lati della testa.

  • L’uomo inizia il massaggio autopoietico ai seni, a forma di infinito e all’addome, a forma di spirale con spire sempre più ampie.
  • La donna s’inclina in avanti e posiziona le mani ai lati dei piedi dell’uomo, mostrando così i glutei aperti all’uomo.
  • La donna torna in verticale, assume con le braccia la postura aequilibrium e poggia le mani sull’aria, ruota il volto verso sinistra, l’uomo allarga le braccia-mani ad aequilibrium e inizia a ruotare in avanti il bacino, con cerchi sempre più ampli; simultaneamente, entrambi iniziano a cavalcare, progressivamente sempre più veloci e, mentalmente, praticano l’autopoiesi olosgrafica aequilibrium.
  • Al termine, la donna ruota e si pone di fronte al partner, mantenendo la penetrazione, si rannicchia in avanti nell’immobilità e i due assumono la postura a Y: le mani-braccia sono sollevate obliquamente, le gambe vengono distese e unite. Le dita a tre. La fusionalità del pene con la vagina è maggiormente intensa ed è percepita visualizzandosi nella postura a Y, percezione accentuata dal fatto che lei unirà il proprio orecchio sinistro a quello dell’altro, appoggiando reciprocamente il mento sulla spalla dell’altro.
  • Si visualizza, per un minuto e si praticano nove respirazioni autopoietiche. Poi, lentissima, la donna poggia la testa sulla fronte dell’uomo e si concentra su quel punto d’unione e, lentissimi, si stacca, sentendo l’infrarosso, l’energia che, dalla fronte dell’uno, entra nella fronte dell’altro; gli occhi si guardano reciprocamente con intensità.
  • Abbiamo assunto la postura a Psi. Si procede, con la respirazione autopoietica, per altre nove volte, guardando e penetrando in profondità, dentro gli occhi del partner. A ogni espirazione, lo sguardo diviene più profondo.
  • Dopo questo, si procede assumendo la postura a Lambda λ.
  • Le mani-braccia, con le dita a tre, si uniscono, le gambe si allargano, mantenendo la penetrazione, le teste si poggiano nell’unione delle orecchie destre, su cui ci si concentra e si visualizza, il mento è poggiato sulla spalla del partner. Si eseguono altre nove respirazioni autopoietiche e si visualizza sul primo focus, per un minuto.
  • La donna si alza e si pone con il tronco in verticale, l’uomo resta disteso; la donna verticale porta le mani verso l’alto, nella postura spingi il cielo. L’uomo si rilassa e continua a respirare autopoieticamente e, simultaneamente e mentalmente, pratica l’autopoiesi olosgrafica della Tau.
  • La donna, dopo aver piegato le gambe, procede mentalmente con la pratica della stessa tecnica e, simultaneamente, leggerissima, attua con la vagina delle circonferenze sempre più ampie, ma lentissime, poggiandosi sulle ginocchia. Alla fine delle rotazioni, che devono essere almeno 27 e sempre più ampie e della pratica mentale della Tau, entrambi procedono con la pratica fisica della stessa tecnica, fino ad assumere la postura della Tau e a che le mani destre si incontrano e si prendono.

La Sessualità dello Scudo

Io sono coscienza olistica e azione
e azione nella coscienza olistica.

La S.d.C. dello scudo è una tecno-ontos-sophos-logia che, nello stato di coscienza di sogno lucido e di veglia sognante, ho elaborato più volte. Si tratta di una possibilità di conoscenza che non ho e non abbiamo mai praticato direttamente ma, ripeto, è stata vissuta durante sogni lucidi.

I ricercatori, che lo riterranno opportuno, potranno viverla direttamente. Per non essere frainteso, affermo che presso l’International Sigmasophy University e nell’Associazione Sigmasofia, la S.d.C. dello scudo non viene proposta e non è prevista nei suoi programmi didattici, nemmeno in privato. Quello che viene presentato è un sogno lucido, vivido, che si è ripetuto e che mira a suscitare spunti di riflessione che ognuno interpreterà, vivrà come la propria consapevolezza saprà fare.

Tale tecno-ontos-sophos-logia, così come si è mostrata durante il sogno lucido, è un’esperienza penetrata olistico-autopoietica e non è paragonabile a nessun’altra modalità, inerente la Tradizione (anche se presenta alcune somiglianze con il Maithuna a sedici, di tradizione tantrica).

Il sogno di quest’esperienza di S.d.C., realizzata da nove coppie, utilizza come riferimento uno scudo circolare su cui si evidenziano otto direzioni (olosdirezionalità).

Tale tecno-ontos-sophos-logia è sentita dai partecipanti come strumento formidabile di conoscenza.

Vediamo nel dettaglio il sogno lucido.

In un luogo naturale, sulla riva di un lago, otto androgini-uomo e otto androgini-donna, più altri due vestiti in modo diverso e quindi distinguibili dagli altri, si incontrano. Le nove coppie sono formate da androgini che sembrano conoscersi da molto tempo e mostrano sicurezza ontologica.

I praticanti si posizionano lungo la circonferenza dello scudo (nel sogno si trasformano in fiamma viva continuamente indicendo sensazioni di forte e intensa energia).

circonferenza divisa in otto settori
fiamme vive posizionate sulla circonferenza e al centro

In piedi, con le mani a tre, le braccia abbandonate naturalmente lugno il corpo, praticano il saluto alle forze intuitive.

Poi, si siedono a gambe incrociate, mani a tre, naturalmente sulle ginocchia; praticano l’Autopoiesi olosgrafica dell’Oltre.

Gli androgini-donna si girano lentamente e si rivolgono verso gli androgini-uomo; i corpi si avvicinano, fino a raggiungere la postura preparativa della doppia clessidra. Le androgini-donne sono sedute a cinquanta centimetri davanti all’androgino-uomo, con le gambe sovrapposte; poi, gli androgini-uomo si avvicinano e poggiano il pene sulla vagina, in modo verticale, come se la vagina fosse un giaciglio, ma senza penetrarla.

postura con vagina giaciglio senza penetrazione

La respirazione è profonda.

Le androgini-donna iniziano a rievocare gli stati di consapevolezza, vissuti sulla propria componente maschile, che hanno saputo sperimentare nella vita.

Gli androgini-uomo iniziano a rievocare gli stati di consapevolezza, vissuti sulla propria componente femminile, che hanno saputo sperimentare durante la vita.

Tale evocazione viene re-immessa consapevolmente in circolo; ognuno, quindi, vive la propria androginia fino a quel momento vissuta e riconosciuta. Tale condizione è quella fecondatrice del figlio che significa apertura totale, integrale, all’atto di meditazione che sta per realizzarsi: la ricongiunzione della propria androginia con quella dell’altro e con  quella di tutti i formanti lo scudo. Entrambi poggiano le mani sulle spalle del partner, lentissimi, sollevano la testa e iniziano a contemplare il cielo, l’ambiente naturale, di cui si sentono parte integrante.

Da qui, iniziano a guardarsi negli occhi intensamente, ognuno irradia e penetra il centro delle pupille dell’altro, con la chiara intenzionalità di entrare e, simultaneamente, entrambi  si predispongono, con tutte le forze, ad aprirsi e a lasciar entrare quello sguardo. Tale accoglienza è accompagnata dalla respirazione autopoietica: inspirano e si concentrano sul lasciarsi penetrare, sul lasciar entrare.

Durante l’apnea, visualizzano il primo focus; durante l’espirazione, si concentrano sull’irradiazione-percezione che lo penetra. Poi, di nuovo progressivamente sempre più espansi, ripetono tale atto nove volte.

Tutti i partecipanti evidenziano un’elevata formazione a se stessi e tutto viene da loro agito, affinché l’atto non venga collassato a semplice sessualità, fatto che precluderebbe loro la conoscenza.

La notte scelta per quella pratica è quella del solstizio d’estate.

La loro intenzionalità è quella di includere lo stato coscienziale punto morte. Mostrano di avere come prima finalità, quella di creare l’amalgama, fusionalità coscienziale tra i partners, da cui si evidenzia la proprietà emergente del tentativo di riconoscere quell’unica atmosfera, quell’unico campo creato e che quella situazione, il fuoco, la morfologia, l’intenzionalità consente loro di riconoscere la peculiare realizzazione dello stato E.C.A. che i neuroni attivati a specchio autonomamente facilitano.

Tale pratica seve a disidentificare l’Io-psyché di ognuno da se stesso e dai propri bisogni-desideri. Concentrandosi in quel campo e permanendoci, si crea la condizione per essere guidati da una sommatoria (∑igma di Io-psyché coerente), i cui componenti svolgono la stessa azione, creando la peculiarissima coerenza fusionale-funzionale Io-somato-autopoietica. È tale Io-psyché unico, più ampio, che consente al loro Io-psyché localistico, di aprirsi, di estendersi, di espandersi.

Per realizzare questa condizione, le androgini-donna e gli androgini-uomo si stringono, fino a mettere in contatto fusionale l’addome, il plesso. La fronte; le braccia erano incrociate a X, dietro la schiena del partner.

Ognuno, progressivamente, al suono del bios, porta l’attenzione all’addome, applicando la respirazione autopoietici. Entrano in fusionalità, attraverso l’addome, inspirano e contraggono l’addome, in apnea e visualizzano sul terzo focus, espirano e portano a contatto, nello stato di fusionalità, spingendo, i due addomi, in apnea, e visualizzano.

Ripetono per nove volte.

Poi, ripetono nove volte, sul plesso.

Ripetono nove volte, sulla fronte.

Poi, ripetono sulla sutura coronaria, nove volte.

Sentono la radiazione, emessa sulla sutura e, concentrandosi su di essa, con un movimento lento della mano destra, dita a tre, gli androgini-uomo e gli androgini-donne facilitano la penetrazione del pene nella vagina e della vagina nel pene; riportano la mano destra incrociata.

Eseguono nove respirazioni autopoietiche, portando l’attenzione sul pene-vagina.

Uniscono tutti i focus, in una sensazione simultanea.

Praticano altre nove respirazioni autopoietiche, visualizzando il cerchio e le coppie che lo formano, simultaneamente e sentono  di stare funzionando, simultaneamente.

Finite le nove respirazioni autopoietiche, si concentrano sulla coppia di ricercatori vestiti diversamente, assumente la postura a Y e posizionata al centro dello scudo. Si lasciano andare ad un movimento flessibile, come quelle delle canne al vento, atto che viene imitato dalle altre otto coppie. La coscienza, collegata attraverso il respiro alla coniuctio, la visione simultanea e il calore, il movimento flessibile al vento, lo spazio aperto, l’intensità dell’unione creano la particolare e potente atmosfera olistico-autopoietica che stanno cercando.

Tutti portano la propria capacità di concentrazione e respirazione rilassata, sull’atmosfera e sul movimento centrale.

Ogniqualvolta perdono la concentrazione, la riportano, lentamente, su quanto indicato.

Tutto ciò è funzionale, per creare un diverso centro di attenzione, di concentrazione condiviso.

La condizione vissuta, pone in remissione il semplice legame amoroso. In quello stato, vivono che l’unicità, riconosciuta nella coppia, in quella condizione, viene riconosciuta all’Universi, di cui si sentono parte integrante e inscindibile, processo dovuto al vissuto della coscienza olistica.

Questa meditazione dinamica, di gruppo evidenzia che cosa sia l’individualità dell’Universi-parte, se stessi. Attraverso l’androginia individualizzata, si riconosce all’opera, come incluso, il principio attivo di auto-trascendenza. Lì, si vive che non è il caso di formare le cosiddette coppie, in quanto tutti sono pare integrante dell’unico corpo, l’Universi e che ciò che esprimono è un a facoltà, un a funzionalità innata che da esso si evidenzia: il principio attivo olistico-autopoietico dell’eros che, insieme agli altri principi attivi, ingloba tutto quello che esiste.

In un certo senso, quando le coppie, talvolta, affermano frasi del tipo l’unica donna e l’unico uomo della mia vita, dicono il vero, in quanto l’Universi è realmente unico. Per questo, riconoscono che non può più esserci il caso, ma specifiche leggi di determinismo olistico-autopoietico dell’Universi. Per questo, ognuno può riconoscere l’unicità di essere espressione dell’Universi transfinito.

Sentono che ogni essere umano è evidenza di tale scaturigine, e che veicola lo stato di entanglement coscienziale.

La S.d.C. dello scudo produce consapevolezza sovrasensibile, riconoscibile come autocoscienza in azione: si è in grado di vivere il principio attivo di creazione continua dell’Universi, l’autopoiesi, sempre in azione, ovunque.

Tale autopoiesi è sempre personale, in quanto è dell’Universi, se stessi: per questo, la ritrovano in azione, in ogni essere umano. Quando la investono sul partner, la riconoscono come proiezione che non permette di riconoscerne l’appartenenza a se stessi e a quella parte di sé, che è l’altro.

Il campo comune è che microstrutturalmente e coscienzialmente siamo un campo unico inscindibile, per questo la reintegrazione è con ogni parte-Universi.

Durante il sogni, la S.d.C a scudo consente loro di vivere il potenziamento della reintegrazione dell’entanglement, il che si evidenzia ancor più con le persone che, in precedenza, hanno interagito tra loro. Tutti si sentono partecipi dell’intenzionalità a conoscere e quell’esperienza viene riconosciuta come straordinariamente più intensa di quella del rapporto di coppia. La pratica collettiva a diciotto consente di facilitare il raggiungimento di che cosa sia un unico corpo, il campo coscienziale e tale sinergia è intensamente sentita. Si verifica che l’identificazione-fissazione soltanto sul proprio Io-psyché si destruttura e l’affermazione di sé si amplia, alla percezione di sé, come sommatoria di parti-Universi: ciò fa emergere stati latenti di coscienza, di cui non si è consapevoli. Ci si reintegra nel campo coscienziale olistico-autopoietico. Il piacere sinergicamente compartecipato, collettivamente mette in sommatoria il piacere individuale: per questo motivo, se tutto è ben realizzato, gli Io-psyché riferiscono più stati di beatitudine, di estasi, che non di solo piacere.

Lo scudo circolare consente funzionalità di passaggio d’intensità istintivo-emozionale ed energetici che non hanno inizio e fine, sono continue. Le emissioni di calore dei corpi formano un cilindro-conico: la coppia al centro funge da trade d’union del campo. È, come se il campo di calore (e di altre energie), emesso dalle coppie, possa confluire nell’intensità di emissione della coppia centrale. Ed è appunto il momento, in cui le nove coppie partecipanti praticano, con i corpi, movimenti, liberi, spontanei, di danza autopoietica che potenziano tali intensità. Tutti possono vedere gli altri nello stato di unione e, quindi, tutti possono meditare sul significato dell’unirsi, su che cosa significhi quell’androginia esterna, ricostruita! Tutti provengono da quel processo, per poter farlo. Dopo la danza, i corpi si distendono nella figura del doppio triangolo.

Corpi di uomo e donna distesi nella posizione a triangolo

Iniziano a meditare sul punto d’unione e a distribuire la sensazione sull’intero corpo.

Per tali operazioni, è richiesta autodisciplina integrale e la capacità di agire all’unisono, senza lasciarsi andare a deliqui e a brama. Durante quell’unione, il linguaggio autopoietico innato è sempre in azione, irrorando le naturali sensazioni e i movimenti che, spontaneamente, accadono nei corpi uniti. Ovviamente, gli androgini-uomo non possono eiaculare e questo viene vissuto come di fondamentale importanza.

La S.d.C. è fonte continua di autorigenerazione e, fonte di potenziamento della longevità. Per poter ottenerla, è necessario governare la facoltà della non eiaculazione ed il naturale ed autopoietico stile di vita, per potenziare continuamente i principi attivi olistico-autopoietici naturali. Soltanto queste due azioni influiscono sulla longevità. Un ruolo importante dello scudo, è giocato dalla formazione viscerale, integrale, vissuta che, dopo almeno sette anni di pratica consecutiva, trova la sintesi nel mantra

Io sono coscienza olistica e azione
e
azione nella coscienza olistica.

Il mantra, ovviamente, è soltanto l’innesco della rievocazione dell’avanguardia di consapevolezza, vissuta in uno stesso attimo della formazione praticata. Quindi, non ha valore in sé la frase che, da sola, non significa nulla, quanto il corpus di esperienze sintetizzate, in un unico atto di consapevolezza, da rievocare e attualizzare.

Nel momento, in cui inizia la coniuctio, le ricercatrici in cerchio si sdraiano supine, con la testa verso l’esterno; le gambe sono piegate e larghe, le piante dei piedi poggiate al terreno. L’androgino uomo è posizionato con la testa verso il centro dello scudo, infila la gamba destra sotto il triangolo, formato dalla gamba sinistra della partner e la sinistra, sopra la gamba desta della partner (che la distende), assumendo la postura a doppia clessidra.

Le androgino-donne si avvicinano, fino a incontrare con la propria vagina il pene e ciò, alimentato da delicati movimenti delle mani verso l’altro sul pene, per aumentare il principio attivo in circolo.

La perfetta sincronizzazione dei movimenti indica l’assunzione dello stato meditativo attraverso la sessualità. Ed è questa, simultaneamente controllata con il respiro e maturata da tutti, che dà accesso alla coscienza più estesa, olistica, che tutti riconoscono.

Lo scopo è sentirsi un unico corpo, con un potenziale espresso che è la sommatoria di tutte le intensità dei diciotto. Si tratta dello stato meditativo esteso, utilizzato, per potenziare l’Io-psyché dei singoli in coppia e in gruppo. La S.d.C. dello scudo è autodisciplinata, molto di più di quanto lo sia un rapporto a due, riservato, esclusivo, di una coppia che di solito produce eros, piacere e non stati meditativi, finalizzati alla conoscenza.

Il sogno mi indicava che stavo vivendo. Era una delle modalità maggiormente complesse di meditazione dinamica: nel sogno, mi ci erano voluti molti anni di pratica indiretta per realizzarla, dove per pratica indiretta si intendeva, inequivocabilmente, autodisciplina formativa, realizzata, senza la pratica diretta della sessualità, normalmente intesa, sia della S.d.C. Questo, non per particolari divieti o esitazioni, semplicemente perché un Io-psyché, già formato a vivere stati estesi di coscienza, veniva riconosciuto come chi può veicolarli, con efficacia, nelle proprie esperienze di vita e, quindi, anche nella sessualità. Si legittimava, così, l’assunzione, la proposizione della conoscenza. Tanti anni di preparazione, al di fuori di essa, servivano per potenziare l’Io-psyché, fino al punto che poteva essere sicuro di contenere, autodisciplinare e olosdirezionare pulsioni potenti e assorbenti, come quella dell’eros.

Non si lasciavano influenzare dal fatto che si praticava in diciotto, di fatto, per loro non era un’orgia e non era indisciplinata, serviva per disidentificarsi dall’identità localistica autoreferenziale, e assumeva identità di gruppo in un atto simultaneo, al di fuori della cultura personale: stato molto vicino all’ecologia primordiale, di cui siamo evidenza.

Con la S.d.C. dello scudo, si entrava in forme di comunicazione evolute, che si transmutavano in auto-comunicazione di quell’unico corpo e in relazione intuitiva sincronica e in stato E.C.A. La S.d.C. dello scudo non era concepibile, senza la conoscenza delle Autopoiesi olosgrafiche che, sole, potevano integrare la conoscenza alla sessualità. Le Autopoiesi olosgrafiche permettevano di raggiungere la visione olistico-autopoietica e lo stato E.C.A., che davano significato alla sessualità.

Le Autopoiesi olosgrafiche facevano prendere coscienza degli ingredienti fondamentali della vita, della coscienza. Il congiungersi, come il mangiare, venivano vissuti come due metabisogni fondamentali, che, se non soddisfatti, il corpo avrebbe potuto produrre lo stato punto morte.

La pratica della S.d.C. dello scudo tendeva a porre in remissione lo stato di routine, di coazione a ripetere, di stereotipia, in cui spesso l’essere umano cade. La sola intenzionalità a entrare nell’atmosfera della S.d.C., finalizzata alla conoscenza, all’insight intuitivo e sincronico è un antidoto che aveva immediata ricaduta nell’azione quotidiana.

Tale atmosfera vissuta aumentava l’intensità e l’intenzionalità dell’Io-psyché, tanto da caricare le azioni, le relazioni, anche nei momenti di stasi, appunto perché, come memoria, si hanno vissuti di S.d.C. che sono più potenti di stati legati a qualunque problematica quotidiana. C’è da dire che la S.d.C. dello scudo è legata all’orientamento verso la

conoscenza olistico-autopoietica

dell’Universi-parte transfinito,

se stessi.

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