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CAPITOLO PRIMO

I PRINCIPI ATTIVI OLISTICO-AUTOPOIETICI DELLA SESSUALITÀ



I principi attivi olistico-autopoietici dell’eros

Può accadere che il ricercatore via bagliori brevissimi di
beatitudine, d’instasi ossia di momentanea presa di
consapevolezza dell’Io-psyché della propria essenza olistico-autopoietica

Ogni essere umano presenta un complesso di caratteristiche funzionali, attraverso le quali può essere individuato come uomo o come donna, con particolare ed evidente riferimento agli organi della riproduzione. Quando questi si uniscono, vengono messi a contatto, in relazione, diamo il via al congiungersi, al rapporto sessuale, alla trasmissione di principi attivi olistico-autopoietici.

L’atto del congiungersi può essere praticato, vivendo specifici e determinati stati coscienziali, come un sentimento istintivo-emozionale affettivo, per cui si prova empatonia forte, in quel momento esclusiva, per l’essere con il quale ci si sta congiungendo e che si manifesta attraverso specifiche sensazioni Io-somato-autopoietiche che, come vedremo, spingono verso la conoscenza, attraverso l’unione.

Il congiungersi include e si evidenzia dal campo istintivo-emozionale 8è un prodotto dell’archetipo c.a.) e spinge naturalmente alla riproduzione: una specifica funzionalità olistico-autopoietica. Spesso, è oggetto anche d’investimenti interpretati e vissuti come negativi. Il significato-significante che l’immaginario popolare investe sulla sessualità p fortissimo.

L’attività del congiungersi è molto complessa, poiché investe tutto il piano Io-somato-autopoietico, con forti implicazioni genetiche, endocrine e nervose alle quali, come accennato, si aggiungono componenti psicologiche acquisite e modelli culturali che influenzano ogni Io-psyché, in specifici modi.

Dal punto di vista genetico, l’automatismo olistico-autopoietico, in questa fase storica, fa sì che la sessualità uomo-donna si determina al momento della fecondazione, quando ciascuna delle due cellule sessuali (i gameti) si fonde con l’altra, dando origine alla cellula (lo zigote), da cui si svilupperà il nuovo essere umano.

Infatti, i gameti femminili contengono un cromosoma denominato X, i gameti maschili contengono per metà il cromosoma X e per l’altra metà il cromosoma Y.

Se, durante la fecondazione, alla cellula con il cromosoma X si unisce lo spermatozoo con il cromosoma Y si ottiene XY, ossia il maschio; all’opposto, se si uniscono i due cromosomi XX si ottiene la femmina.

Tutti questi inneschi sono prodotti dai principi attivi olistico-autopoietici, operanti nell’inconscio. Dopo la sesta settimana, si partecipa-osserva che iniziano processi di differenziazione, sempre determinati dai principi attivi innati, operanti nell’inconscio olistico-autopoietico. Nel caso del maschio, il testosterone inibisce lo sviluppo di strutture femminili; nel caso della femmina, l’ipotalamo, agendo sull’ipofisi, stimola le gonadi, determinando modificazioni interne, responsabili del ciclo mestruale.

A livello innato, è possibile vivere funzionalità che non hanno nulla a che vedere con la procreazione sessuata, evento agito dall’essere umano, soltanto da pochi milioni di anni: a livello di funzionalità innata, del campo M.A.C., esistono processi che hanno saputo edificare quella stessa riproduzione sessuata, ed è proprio a questi livelli di autoconsapevolezza iniziano a viversi i principi attivi olistico-autopoietici che creano l’eros, la sessualità, la facoltà di poter congiungersi.

I meccanismi dell’erezione-eiaculazione e dell’orgasmo femminile sono regolati dal sistema simpatico e parasimpatico che fanno vasodilatare le arterie e contrarre le vene, determinando l’erezione del pene e della clitoride: questo dipende dall’azione di specifici principi attivi autopoietici dell’eros. Alla partecipazione-osservazione simultanea, risulta essere un processo inerente i principi attivi sovrasensibili che il cervello non produce, ma che utilizza per quel determinato scopo.

In generale, l’eccitazione è uno stato prodotto dall’Io-psyché, in cui entra in circolo una maggiore intensità di aggredior, che ha il potere di suscitare, provocare, stimolare uno dei metabisogni, fino al punto di portarlo ad uno stato di forte tensione.

L’aggredior, il campo c.a., viene fornito al corpo e a zone particolari, specificamente funzionalità e inerenti il metabisogno. Dal latino excitare, composto da ex, che significa fuori, e citare, da ciere, che significa muovere, scuotere, spingere, smuovere, applicato alla sessualità, la fase culminante dello spingere, del muovere, dello scuotere fuori è l’orgasmo, in cui l’Io-psyché porta all’avanguardia e spinge fuori, realizza, irradia il metabisogno olistico-autopoietico congiungersi che, in molti casi, è stato ridotto a desiderio ed è questo ad essere soddisfatto, spinto fuori. In quel momento, l’aggredior è così forte che l’io-psyché, formato sostanzialmente da aggredior, non può far altro che essere identificato totalmente in quello stato, a cui si abbina una sensazione registrata come piacere. Entriamo nel merito.

Ciò che denominiamo piacere si presta a diverse descrizioni. In generale, emerge e nasce, quando l’Io-psyché del ricercatore vive esperienze che registra come in sintonia, in simmetria con i propri sensi e le sente come gradite, soddisfacenti. È la sensazione derivante dalla soddisfazione di un metabisogno. Tale soddisfazione, godimento, coinvolge tutti i piani. Ed ancora. È lo stato dell’Io-psyché quando si disidentifica dalle espressioni acquisite, dalle memorie e sente in circolo il fluire delle forme istintivo-emozionali, al di là del significato-significante specifico che attribuiamo loro, o pre-istinto-emozione, quando l’Io-psyché si unisce consapevolmente con i propri ingredienti olistico-autopoietici e si lascia muovere da essi. Tale forma accentuata si avvicina all’estasi.

Uno degli ingredienti dell’estasi è il piacere e la beatitudine intensificati.

Ovviamente, il piacere è associato al dispiacere: è un processo enantiodromico, che troviamo nell’Io-psyché. Questo, identificato in uno specifico stato coscienziale, vissuto e registrato come spiacevole, doloroso, una volta risalito e trasformato, lascia emergere il suo opposto, tanto che il piacere e il dispiacere, la gioia e il dolore (…) costituiscono un movimento continuo dell’Io-psyché.

La beatitudine, l’instasi, l’estasi, di cui tratteremo più avanti, sono sempre, di fatto, un’espansione dell’Io-psyché; allo stesso modo, il dolore è una costrizione identificativa su temi dell’acquisito. Identificandosi nella contrazione, accade che l’autopoietico divenga inconscio e che, quando si entra nel sovrasensibile, diviene inconscio lo stato identificativo. In ciò, si può capire uno dei movimenti dell’Io-psyché.

Spiego.

Nel sensibile accede che, quando l’Io-psyché si apre al piano (incompleto) del piacere, dell’orgasmo, l’elemento di dolore resta inconscio. Quando l’Io-psyché si chiude al piacere e all’orgasmo, la contrazione determina dolore, ma entrambi esprimono il vincolo identificativo nel sensibile, quindi, in queste dinamiche enantiodromiche: con un dolore da contrazione, si prepara sempre il terreno al piacere da espansione, e viceversa. L’enantiodromia si perpetua fino a che quell’Io-psyché diviene consapevole che, pur preferendo il piacere, questo, come il dolore, è un’identificazione che, in quanto tale, collassa riduce, non rende possi bile l’espansione nell’autopoiesi, a cui la beatitudine, l’instasi, l’estasi (forme di disidentificazione dal piacere) tendono. È necessario, quindi, che si ravveda la necessità di un intervento radicale di conversione del proprio Io-psyché, realizzabile anche attraverso la sessualità. Il piacere è uno stato coscienziale che, ovviamente, non regola nella della vita Io-somatica: è una semplice espressione che emerge da specifici vissuti. Il piacere o il dispiacere non sono da cercare o da evitare. Il piacere è la proprietà, emergente dalla soddisfazione della pulsione dell’aggredior, dell’archetipo c.a. e coincide con la riduzione dei picchi dell’aggredior, che possono divenire aggressività (finalizzata ad eliminare l’ostacolatore alla soddisfazione della pulsione). L’aumento dell’aggredior, applicato alla non soddisfazione della pulsione primaria, è il dispiacere, è il dolore che può sfociare in forme esterne. Se tale pulsione viene soddisfatta in uscita, vivendo il nutrimento, questo si traduce in un rilassamento della pulsione olistico-autopoietica e la variazione-contrasto, registrata dal corpo, è appunto il piacere, tanto che, nel caso della pulsione olistico-autopoietica legata alla sessualità, fa nascere la peculiare forma di piacere denominata orgasmo.

Il termine orgasmo deriva dal greco

orgasmos,

che significa:

essere in preda, pieno d’umore, fecondo, desiderare ardentemente, da orgè: indole, carattere, collera, passione, agitazione.

Per la Sigmasofia è:

l’essere in preda all’aggredior
(al meta-bisogno, bisogno-desiderio).

Di solito, l’orgasmo è inteso come la punta più alta, più intensa dell’eccitamento sessuale, che si manifesta con una scarica dell’eccitazione, accompagnata da piacere intenso. Nella donna, determina stimoli a livello clitorideo, indispensabili a provocarlo e, nel sensibile, di solito si manifesta con una scarica muscolare interna alla vagina, mentre, nell’uomo, con degli spasmi clonici dei muscoli, situati alla radice del pene e del perineo.

Quanto appena descritto è stato estrapolato dai racconti di alcuni ricercatori: approfondendo, scopriremo come la visione della Sigmasofia sul tema sia d’orientamento differente.

È stata individuata una zona, riconosciuta come il centro spinale dell’orgasmo, che riceve stimoli anche dal livello neocorticale: l’orgasmo sembra, quindi, essere il risultato di una combinazione di meccanismi corticali e spinali. Ma, ovviamente non è soltanto così: l’altro elemento è inerente ai principi attivi olistico-autopoietici dell’eros che, entrando in circolo, come spinta dell’aggredior a unirsi, determinano le funzionalità indicate. Più è forte l’afflusso e la consapevolezza di questi principi attivi archetipici, più l’impatto, la pressione sul corpo (l’eccitazione) e lo stimolo dei centri nervosi è intenso.

Intanto, iniziamo con il partecipare-osservare che, se non riesce a vivere direttamente, empatonicamente, tutte le fasi della sessualità, l’Io-psyché non potrà mai vivere uno stato Io-somato-autopoietico, tendente a essere completo, pieno. Vivere significa conoscere ogni singola fase, anche attraverso la visione olistico-autopoietica dell’atto, con particolare riferimento ai principi attivi dell’eros, ossia, ciò da cui nasce la possibilità di poter praticare il metabisogno autopoietico congiungersi, fino all’esito finale, genericamente corrispondente con l’orgasmo, in cui accade che l’uomo possa emettere seme, per fecondare l’ovulo e innescare la nascita di un altro essere umano.

La quasi totalità degli Io-psyché, finora incontrati, non importa se uomini o donne, testimoniano di non aver mai raggiunto lo stato culminante, abbinandovi anche la percezione dei principi attivi olistico-autopoietici che formano l’insieme dell’esprimersi della sessualità e che scopriremo essere la componente fondamentale, per sviluppare conoscenza vissuta di processi, di solito non consapevoli.

Un numero significativo di ricercatori in formazione, inoltre, riferisce, testimonia che non è profondamente soddisfatto della propria sessualità e del proprio orgasmo: lo sente incompleto, da migliorare (da verbalizzazione). Alcune ricercatrici hanno riferito che se non arrivano a provare un senso di soddisfazione o tendente a, dalla pratica della sessualità, diventano facilmente irascibili, aggressive, conflittuali (da verbalizzazione). Senza ciò che denominiamo orgasmo, si sentono incomplete e questo, in alcuni casi, ha determinato una progressiva esclusione della sessualità dalla loro vita. Anche molti ricercatori riferiscono, per tutta una serie di motivi che osserveremo, lo stato d’incompletezza della soddisfazione, e questo risulta essere più forte e intenso quando la donna non vive l’orgasmo, per cui anche l’uomo, di fatto, non può partecipare quel campo, anche se la sua eiaculazione avviene (da verbalizzazione).

Nell’orientamento sigmasofico, l’Io-psyché degli esseri umani che praticano la S.d.C. dovrà procedere nell’apprenderne le funzionalità.

Cominciamo con l’evidenziare che l’esperienza mi spinge ad affermare qualche cosa che non coincide con il significato-significante che, convenzionalmente, si attribuisce all’orgasmo: quello che gli esseri umani, gli Io-psyché intendono per orgasmo,

di fatto, non è, non coincide con la fase culminante dell’eccitazione, e men che meno corrisponde, per l’uomo, con l’eiaculazione.

L’eiaculazione non è e non coincide con l’orgasmo!

Infatti, come visto, questo termine, nella sua radice etimologica greca (orgè) ha anche l’accezione di agitazione, ansia, collera, passione. Scopriremo come l’eiaculazione, collegata all’essere in preda del desiderio (ovvero, l’identificazione nel solo sistema nervoso producente piacere) interferisca, a volte impedendolo, il raggiungimento della percezione dei principi attivi olistico-autopoietici, formanti quello che in modo ridotto sul corpo riconosciamo, nelle varie intensità di piacere. Si può notare, inoltre, come la radice di orge sia la stessa di orghia, che, in greco, significa orgia, culto misterioso, rito sacro e l’aggettivo orghias significa estatico.

La S.d.C. è la percezione dei principi attivi dell’eros, ciò che può portare all’estasi: l’uscita fuori dall’identificazione nel solo sistema nervoso, dall’essere in preda del desiderio, ovvero la S.d.C., di cui l’orghion è il sacerdote interiore, ossia la facoltà dell’Io-psyché che permette il vissuto dei principi attivi dell’eros, del metabisogno congiungersi.

Invece, moltissimi ricercatori, al di fuori dell’eiaculazione ai fini del piacere che, ripeto, chiamano erroneamente orgasmo, di fatto, non sanno che cosa questo si a. la sensazione di piacere tanto ambita, di solito, è riducibile ai pochi secondi che precedono l’emissione del liquido seminale e alle sensazioni che provano quando tale liquido attraversa il pene. I secondi che precedono l’eiaculazione non sono affatto il punto culminante dell’esperienza, ma esattamente ciò che la spegne e fa entrare la sessualità in un momento refrattario, ossia d’impossibilità a produrre erezione. La sferzata di pochi secondi di piacere, anche intenso, che in quel momento si prova, non è neanche il 5% dell’intensità che è possibile raggiungere con altre modalità e riferimenti, che approfondiremo più avanti. Il piacere che si prova durante l’orgasmo, normalmente inteso, è ciò che blocca l’accesso, il raggiungimento dello stato di beatitudine, di estasi e di

orgasmo olistico-autopoietico.

L’eiaculazione è una delle tante funzionalità Io-somato-autopoietiche che contribuisce a far prendere coscienza di che cos’è l’orgasmo olistico-autopoietico, ossia il vissuto dei principi attivi non locali, che sottendono alle funzionalità della sessualità-sensualità-affettività (…).

L’eiaculazione, che concentra l’attenzione dell’Io-psyché sulla sfera genitale, spesso, non consente ad entrambi gli Io di poter raggiungere consapevolmente lo stato indicato, in quanto l’esperienza viene, per così dire, soddisfatta in uscita e non a monte, ossia nei principi attivi autopoietici dell’eros, luogo in cui è possibile vivere le intensità e gli stati descritti.

Quando ci si rende conto che il non ingresso nello stato refrattario produce la preservazione del liquido seminale, si potrà comprendere sempre più il metabisogno autopoietico congiungersi e capiremo che il pene può produrre con continuità erezione e la vagina può dare continuità di lubrificazione-ricezione.

L’eiaculazione è uno strumento propedeutico. Se molte ricercatrici, come dicono, non provano l’orgasmo, non dipende soltanto dal fatto che gli uomini hanno un’eiaculazione precoce, anche se può essere una componente.

L’orgasmo olistico-autopoietico, come per tutti gli altri stati coscienziali è, sostanzialmente, uno stato di autoconsapevolezza, che può trovare forme d’innesco attraverso la sessualità, la penetrazione, soltanto uno dei tanti strumenti disponibili, fruibili dall’essere umano. Non si tratta, quindi, di ritardare l’eiaculazione, almeno fino a quando la donna non esprime soddisfazione, anche se è un’azione, tra le tante, che può essere utile allo scopo.

L’eiaculazione, di fatto, non uccide il desiderio: ne è prova il fatto che nei giorni successivi, l’impulso verso la pratica della sessualità riemerge. Anche se il membro maschile eiacula, questo non necessariamente determina una brusca interruzione delle dinamiche e dei vissuti dei praticanti: si può benissimo applicare l’intenzionalità di proseguire lo scambio, la comunicazione Io-somato-autopoietica, fino a se stessi, al vissuto della non località, dei principi attivi autopoietici non locali dell’eros. La detumescenza di un pene, dopo l’eiaculazione, potrebbe e dovrebbe non influire sulla percezione di questo campo non locale, poiché si tratta i principi attivi autopoietici che quella stessa detumescenza contribuisce a generare. Molti ricercatori, al riguardo, hanno riferito che, dopo l’eiaculazione e la detumescenza, tendono a distaccarsi dalla partner; soltanto pochi lo legano a un riflesso condizionato, a una coazione a ripetere sempre le stesse azioni comportamentali. Se l’uomo non utilizza l’eiaculazione, può determinare continuità di erezione e, nella donna, può determinarsi il raggiungimento di stati di orgasmo autopoietico, indipendentemente dall’eiaculazione.

L’orgasmo della donna, normalmente inteso, invece, non determina la remissione della tensione dell’aggredior, bensì tende ad aumentarla e questo è funzionale all’insorgere delle intensità, per raggiungere la non località. Infatti, la donna può produrre con continuità ciò che denominiamo orgasmo; l’uomo deve predisporsi allo stesso raggiungimento, tranne in un solo specifico caso ossia quando i partners decidono di realizzare, di creare un figlio fisico. Allora, dallo stato Sigmasofia, si procederà all’aperture, nel sensibile, dell’eiaculazione per fecondare l’ovulo.

Quando, durante la pratica, ho provato a non utilizzare l’eiaculazione e, quindi, a porre in remissione il flusso dell’aggredior, mi sono reso conto che lo stato di maggior afflusso dell’aggredior stesso si manteneva costante, tendendo a crescere, provocando sensazioni di magnetismo, da intendersi come di aumento della volontà a stare insieme, d’interagire empatonicamente, fusionalmente. Tale atmosfera-campo olistico-autopoietico, dà forte e continuo aumento dell’aggredior in circolo, è il sottofondo e la danza-musica autopoietiche che l’Io-psyché si forma ad agire in ogni stato coscienziale quotidiano, non soltanto nella sessualità. L’aggredior è la condizione di operatività quotidiana che trova forme di espressione, di conoscenza vissuta, durante la pratica di ogni stato coscienziale, di cui la sessualità ha pari dignità, così come ogni altro stato esprimibile.

Non eiaculare e portare l’attenzione dell’Io-psyché sul campo istintivo-emozionale e aggredior, e da lì al campo M.A.C., di cui è espressione, determina che l’Io possa vivere e sentire la possibilità illimitata di dare continuità all’erezione, che l’eiaculazione, per specifiche motivazioni Io-somatiche funzionali, localistiche, farebbe entrare in uno stato refrattario, più o meno lungo, fino a rigenerarsi. Non eiaculare non è un sacrificio o il prezzo troppo elevato da pagare (da verbalizzazione di un ricercatore), ma semplicemente un ripristinare la funzionalità olistico-autopoietica naturale che richiede, da sempre, esplicitamente di autoriconoscersi. Questo è il fondamento. L’eiaculazione è invece lo strumento che l’autopoiesi ha creato per fecondare e come forma di nutrimento; non sembrano essere stabiliti altri utilizzi.

Mentre noi spesso ci riferiamo al liquido chiamandolo sperma, in realtà gli spermatozoi o cellule germinali maschili, costituiscono solamente il 10% della composizione totale. Questo 10% contiene dai 200 ai 500 milioni di spermatozoi, sebbene la cifra possa essere più elevata, nel caso di giovani uomini: si realizza, soprattutto, durante la pubertà, la produzione di ormoni androgeni, come il testosterone, che è causa anche della crescita dei peli sul corpo e dell’abbassamento del tono della voce. Il restante 90 % è costituito da plasma seminale, la cui composizione varia fra gli individui e perfino nello stesso individuo, di tanto in tanto. Contiene circa 30 sostanze (molte in quantità minima), alcune delle quali sono prodotte dalle parti differenti dell’anatomia maschile ed alcune sono sottoprodotti delle funzioni del corpo.

Includono:

  • acido ascorbico (vitamina C, per manutenzione del tessuto)
  • antigeni (dal sistema immune)
  • calcio (minerale)
  • cloro (agente ossidante)
  • colesterolo (alcool steroide, presente in fluidi fisiologici)
  • colina (base facente parte il complesso della vitamina B)
  • acido citrico (si presenta durante il metabolismo cellulare)
  • creatina (sostanza azotata trovata in muscolo)
  • acido desossiribonucleico (DNAL)
  • fruttosio (zucchero usato per energia)
  • glutatione (amminoacido del peptide)
  • ialuronidasi (enzima)
  • inositolo (zucchero trovato nei muscoli)
  • acido lattico (sottoprodotto dell’uso del muscolo)
  • magnesio (minerale)
  • azoto (gas trovato in tutto il tessuto vivente)
  • fosforo (minerale)
  • potassio (minerale)
  • purina (residuo di acido urico)
  • pirimidina (base organica)
  • acido piruvico (formato da glucosio e da glicogeno)
  • sodio (sale)
  • sorbitolo (alcool del corpo)
  • spermidine (enzima catalitico)
  • spermina (residuo dell’ammoniaca trovato nello sperma)
  • urea (da urina)
  • acido urico (da urina)
  • vitamina B12 (per la funzione adeguata del sistema e del metabolismo nervosi)
  • zinco (minerale)

La quantità dei componenti può aumentare o diminuire, secondo un certo numero di fattori. Per esempio, la quantità di acido lattico può aumentare significativamente, dopo l’attività fisica.

Inoltre, l’ingestione di cibo può modificare il sapere del liquido seminale.

Il plasma seminale che, in parte, si compone di un liquido ricco di fruttosio, prodotto dalle vescichette seminali, ha una funzione fondamentale di veicolo e di nutrimento per gli spermatozoi.

La quantità reale dello sperma differisce fra gli individui e, a periodi, può anche cambiare nello stesso individuo. La genetica gioca un ruolo importante sulla quantità dell’eiaculazione maschile. La maggior parte degli uomini produce circa un cucchiaino da tè di liquido seminale.

Quando, in assenza totale di eiaculazione, il corpo produce quantità superiore di sperma, in quel momento è naturale emetterlo (evacuazione dello sperma).

Si tratta di formare l’Io-psyché alla Concentrazione-transmutazione autopoietica continua, ossia a quella formazione a se stessi che, se ben orientata, attuata, può reintegrarsi conseguentemente con i principi attivi autopoietici, con il campo morfo-atomico-coscienziale, e questo può trovare espressione anche nella specializzazione che denominiamo sessualità.

È tale consapevolezza che, se realmente raggiunta, determina continuità di potenza sessuale nell’uomo e nella donna (come già avviene, rinnovando continuamente la pulsione del bisogno, del desiderio).

La pratica sigmasofica della S.d.C. non segue necessariamente lo schema riferito da molti Io-psyché, ossia i preliminari, la penetrazione, la dinamizzazione, l’eiaculazione e la detumescenza.

Ì una sequenza antichissima, potente e risponde, nel sensibile, alla pulsione autopoietica di autoprocreazione. Mi riferisco al maschile, perché spesso la donna è costretta ad assoggettarsi a questi ritmi: infatti, alcune testimonianze lo confermano, specificando che era improponibile poter rigenerare la detumescenza del pene subito dopo un rapporto sessuale e, allo stesso modo, il partner riferiva che era necessario aspettare. Soltanto dopo un po’ di tempo, diverso per ognuno, è possibile uscire dallo stato refrattario. Anche in funzione della soddisfazione del desiderio di salvaguardare la coppia, di darle maggiori possibilità di durata (molti ricercatori riferiscono di volere questo), è consigliabile intraprendere tale formazione a se stessi. L’atto sessuale senza eiaculazione, ad esempio, permette di dinamizzare, di destrutturare tensioni, stress accumulati, senza aggredior-out somatica: l’eiaculazione.

Potenzialmente, sia l’uomo che la donna possiedono principi attivi autopoietici dell’eros illimitati. Entrambi possono intenzionalmente vivere, senza limiti di numero e di durata delle erezioni, i propri rapporti sessuali, e oltre. Si ha così il tempo tecnico e la condizione necessaria per poter applicare le Autopoiesi olosgrafiche, durante la pratica del metabisogno autopoietico del congiungersi. Inoltre, possono viverla con un’intensità di aggredior, nettamente superiore a quella normalmente utilizzata, processo che contribuisce all’armonizzazione di tutte le componenti.

Durante la S.d.C., ci si posiziona esattamente prima dello spasmo a cui segue l’eiaculazione (ritenta dai più automatica e incontrollabile, cosa non completamente vera, in quanto, ad un certo grado di formazione a se stessi, applicando specifiche azioni, è possibile controllare quello spasmo e porlo in remissione), come condizione, per così dire, fisica, e in stato di Concentrazione-transmutazione autopoietica o di Autopoiesi olosgrafica locale e non locale, sul piano coscienziale. Stare simultaneamente in queste due condizioni è uno dei fondamenti dell’orgasmo olistico-autopoietico. In questo senso, anche la mera pratica della sessualità, normalmente intesa, acquisisce continuità, non è interrotta dall’eiaculazione e dalla detumescenza del pene, perché non si è identificati in essa.

C’è da dire che mantenersi al massimo della tensione dell’aggredior, senza cadere nell’automatismo, è una questione che dipende dalla lunga formazione a se stessi, a tutto campo, e a quel tipo di pratica, tenendo presente che tutti possono avere progressioni e regressioni funzionali e fisiologiche.

Ci si renderà conto che la S.d.C. ha a che fare con la conoscenza vissuta delle pratiche di rilassamento, di respirazione olistico-autopoietica, di Concentrazione-transmutazione, di Autopoiesi Io-somatiche, di partecipazione alle Autopoiesi olosgrafiche, alle esperienze di vita, nonché di capacità di attraversamento degli ostacolatori. Per questo, proponiamo la formazione a 360°, cosa che spesso stupisce il ricercatore che, entrando in formazione per una problematica inerente la sessualità, si vede proporre tecno-ontos-sophos-logie che, soltanto in apparenza, sembrano essere scollegate e non pertinenti a tale pratica.

Quando si utilizzano pienamente i principi attivi autopoietici dell’eros, moventi nel campo morfo-atomico-coscienziale, si vivono gli organi percettivi dell’orgasmo su tutta la superficie del corpo fisico. Ci sono processi Io-somatici che utilizziamo per determinare ciò, non ultimo il concentrarsi su ogni parte del corpo e non soltanto su quella genitale o su cui è concentrato il piacere, come alcuni studi ci dicono. In molti passaggi si può utilizzare questo campo di aggredior distribuito su tutta la superficie, in un punto, in un’azione e questo dipenderà dall’autorealizzazione dell’autoconoscenza che ogni Io-psyché ha.

Il fatto che tale campo sia sentito nello stesso tempo su tutto il corpo determina la forma di rilassamento, di calma, che la concentrazione su un punto, senza la capacità di espanderlo, riduce. Ovviamente, per corpo s’intende l’Universi-parte: per questo la sensazione fisica localistica va orientata verso le interazioni non localistiche sovrasensibili ed è questo che si deve mantenere. La sensibilizzazione di ogni singola cellula è la porta, da cui è possibile raggiungere lo stato coscienziale dell’estasi-instasi, con ampia valenza e significati-significanti sovrasensibili.

Approfondiamo.

Quando, dal funzionamento normale del campo istintivo-emozionale e aggredior, anziché esserne in preda, cerchiamo la sua soddisfazione, il suo vissuto non in uscita (mangiando, bevendo, respirando, dormendo, facendo sessualità, ma a monte, ossia risalendo ai principi attivi che lo formano, accade che incontriamo, viviamo esattamente ciò che apre la percezione alla conoscenza dell’innato. Si entra, quindi, nel campo coscienziale olistico-autopoietico, dove opera il principio di pulsione autopoietica continua, che è d’intensità e potenza enormemente più grande della quantità in circolo nel corpo, come campo istintivo-emozionale e aggredior. Il contato vissuto con tali principi, formanti l’Io-psyché stesso, è talmente forte che non è più esprimibile con i termini di piacere, orgasmo, in quanto semplicemente più potente. Per questo, è possibile denominare tale vissuto beatitudine olistico-autopoietica, che è una forma di piacere, di orgasmo, decine di volte più intenso (soltanto per dare dei riferimenti).

La beatitudine nasce appunto, perché l’Io-psyché, per un attimo, si è disidentificato dal sistema nervoso cerebrale, dal corpo che lo veicola ed ha saputo penetrare e risalire l’archetipo c.a. e l’aggredior. Tali principi attivi autopoietici sono sempre in azione e funzionanti, anche quando, con l’Io-psyché, siamo impegnati nel sensibile a soddisfare i metabisogni. Se, attraverso la formazione, l’Io-psyché riesce a vivere il momento di soddisfazione della pulsione in uscita e, nello stesso tempo, i principi attivi, formanti la pulsione stesa, lo stato di beatitudine si modifica, si integra di autoconsapevolezza e si entra nello stato coscienziale che ho denominato instasi, condizione da cui partire, per orientarsi verso il vissuto profondo del campo morfo-atomico-coscienziale, processo che, se realizzato, conduce ancora ad un altro stato che è quello dell’estasi olistico-autopoietica, parte integrante dello stato coscienziale Sigmasofia.

L’autonomia fusionale autopoietica gioca un ruolo notevole nell’Io-psyché ed è proprio tale fusionalità che nutrirà dello stesso seme l’azione di autorealizzazione, su cui si vuole applicarla. Soltanto se ci si disidentifica dalla fusionalità olistico-autopoietica, tale campo può trovare espressione in stati identificativi acquisiti, in significati-significanti, anche distonici, che porrebbero in remissione la fusionalità-calma-autopoietica. Si ha la specifica sensazione di essere in comunicazione con campi sempre più ampli, non separati e, nello stesso tempo, di essere semoventi sullo stesso campo. È la connessione consapevole con i principi attivi autopoietici, non locali, che lo fa vivere.

L’estasi è la condizione dell’Io-psyché che si trova perfettamente autonomizzato dal corpo e dal sistema nervoso locale, in cui si riconosce, ma che, pur vivendo la condizione di autonomia e di capacità semovente, esplorativa della dimensione non locale, mantiene la consapevolezza del corpo sensibile, in cui si riconosce e dell’universi, atomicamente e coscienzialmente legato, di cui è parte integrante.

Il termine estasi deriva dal greco extasis, da ex-stanai, che significa stare (histanai fuori ex).

È stare fuori dall’identificazione nei moti di sopravvivenza del corpo ed entrare in forme olistico-autopoietiche che hanno, come caratteristica, la disidentificazione dell’Io-psyché dal solo sensibile.

Come accennato, lo stato di non soddisfazione della pulsione di sopravvivenza aumenta l’aggredior, il dolore, il dispiacere fino al punto che, se non soddisfatto, quel corpo fisico deve cambiare stato (il punto morte) e reintegrarsi, così, al funzionamento innato dell’Universi-parte, ritrovando lo stare fuori (l’estasi) dall’identificazione nel corpo e nel sistema nervoso. Da qualunque parte si proceda, si trova l’estasi: il piacere intensificato, sia in risalita sia in uscita.

La posizione intermedia enantiodromica è propedeutica, anch’essa funzionale ad individuare i principi attivi che ci permettono di vivere quanto descritto.

In questi giochi esistenziali, si evidenzia sempre la legge omeostatica che, spesso, trova equilibrio esistenziale nel corpo fisico, mantenendo al minimo il livello di aggredior. Si potrebbe pensare che, riducendo a zero l’aggredior, l’estasi sarebbe immediatamente disponibile. Non è così, per il semplice fatto che l’aggredior rappresenta la quantità di campo morfo-atomico-coscienziale minima indispensabile, necessaria a tenere acceso, in vita il corpo fisico, in cui ci riconosciamo, quindi, non è possibile ridurla a zero. Quando la pulsione di sopravvivenza viene soddisfatta, come detto, ci si trova, di fronte alla quantità del campo istintivo-emozionale che è funzionale all’essere in vita, penetrandola, si vive e si entra nel campo morfo atomico-coscienziale, quindi, non nella riduzione a zero dell’aggredior, ma nella sua potenza, impressionantemente superiore all’intensità di base dell’aggredior.

Stare fuori dalla riduzione della funzione campo M.A.C. significa iniziare a vivere pienamente l’estasi. La concentrazione-transmutazione autopoietica, applicata alla riduzione, coincide letteralmente con la transmutazione esistenziale.

La pulsione autopoietica a vivere, a conoscere, a risalire, spinge verso tale transmutazione, verso il campo morfo-atomico-coscienziale, dove queste intensità estatiche muovono. Non si tratta dell’estinzione, impossibile appunto, dell’istinto-emozione (dell’aggredior), ma del riconoscimento delle estensioni non locali da cui si evidenzia, da realizzare anche sul piano sensibile (vedremo come). Non si tratta di far cessare la sofferenza, inerente il fluire della vita, ma di risalirla e transmutarla, per consapevolizzare la vita-autopoiesi stessa, come processo dinamico che può essere vissuto in una condizione che stia fuori dal gioco enantiodromico del piacere-dispiacere, del dolore-gioia, della vita-morte (…).

Ovviamente, la pulsione autopoietica a conoscere, non coincide con la cosiddetta pulsione di morte, ma semplicemente con l’orientamento dell’Io-psyché verso il vissuto dell’Universi-parte, transfinitamente in vita, da riconoscere e rendere consapevolmente attivo, anche attraversando ciò che ho denominato lo stato coscienziale punto morte, vissuto come specifico contenuto dell’Universi-parte, del campo morfo-atomico-coscienziale e del campo coscienziale olistico-autopoietico.

La descrizione del processo è riferibile a tutti gli stati coscienziali e, in particolare, a ciò che denominiamo sessualità e amore.

L’autonomizzazione dell’Io-psyché dal sistema nervoso, coincidente con l’estasi, viene realizzata attraverso specifiche azioni pratiche.

Inizialmente, può accadere che il ricercatore viva bagliori brevissimi di beatitudine, d’instasi, ossia di momentanea presa di consapevolezza dell’Io-psyché della propria essenza olistico-autopoietica. È una conquista, in quanto si inizia ad essere consapevoli di funzionalità innate più sottili. Tuttavia, sentandola e riportandola al corpo, a volte accade che possa cercare quel peculiare sentire nel corpo stesso, che fa da veicolo sensibile alla pulsione, ai principi attivi autopoietici non locali del metabisogno congiungersi, dell’eros. In quel momento, una particolare tensione, una sensazione d’impenetrazione di quella pulsione emerge, il che risulterà al ricercatore serio una preziosa informazione nella via da seguire. Al momento in cui si entra, si prende coscienza del campo morfo-atomico-coscienziale. Si percepiscono le intensità appena descritte, le sensazioni estatiche di creazione, ma, malgrado ciò, è possibile dire che ancora l’Io-psyché non penetra, non vive il principio attivo autopoietico, non può ancora, di fatto, far coesistere le due componenti (l’acquisito e l’innato), perché, sentendole attraverso un automatismo, le riconduce al livello d’identificazione dell’io-psyché con il sistema nervoso, che è proprio la condizione che deve risalire e transmutare. Se trascura la sensorialità, perde il riferimento, con cui può sentirle e, e lo perde, non può riconoscere l’innato. È per questo che, se avete seguito, cresce l’esigenza di potenziare l’Io-psyché e formare la funzione Ypsi: soltanto raggiungendo una determinata potenza, l’io può disidentificarsi dal sistema nervoso cerebrale e dal corpo, mantenendo, tuttavia, con continuità una potenza funzionale, in grado di fargli percepire, vivere la non località (anche simultaneamente all’acquisito locale).

Una componente della S.d.C. prevede, oltre il controllo dell’eiaculazione, l’assunzione di morfologie, adottate dal corpo che riproducono forme ricorsive dei principi attivi autopoietici, e seguirle, anche attraverso la visione e la cronovisione autopoietiche.

Durante la S.d.C., non ci sono movimenti dei corpi a caso, ma si realizzano forme e stili, ripresi direttamente dalle morfologie osservate, da cui nasce il genoma autocoscienziale. Sono dei movimenti inizialmente direttivi e pre-stabiliti, riproducenti delle forme, continuamente in atto, assunte dal campo M.A.C. e, successivamente, in fusionalità con la spontaneità autopoietica.

Queste forme, agite nella lentezza che caratterizza le Autopoiesi olosgrafiche, contribuiscono a orientare l’Io-psyché verso il campo M.A.C., la non località. In realtà, si attuano simmetrie, risonanze con morfologie già presenti e agenti all’essenza dell’io-psyché dei due ricercatori e, quando tale risonanza viene raggiunta, è possibile entrare, come vissuto, nella visione olistico-autopoietica, nel campo M.A.C., nella non località.

L’intera organizzazione Io-somato-autopoietica deve essere progressivamente investita nell’atto: per questo, la S.d.C. si prepara e si allena in ogni settore autoformativo esistenziale.

Una delle basi fondamentali è il raggiungimento della fusionalità olistico-autopoietica, in cui, anche muovendosi, non si riconoscono più i confini del soma: l’Io-psyché è fusionalmente impastato, sintonizzato sulle stesse frequenze autopoietiche, sulla fisiologia che nutre entrambi. In tale stato, possono attuarsi scambi autopoietici del tutto naturali, ossia non orientati da stati identificativi.

Inizialmente, i partners sono attivi e passivi e poi, progressivamente, reintegratori di tale dicotomia in un’unica simultaneità di dare e ricevere, di attività-passività che armonizzano per tutta la durata dell’Autopoiesi olosgrafica. Tutte le Autopoiesi applicate trasmettono tono autopoietico.

Primo accorgimento di questa Autopoiesi a due è che nessuno dovrà pesare sull’altro. Nella posizione del missionario, in cui l’uomo è sopra e la donna sotto, rilassandosi, l’uno potrebbe pesare molto sull’altra e i corpi creerebbero una continuità di compressione non funzionale alla pratica delle autopoiesi olosgrafiche sessuali.

La posizione a clessidra inclinata è quella che, potenzialmente, può funzionare di più.

uomo e donna in posizione di clessidra

Deve consentire di poter essere simultaneamente attivi e passivi in ogni momento, per entrambi i partners.

Per poter praticare queste componenti, si assumono determinate posture, che si sono rivelate utili al raggiungimento della danza olistico-autopoietica che ci prefiggiamo. In generale, si facilita il sonno-sogno lucido, si evita di dormire o di entrare in forme di sonnolenza, in modo che l’autoconsapevolezza, la lucidità sia presente, quando si entra nell’inconscio acquisito collettivo e olistico-autopoietico. Assumere dinamicamente la posizione a scettro Ypsilambd, del doppio Ypsi e del Lambda orienta vero il raggiungimento dello stato coscienziale Sigmasofia.

Questa postura

uomo e donna nella postura del doppio lambda

Pone in remissione ostacolatori, distrazioni, facilitando la Concentrazione-transmutazione, applicata sul naturale fluire dei principi attivi autopoietici. I movimenti fisici, in questo caso, devono essere ridotti al minimo e si orientano i movimenti dell’Io-psyché, fino alla massima intensità possibile. Durante le ore di pratica, ci sono modulazioni dell’erezione e dell’intensità che sono del tutto naturali e che permettono di potenziare ad ognuno l’ascolto olistico-autopoietico dell’altro.

Entrando in comunicazione con parti più profonde di loro stessi, entrambi tendono progressivamente ad esprimerle, attraverso la morfologia Io-somato-autopoietica che stanno attuando. Sentono sempre più di essere alimentati dall’aggredior, dai principi attivi autopoietici, i loro stati di tensione empatonica, di eccitazione, dalle diverse intensità, lo testimoniano. I praticanti più attenti sapranno già da questo momento perfettamente intuire che tale carica non dipende esclusivamente dalla funzionalità del corpo e del sistema nervoso, ma da funzionalità microstrutturali, da meccaniche quantistiche di fissione-fusione autopoietica che trascendono la manifestazione e la modulazione applicativa localistica.

Tutto il corpo s’ipersensibilizza ed ecco che i partners possono sentire inequivocabilmente l’aggredior, il campo istintivo-emozionale emesso dalla superficie dei loro corpi sotto forma di calore e oltre, di campi bios-elettro-magnetici, nucleari, gravitazionali, elettrodeboli, olistico-autopoietici.

È uno scambio di notevolissima intensità, in cui i due iniziano olistico-autopoieticamente e simultaneamente ad auto-dirigersi. Al solo tatto, s’innescano profonde risonanze e simmetrie. Raggiungendo entrambi questi stati di tensione, di eccitazione, di aumento di emissione del campo, si creerà un riconoscimento maggiore delle funzionalità omeostatiche, di autorigenerazione.: il campo istintivo-emozionale tende a riarmonizzarsi equamente su tutto il corpo. È uno dei motivi per cui, attraverso la S.d.C. è possibile raggiungere processi di autoguarigione (anche nel caso non siano intenzionalmente voluti). Più la pratica sarà approfondita, più questa facoltà sarà scoperta. In alcuni casi, ho potuto constatare forme di rigenerazione che alcuni ricercatori hanno definito di ringiovanimento autopoietico, riscontrabili anche soltanto nella semplice estetica, attraverso la riduzione delle linee di espressione, ad esempio, e di maggiore brillantezza e luccicanza della pelle, di maggior empatonia, flessibilità, e rilassamento. Gli occhi emettono radianza autopoietica, ed è possibile scorgere tale radiazione percettiva anche a distanza. Se si raggiungono questi livelli di profondità, si scopre come la natura olistico-autopoietica, movente alla radice dell’Io-psyché, sappia esattamente come modulare l’atto, la carezza, il movimento, in modo che, in perfetta sinergia, i due comunichino Io-somato-autopoieticamente e in piena armonizzazione e reintegrazione.

Quando i due vivono che i campi, gli stati coscienziali che stanno emettendo e praticando, hanno in comune gli stessi principi attivi autopoietici che scaturiscono dal tutto è atomicamente e coscienzialmente legato, di cui entrambi sono un’evidenziazione, iniziano a prendere consapevolezza dello stato Sigmasofia che, in un linguaggio più immediato, può essere trattato come sensazione di profondissimo riposo, di beatitudine, di instasi che rigenera, come mai mi era capitato (da verbalizzazione), di fusionalità Io-somatica totale, integrale, di espansione.

Tutto l’Io-soma, ogni singola cellula, emana campo istintivo-emozionale, autopoiesi.

L’espansione produce una sensazione di gonfiamento del campo coscienziale nel corpo, tanto da sentire forti pressioni su ogni singola cellula-atomo. Ad un certo grado, accade che l’io-psyché di ognuno, nella congiunzione, inizi a comunicare spontaneamente, da dentro, tutte le sensazioni, le emozioni e l’autopoiesi che lo muove: come mossi da …. Non c’è alcun intento muscolare, ma soltanto movimenti d’integrazione coscienziale. È il linguaggio essenziale autopoietico. Le Concentrazioni-transmutazioni non sono applicate soltanto alle zone genitali, ma su tutto il corpo, e oltre. A questo punto di pressione, legata all’instasi, si attuano le Autopoiesi olosgrafiche legate all’incontro con archetipi non locali.

Accade che tutto l’essere complessivo sia coinvolto e l’instasi-estasi che si prova, anziché esaurirsi in pochi secondi, tende a caricarsi, a gonfiarsi sempre più e a permanere come atmosfera di fondi, anche molto dopo la fine della congiunzione specifica. La non produzione dell’eiaculazione, i suoni, la musica, i ritmi olistico-autopoietici tendono a crescere e lo stato di androginizzazione, anche sensibile, entra in ∑igma. L’acquisito e l’innato tendono a fondersi e questo ripristina, orienta il naturale e consapevole fluire autopoietico: si manifestano insights di stato coscienziale Sigmasofia. È una delle tecno-ontos-sophos-logie di Autopoiesi olosgrafica relativamente difficile da raggiungere e applicare, in cui ii due partners non ricercano l’orgasmo normalmente inteso, ma il vissuto dello stato coscienziale Sigmasofia e la non località.

Percepire, riconoscere in sé la componente non locale autopoietica è sempre la condizione fondamentale per praticare la S.d.C. Tutte le Autopoiesi olosgrafiche che si praticano prima, durante e dopo, fanno parte della genesi, dello sviluppo e del post di tale pratica.

Ripeto, per riconoscere questa evidenza, presente in ognuno, è necessario formarsi a se stessi: per questo, non potrà esserci una pratica della sessualità tendente al completo, all’olistico, se non si parte da questo presupposto. Per farlo, l’Io-psyché dovrà ritrovare, rivivere, rievocare la fase che va dal concepimento allo stato coscienziale punto nascita, perché si tratta di un’esperienza che ha sicuramente inscritta nei muscoli, nelle cellule, negli atomi (…). È il riconoscimento della fusionalità fisiologia autopoietica, localistica. È il campo, in cui siamo stati partecipatori dei principi attivi autopoietici. Lì, non ci sono le problematiche acquisite, l’archetipo B., gli ostacolatori, gli schemi estetici, corporei, le proiezioni, le traslazioni (…). Lì, il campo coscienziale olistico-autopoietico è all’opera, negli atomi, nel genoma, determina le differenziazioni, le funzionalità, l’espansione dell’Io-soma-autopoiesi. In quel momento, non esistono costellazioni acquisite!

In sintesi, ogni Io-psyché può vivere e riconoscere la propria scaturigine innata. È il livello di autoconsapevolezza cui, in qualche modo e in qualche misura, ci si avvicina risonanti, simmetrici, quando gli esseri umani si integrano, entrano in relazioni fusionali sensibili. Più si lasciano andare al vissuto, più possono scoprire queste risonanze-simmetrie: dipende se l’Io-psyché è identificato nella propria componente innata o in quella acquisita, come visto, pregna di enantiodromia, di opposti-complementari. In tale stato di autoconsapevolezza, distinguiamo la pratica della S.d.C. da quella acquisita, convenzionale. È ciò che l’Io-psyché cerca, si prepara e si forgia a vivere. In questo processo conoscitivo, possiamo prendere coscienza di tutti i principi attivi del campo coscienziale olistico-autopoietico, da sempre in azione all’essenza di ogni Io-psyché.

La S.d.C. conduce a vivere i principi attivi innati dell’eros. Si tratta degli elementi che ogni essere umano sta veicolando, di padre-madre in figlio, da quando ha avuto inizio la riproduzione sessuata e, fin da prima, come principi attivi potenziali, pre-manifestazione sensibile.

La S.d.C. è un’azione di autocoscienza, di autorealizzazione e di autoformazione. Durante la sua pratica, si opera per superare identificazioni nello spazio-tempo convenzionale, fino ad entrare nel tempo olistico-autopoietico. La remissione dei riferimenti spazio-temporali e il raggiungimento del tempo autopoietico determinano il non sapere quanto spazio-tempo convenzionale sia veramente trascorso, se due o sei ore o quant’altro. In ogni caso, risulterà essere uno spazio-tempo prolungato rispetto agli standard conosciuti. Comunque, per ottenere i primi segnali inequivocabili, tale unione, in generale (per ognuno è diversa), raggiunge obiettivi minimi, mai al di sotto delle due ore ed è effettuata con specifiche progressioni. Se si raggiungono questi livelli d’intensità e, dopo, si attua l’eiaculazione, è comunque possibile vivere, malgrado la riduzione d’intensità inevitabile dopo la fuoriuscita del liquido seminale, la sensazione di calma autopoietica, processo che può essere altrettanto intenso. Ecco perché, se si è raggiunta la fusionalità autopoietica e se ne è consapevoli, e l’attenzione, l’autoconsapevolezza vengono orientate verso i principi attivi che muovono nell’Io-soma e non in componenti specifiche del corpo, il mantenimento o meno dell’erezione è irrilevante. Lo scambio consapevole si sta svolgendo più in profondità e si scopre come l’erezione, la tensione, l’eccitazione, il tono siano momenti propedeutici, preparatori a tale ingresso. Infatti, come ogni Autopoiesi olosgrafica, la S.d.C. permette di orientarci a vivere lo stato Sigmasofia e la non località, si vive il tutto è atomicamente e coscienzialmente legato, si vive che unendosi (in qualunque tipologia (omo, etero e bi…), si ottiene sempre lo stesso prodotto: l’androginizzazione. L’essere umano è simultaneamente uomo-donna (spermatozoo è ovulo), ossia la scoperta della condizione dell’Universi-parte. Si vive che la sessualità è un metabisogno disponibile e prodotto dall’Universi-parte, noi stessi.

Il significato-significante simbolico-reale dell’erezione e della penetrazione

 
Può essere una reale forma di creazione simultanea,
che pone in remissione la relazione tra i due partners.

Sul piano sensibile e per la procreazione, il congiungersi ha bisogno di un partner, e quindi veicola in sé processi funzionali relazionali, da conoscere. Se non ci fossero l’erezione e l’eiaculazione, non potrebbe esserci la fecondazione. Allo stesso modo, se non ci fossero l’intenzionalità e la concretezza a voler ricevere il pene eretto, la donna non potrebbe generare il figlio.

Molti ricercatori riferiscono che, in realtà, non conoscono da che cosa sia esattamente composto e come funzioni il proprio pene: lo utilizzano automaticamente, e basta. Sia pure in percentuale minore, anche le donne non hanno consapevolezza della propria vagina. Si uniscono e basta la natura sa come fare, in qualche modo (da verbalizzazione).

Ma, che cosa accede esattamente e perché l’Io-soma deve produrre l’erezione del pene?

Perché la natura olistico-autopoietica ha avuto la necessità di inventare, di creare un tale sofisticato meccanismo?

Il pene e la sua attività diventano meritevoli di peculiare attenzione, quando mostrano di non funzionare secondo le aspettative, di cui lo s’investe. Per il resto, lo si utilizza automaticamente, come qualunque altro organo.

Che pratica la S.d.C. ha un enorme interesse a conoscerne le funzionalità.

Cerchiamo di decodificarlo.

Sostanzialmente, il pene è formato da tre strutture gonfiabili, raggruppate in un fascio muscolare. C’è un cilindro centrale, al cui centro si dischiude l’uretra, utilizzata anche per l’eiaculazione. Tale cilindro centrale termina nel glande che è, per molti, la parte maggiormente sensibile. Gli altri due cilindri gonfiabili sono i corpi cavernosi che, per specifiche funzionalità, determinano l’erezione. Tale struttura del pene è alloggiata tra le ossa pubiche (zona perineale. Intorno alla base, ci sono i muscoli e sono quelli che si attivano, quando scattano le contrazioni involontarie, incontrollate, che determinano l’eiaculazione e producono la sensazione di piacere. Tutto è rivestito da pelle molto elastica. Il pene non è fragile e, difficilmente, può accadere di ferirlo.

                Per ottenere l’erezione, per poter entrare nella vagina, è necessario aprire e regolare il flusso, attraverso alcune valvole che regolano la pressione del sangue e dell’aggredior. Tale apertura e regolazione è un’operazione sofisticatissima. È importante partecipare-osservare che l’afflusso di maggiore sangue e di aggredior nel pene equipara la sua pressione localistica a quella di tutto il corpo. Soltanto con l’afflusso di sangue, di aggredior molto forte si ripristina l’omogeneità, l’equilibrio, e la condizione di flaccidità è un disequilibrio della pressione di tutto il corpo. Ciò vale per entrambi, sia per l’uomo che per la donna. Il punto è che nella condizione di presunta normalità, l’afflusso di sangue e di aggredior nel pene è, per così dire, frenato e per farlo aumentare, per innescare l’erezione, queste valvole devono aprirsi e, neanche a farlo appositamente, lo stato di rilassamento facilita, è la condizione ideale per tale apertura (per rilassamento, intendo quello Io-somato-autopoietico, vissuto, non pensato). Infatti, ho verificato che, praticando Autopoiesi olosgrafiche che inducono anche la calma, stati di rilassamento profondo e di respirazione autopoietica, si può determinare l’erezione ed è la condizione di calma-fusionalità autopoietica su cui stabilizzarsi a fondo, per tutta la durata dell’atto.

                La non formazione a se stessi e la non pratica della S.d.C. porta a coazioni progressive di perdita di empatonia, della consapevolezza dei principi attivi autopoietici dell’eros che, per disfunzionalità Io-somatiche, non riescono ad esprimersi come potenzialmente e naturalmente, potrebbero.

                L’erezione-eccitazione dipende ad un atto dell’Io (aggredior). La componente Io-psyché è fondamentale. Ad esempio, eiaculazioni frequenti possono dare origine a forme d’impotenza passeggera. Tutti i piani sono sempre coinvolti. Da questo, l’efficacia delle Autopoiesi olosgrafiche sui problemi di eiaculazione precoce, in quanto, tra gli altri effetti, allenano la capacità di controllarla, consapevolmente. Ho constatato che innescare l’erezione è relativamente semplice, però, molti segnalano difficoltà a mantenerla, perché ciò dipende da specifici processi. Il funzionamento è il seguente. Deve instaurarsi l’ingresso di un volume di sangue e aggredior che entri simmetricamente a quello che defluisce. Il sangue arterioso nutre; il sangue venoso, con residui, detriti, deve essere evacuato. Quindi, l’erezione dipenderà da quanto si è in grado di normalizzare tale azione su tutte le doppie valvole. È il naturale fluire della vita autopoiesi, del campo istintivo-emozionale e aggredior ciò che regola questo.

La formazione Io-somato-autopoietica prevede d’interagire anche su questo.

La S.d.C. richiede diverse abilità:

  • la formazione a se stessi continua, che inglobi la conoscenza vissuta del campo istintivo-emozionale,
  • la capacità d’interagire fluidamente con l’aggredior, senza ostacolatori,
  • la facoltà di poter determinare la tensione olistico-autopoietica, necessaria alla sessualità,
  • la facoltà di evitare l’eiaculazione, durante l’erezione (quando necessario).

Come tutti gli altri stati coscienziali, la sessualità coinvolge il cervello e il sistema nervoso parasimpatico e simpatico. Infatti, si determinano stati di tensione autopoietica, di aumento dell’aggredior, potenzialmente in goni stato coscienziale, indicante che tale funzionalità appartiene al corpo complessivo e non è abbinabile alla specificità della situazione che determina l’eccitazione, la pulsione del congiungersi, della fame, della respirazione (…).

Quindi, il processo della S.d.C. può innescarsi senza riferimenti acquisiti, meramente erotici.

La S.d.C. è una condizione di fusionalità autopoietica naturale che s’innesca, per riconoscimento diretto di tali processi, senza utilizzare sogni, fantasie erotiche, situazioni sessuali concrete o immaginate e anche senza stimolazione diretta del pene o della vagina. Osservando i movimenti dell’archetipo c.a. dell’Io-psyché, si vive che il corpo sperimenta automaticamente irrorazioni continue e molto frequenti di aggredior, che coinvolgono la componente sessuale, se l’io sta occupandosi di quelle. Osserveremo tale continuità di flusso, sempre, dal concepimento allo stato coscienziale punto morte. Tale processo s’intensifica nella fase R.E.M. e chi ha il songo lucido può rendersi conto in diretta che l’eccitazione, sia maschile che femminile, avviene anche per immagini oniriche che nulla hanno a che fare con la sessualità. Quello che c’è da capire è che queste irrorazioni nascono direttamente dal campo M.A.C., dal campo coscienziale olistico-autopoietico, dalla non località, a cui tutti siamo atomicamente e coscienzialmente legati.

Sappiamo che l’erezione è facilitata, quando siamo sostanzialmente rilassati, calmi. Se si rallenta il respiro e il battito cardiaco, si hanno più possibilità d’innescarla, in quanto l’Io si avvicina a raggiunger consapevolmente il campo istintivo-emozionale e della vita-autopoiesi (campo M.A.C.), e i vasi sanguigni si dilatano. Invece, se il sistema parasimpatico, che governa queste azioni, viene investito di significati-significanti dall’Io-psyché, sovraeccita anche l’altro sistema, il simpatico (che governa l’eiaculazione). Ecco che s’innescano processi opposti all’erezione, perché il parasimpatico viene inibito. Per tale motivo, quel medesimo stato va preliminarmente posto in remissione, invece, molti mi testimoniano che quando vedono un uomo o una donna che piace loro, il cuore sale in gola e si entra in respiri affannosi, attivando meccanismi che, come detto, pongono in remissione l’attività del parasimpatico. Ecco perché, nella formazione a se stessi, si forma il ricercatore all’utilizzo o al controllo simultaneo di entrambi i centri, in cui l’eventuale eccitazione, potente, incontenibile, è in realtà poggiante sullo stato di calma autopoietica e, al vissuto di questo stato, soltanto in apparenza opposto, ci si rende conto che fa pare dello stesso campo.

La coppia deve formarsi a rilassare tutto l’Io-somato-autopoietico, in particolare il sistema simpatico, attraverso la respirazione autopoietica e la pratica di Autopoiesi olosgrafiche, ripristinando così, nello specifico, l’apertura delle valvole.

Se non c’è erezione, l’uomo e la donna possono essere definiti impotenti.

Le impotenze sono le conseguenze della mancata formazione a se stessi. Si comprenderà che gli stati identificativi ansiosi, reiterati, sono un ostacolatore significativo alla sessualità.

Come detto, l’eiaculazione, dipende in particolare dal sistema simpatico che comunica con le ghiandole seminali, situate dietro la prostata, ed ecco che uno stimolo Io-somatico in più innesca l’automatismo. L’innesco è dato dall’Io-psyché, dall’aggredior, che, provocando la contrazione dei muscoli alla base del pene, determina l’eiaculazione. La pratica della S.d.C. è il primo fondamentale allenamento di tale muscolatura, fatto che aumenta la produzione di ormoni secreti dalle gonadi, con effetti di ringiovanimento, in seguito alla pratica. Per questo motivo, durante la pratica della S.d.C., è necessario mantenere l’aggredior distribuito, non concentrato, cosa che conterrà lo stimolo dell’automatismo. Di conseguenza, è facile capire che per correggere l’impotenza e l’eiaculazione precoce è necessario formarsi a se stessi e alla gestione diretta di tali processi.

Determinando la partecipazione della respirazione e raggiungendo i principi attivi autopoietici, tutte le Autopoiesi olosgrafiche innescano trasformazioni dell’Io-psyché, per cui anche la sessualità, come ogni altra azione, entrerà nello stesso ritmo autopoietico che permette la perfetta gestione sia del sistema nervoso simpatico che del parasimpatico. Ciò contribuisce alla perfetta e naturale crescita del pene: infatti, durando più a lungo, la S.d.C. consente che si realizzi il tempo adeguato, affinché i capillari possano raggiungere la distensione massima e, con il tempo, renderla stabile, perché si rilassano e sia aprono, provocando, quindi, la naturale crescita delle dimensioni del pene, che la sessualità ordinaria mantiene in misura ridotta.

In generale, quasi tutte le informazioni qui date sono applicabili sia all’uomo che alla donna ma, come detto, l’orientamento è quello d’intendere l’androgino, più che l’uomo o la donna. Tuttavia, essendo esseri differenti nella morfologia sessuale, è possibile parlare dell’uno e dell’altra, intendendoli, comunque, entrambi formati dallo spermatozoo e dall’ovulo e parti integrandi della funzionalità dell’Universi-parte. A tal proposito, si può affermare che la donna potrebbe alleare e rinforzare di più la muscolatura della vagina, fino ad arrivare al perfetto controllo di essa, fondamentale per la S.d.C. Inoltre, quando desidererà partorire, l’allenamento, la forgiatura della muscolatura vaginale risulterà fondamentale. In generale, la donna dovrebbe prepararsi a poter aprire e chiudere la vagina fino a poter stringere il pene con relativa forza, aprendo e chiudendo continuamente, esattamente come fa la mano del contadino, quando munge la mucca. Tale controllo ha l’innesco per determinazione dell’Io che deve impartire l’ordine, a voler farlo e, per poter farlo, deve allenarsi. Durante la formazione è possibile apprendere le tecniche per forgiare la vagina (esattamente come per il pene). L’efficacia dipende dalla continuità che si dà alla formazione a se stessi e allo specifico allenamento. In sostanza, sono delle pratiche dinamiche che elasticizzano la muscolatura della vagina, rendendola flessibile, sciolta, armonica. Come per l’uomo, così per la donna, la fluidità o meno dell’atto sessuale è determinata dal proprio livello di autoconsapevolezza. Come detto, il ricevere, farsi penetrare non è un’operazione soltanto Io-somatica, ma Io-somato-autopoietica. Anche la donna, infatti, può entrare in forme di automatismo olistico-autopoietico sessuale. A volte, può accadere che si apra, anche se visceralmente non c’è un’adeguata condizione di apertura, di reale accoglienza. In questo caso, ciò può dipendere da una ricerca di conferme affettive, della propria femminilità, del proprio potere seduttivo, da un bisogno di accettazione o da un atto dimostrativo. Inoltre, la sessualità può essere agita come forma di manipolazione: può essere negata o concessa, per poi negare, castrare, al fine di esercitare forme di potere (di pseudo potere) sull’altro. Può essere mercificata per ottenere favori, riconoscimenti, consensi, a volte anche solo relazionali, a volte non chiari, neanche alla donna o all’uomo che li attuano. Se si considera che anche il partner può veicolare tali meccanismi, si conviene che entrambi potranno praticare una sessualità condizionata.

Le Autopoiesi olosgrafiche, così come tutte le altre tecno-ontos-sophos-logie operative, possono aiutare a prendere consapevolezza di tali meccanismi relazionali che, in quanto tali, non possono non riflettersi, anche durante l’atto sessuale.

Se siamo attenti, scopriremo che l’Io-soma-autopoiesi che ci compone ci dà sempre, inequivocabilmente, dei chiari segnali sullo stato Io-somatico del momento. Si capisce se l’inturgidimento dei capezzoli avviene per stimolazione esterna o per innesco interiore, indipendente (l’Io formato a se stesso non ha bisogno della stimolazione, per produrre eccitazione). Anche l’ambiente interno della vagina è indicativo dello stato di autoconsapevolezza del momento. A volte, capita che l’atto sessuale parta di un innesco prevalentemente razionale, per i meccanismi detti prima (per sentirsi accettati, per trovare conferme, in momenti di tensione relazionale, per paura di perdere il rapporto con il partner, ecc.).

Pur avendo deciso di praticare, l’Io-psyché potrebbe creare, più o meno consapevolmente, la condizione di chiusura, di poca elasticità e accoglienza, rendere secco l’ambiente, come se, al di là della razionalità decisionale dichiarata, non volesse aprirsi. Questo meccanismo ambivalente può aumentare l’ansia e costringere il partner a forzare per poter entrare. In questi casi, è congruo, saper non forzare, saper rinunciare all’atto in quel momento, prendere coscienza del disallineamento con il proprio Io-soma-autopoiesi, decodificare i segnali che di dà, attraversarli, risalirli e trasmutarli, per posizionarsi nella condizione di rilassamento, di calma autopoietica e da lì, se le condizioni lo permettono, riprocedere.

Inoltre, non esistono tipologie di donne più inclini ad uno dei diversi tipi di orgasmo, che taluni ricercatori e ricercatrici ipotizzano esistere. Si tratta soltanto delle possibili manifestazioni della concentrazione di piacere localistiche, che sono semplicemente il segnale di una forma di riduzione del piacere, in una specifica regione del corpo, chiaro sintomo di un lavoro di espansione, ancora da formare e da potenziare.

Nelle forme della S.d.C., anche per la donna l’orgasmo non coincide con il picco di piacere più elevato: infatti, questo è la base che ne predispone altri. È come se l’uno preparasse il terreno all’altro, in un crescendo che sposta, Io-somaticamente, sempre più in profondità, l’Io-psyché, fino a vivere che i principi attivi autopoietici che formano questi picchi di piacere operano in una condizione più estesa rispetto al solo corpo fisico. È la condizione non localistica, raggiungimento che permette di vivere forme di espansione che, come caratteristica, non produce più la sensazione di aumento o di diminuzione del piacere, ma di una stabilizzazione continuativa espansa, che diviene, così, un campo di instasi e di estasi, non localizzabile. Essere autoconsapevoli del campo coscienziale e riconoscerlo come lo stesso che il partner vive, significa rendere se stessi accoglienti: è la forma d’apertura a prescindere, che non pone condizioni. Soltanto in questo modo, ci si predispone al reale ascolto autopoietico, dei contenuti. In questa condizione, non si vive il pene, la vagina dell’altro, come enti autonomi che interagiscono, ma si vive lo stato di fusionalità autopoietica, l’Universi-parte, in cui si crea. Sia per la donna che per l’uomo, il rapporto orale può rappresentare un momento molto significativo, per poter conoscere delle parti di sé. Contrariamente a come spesso viene vissuto, non è una forma di sottomissione, né una forma di potere perché arreca piacere, quanto il riconoscimento del potere altrui (e, quindi, del proprio) e rappresenta la possibilità di nutrirsi dei principi attivi che quel pene o quella vagina veicolano, attraverso l’eiaculazione, la lubrificazione. È una possibilità unica, per poter nutrirsi di un principio attivo, in grado di generare vita. È una forma d’intimità che può condurre ad insights di autoconsapevolezza autopoietica, in quanto sonno dei principi attivi che esprimono la loro potenzialità all’interno della persona che se ne è nutrita. Aprirsi a se stesso. alla propria componente non locale è unno stato dell’Io, applicabile in ogni contesto: è una forma di apertura indispensabile, per poter accedere a dimensioni più estese della sessualità. Si capisce, allora, che l’aprirsi non spetta alla donna, né il penetrare all’uomo, ma che sono funzionalità che appartengono ad entrambi, simultaneamente: una forma di androginia Io-somato-autopoietica. Se realizzate con l’intenzionalità di risalire fino alla percezione diretta del campo morfo-atomico-coscienziale, luogo in cui i principi attivi autopoietici permettono al processo funzionale della sessualità di nascere, tali unioni possono consentire di vivere direttamente l’androginia del campo coscienziale olistico-autopoietico. È il raggiungimento vissuto che segna una delle tappe fondamentali, per un ricercatore in Sigmasofia e, più in generale, nella vita. Si tratta di un percorso, non ovviamente soltanto sessuale, ma che coinvolge tutti gli opposti-complementari che troviamo in ogni essere umano e in natura.

Dal loro funzionamento e interazione, dalla differenza di potenziale, nasce tensione dell’Io-psyché, da cui può trarsi la spinta per risalire consapevolmente al sovrasensibile, al campo morfo-atomico-coscienziale.

Il congiungersi, la S.d.C. è , in alcune sue componenti, avvicinabile (ma non sono la stessa cosa) al tantrismo o al fang-pi-shy.

Nella tradizione induista, il tantra, era il tessuto su cui venivano trascritti i significati-significanti esoterici della religione. Infatti, gli opposti-complementari possono unirsi in ogni relazione o attraverso ogni tipo di espressione. Per esempio, in questo momento, con il linguaggio scritto, io penetro i lettori, che aprono il proprio Io-psyché ai contenuti che trasmetto. Le loro funzionalità possono essere penetrate e accogliere quanto da me scritto. L’unione dei due potrebbe dare vita al terzo, al figlio, all’insight intuitivo e sincronico, alla particolare riflessione innovativa che ne potrebbe nascere. La S.d.C., il congiungersi è puro dinamismo Io-somato-autopoietico.

In conclusione, il vissuto inequivocabile che l’Io-psyché ha il potere di autonomizzarsi dal sistema nervoso e cerebrale, dal corpo che lo veicola, e che in quell’autonomizzazione, disidentificazione, operano specifici significati-significanti e processi funzionali autopoietici, ci permette di vivere la sessualità senza preconcetti Io-somatici, biologici, che la costringerebbero a mera funzionalità istintivo-emozionale, in conseguenza di cui finirebbe inesorabilmente con lo stato coscienziale punto morte del corpo fisico. Tali vissuti rappresentano una base formidabile, per utilizzare nel modo più ampio la S.d.C. è il congiungersi come forma di Concentrazione-transmutazione autopoietica, di strumento di ricerca pura, nell’accezione più ampia, come forma di preghiera, di Autopoiesi, ossia di misura, di vissuto del piano inconscio autopoietico. Come può intuirsi dalle considerazioni finora fatte, la S.d.C. ha un obiettivo primario: quello di orientare l’Io del ricercatore verso il vissuto diretto del syncronicity e dell’intuitive insight, verso lo stato coscienziale Sigmasofia, anche attraverso il vissuto diretto di tale metabisogno.

Lo stato Sigmasofia permette di renderci conto che i principi attivi autopoietici dell’eros rappresentano la condizione di estasi-instasi che ha saputo porre in remissione la riduzione-collasso che denominiamo piacere-beatitudine. Tale condizione è la base per l’incontro con l’archetipo autopoietico ∑igma, che coincide con insights che faranno riconoscere significati-significanti olistico-autopoietici dell’Universi-pare transfiniti, noi stessi (per quanto concerne la sessualità vissuta come ostacolatore o meccanismo di fuga).

Omosessualità-lesbismo

Può definirsi totalmente arbitraria l’affermazione di autoriconoscersi
soltanto uomo o soltanto donna, perché, di fatto, le cose non stanno così.

In generale, si definisce

omosessuale

chi prova attrazione sessuale verso altri esseri umani dello stesso sesso e di tutto ciò che ha attinenza, collegamento con tale condizione.

Si può affermare l’evidenza che in tutte le culture del mondo è possibile trovare esseri umani che si dichiarano omosessuali.

Omosessualità deriva dal termine greco omoios che significa simile e da quello latino sexus: la fusione tra le due parole ha evidenziato il termine omosessualità.

Il fatto assume valore più rilevante, quando si partecipa-osserva che ogni essere umano, attento a se stesso, riconosce di aver passato, di aver vissuto fasi in cui sentiva o rifletteva, su tale condizione.

Per la Sigmasofia, appare chiaro subito un fatto. L’essere umano è formato da cellule e ogni cellula da un principio maschile e da uno femminile, per cui si può riscontrare la costituzione androginica autopoietica dell’essere umano, tanto che può definirsi totalmente arbitraria l’affermazione di autoriconoscersi soltanto uomo o soltanto donna, perché, di fatto, le cosse non stanno così. Questo, si verifica a livello cellulare, di struttura complessiva prevalente, ma si può anche affermare che, in tutti gli Io-soma degli esseri umani, si trovano tracce dello specifico apparato, quello proprio e anche quello appartenente all’altro sesso.

È basilare osservare che tutto l’organismo, indipendentemente dalla caratteristica morfologica di alcune specifiche parti, è formato da cellule. L’essere umano ha, di fatto, una predisposizione autopoietica bisessuale, androginica, e questa è la funzionalità che muove dietro la mutazione successiva, evolutiva, che ha orientato quel corpo a specializzarsi, fino a raggiungere quello che crede sia, erroneamente, la monosessualità e non è di particolare rilievo il fatto che abbia pressoché atrofizzato e bloccato la crescita dell’organo e delle funzioni dell’apparato complementare.

Come noto, dall’esperienza, si evince che l’Io-soma-autopoiesi è un campo unico. Quindi, di fatto, ne risulta che anche l’Io-psyché ha in sé la stessa struttura androginica, tanto che l’esperienza vissuta ci ha rivelato, con assoluta certezza, l’androginia dell’autopoiesi, del campo coscienziale olistico-autopoietico. Per questi motivi di base e per latri, che vedremo, l’omosessualità non può essere considerata un’invenzione e tanto meno una patologia Io-somatica.

Premesso quanto sopra, osserviamo insieme dei casi che ci hanno permesso di esprimere le nostre considerazioni su quest’argomento.

I ricercatori in formazione (praticamente tutti) riferiscono di avere avuto una fissazione-identificazione verso la madre (o sostituto). Questa fase, legata ai nove mesi di gravidanza e almeno al primo anno e mezzo di vita, viene introiettata e diviene patrimonio di quell’Io-psyché, tanto che, in alcuni casi, la qualità delle esperienze vissute, condivise (spesso legate alla sopravvivenza), divengono qualità dell’Io-psyché del piccolo che le introietta. In alcuni casi, come quello di Frank (il nome è di fantasia), assumono gli stessi comportamenti introiettati. Frank decise di esprimere il proprio aggredior verso le persone più piccole e del suo stesso sesso, esattamente come aveva fatto la madre con lui (e lui con la madre).

Nel suo caso, ho notato anche un altro particolare. Aveva introiettato comportamenti e azioni da parte di un essere umano, riconosciuto come donna-madre che, a sua volta, lo aveva investito di reazioni di soddisfazione. Ciò suscitava, in lui, attrazione verso l’identificazione nel femminile, tanto che riferiva di avere delle forti spinte nell’assumere le stesse modalità, appunto perché ciò era risonante, simmetrico con le atmosfere vissute da piccolo. Sostanzialmente, orientava il proprio metabisogno autopoietico a congiungersi, verso gli uomini, per naturale flusso dell’aggredior ed anche verso le donne, per le reazioni di soddisfazione indicate. In tal modo, nella propria vita, esprimeva una doppia direzione, omosessuale ed eterosessuale (il ricercatore, di cui sto trattando, non aveva il padre!).

È importante notare che queste componenti acquisite, profonde, si sovrapponevano e si allineavano con quella che era la propria costituzione autopoietica-androginica, di cui sentiva in qualche modo la presenza e la conferma, nelle sue relazioni, nei suoi atti acquisiti. Tutto ciò rinforzava il sentire come giusto per sé il proprio comportamento bisessuale che, però, era stato fortemente colpevolizzato da un’educazione sessuofobica, ricevuta successivamente.

I comportamenti, le azioni, dipendono anche da ciò che introiettiamo, da come formiamo l’Io-psyché, dal tipo di esperienze e di istinti-emozioni che viviamo dal concepimento in poi.

A ben osservare, il cosiddetto omosessuale è semplicemente una delle espressioni possibili di ciò che ha introiettato dell’acquisito, di ciò che ha ereditato Io-somato-autopoieticamente e di ciò che è come Universi-pare sensibile e sovrasensibile, locale e non locale, di cui il proprio Io-psyché mostra alcune forme ed evidenze. I comportamenti assunti tengono sempre conto di tali parti. Le ho sempre trovate.

Sempre Franck, crescendo, ricevette un’educazione che divenne castrante, colpevolizzante la sessualità, tanto da vivere la paura-fantasia che l’atto con una donna, in precedenza investito di soddisfazione, potesse arrecargli danno, castrarlo. Da qui, emerse la pulsione, verso figure dello stesso sesso, da cui poteva partecipare-osservare che non sarebbero venuti pericoli, con cui poteva mantenere l’integrità del suo pene e l’altro sarebbe stato testimone dell’esistenza di quel pene, avrebbe avuto la conferma di non essere castrato. Ridusse, così, per una fase relativamente lunga, quasi a zero i propri naturali investimenti sulla figura femminile.

Nel caso di Frank, la mancanza della figura paterna, diretta, fu significativa. I sostituti non furono all’altezza (da sua verbalizzazione). Non aveva potuto riconoscere, attraverso la figura maschile, la propria componente maschile, acquisita ed innata: ne era poco consapevole. Questo fu motivo della ricerca della componente mancante in altri uomini, poiché non era in grado di riconoscerla in sé come parte delle proprie cellule. Avendo introiettato soltanto azioni, esperienze della figura materna, Frank, ne assumeva forme e comportamenti e, sentendosi e riconoscendosi in quel modo, non poteva che agire di conseguenza, sceglieva il pladre-marito.se stesso, perché quel pezzo mancava (da verbalizzazione).

Nel caso di Laura (altro nome di fantasia), ho incontrato pressoché le stesse dinamiche. In questo caso era assente la madre, morta al momento del parto.

Aveva introiettato umori, esperienze, azioni prodotte dal padre, dalla figura maschile e quello il suo Io-psyché poteva agire e riconoscere. Esattamente come faceva il padre, riproduceva e investiva il proprio aggredior su donne più giovani, pur mantenendo, per gli stessi motivi di Frank, l’interesse verso il maschile.

In questo caso, riscontrai una differenza, rispetto a Frank: Laura ebbe i primi nutrimenti dal seno di una nutrice, il che ebbe delle valenze sessuali (per molte donne è così). Poi, fu il padre a nutrirla con il biberon, una condizione che si manifestò con una sostituzione-deviazione sorprendente. Da adulta, riferiva che con gli uomini poteva avere soltanto rapporti orali, per le, paragonabili all’allattamento al seno, che riferiva di sentire con particolare intensità. Il resto era molto simile alla stori adi Frank. Con tali esempi, voglio evidenziare il fatto che la componente acquisita può incidere profondamente sui significati-significanti che abbiniamo al metabisogno autopoietico a congiungersi e, in ogni caso, essendo l’acquisito differente per ognuno, assume un significato-significante a sé, da vivere, da destrutturare, risalire e transmutare (se si desidera farlo).

Entriamo.

Sono in grado di affermare, per averlo visto in centinaia di casi, che l’aggredior, tutte le pulsioni di ogni genere e forma, sono rivolte verso se stessi. È il metabisogno di sopravvivere che dobbiamo soddisfare: è sempre lo stesso Io-soma, a cui dobbiamo dare nutrimenti affettivi, sessuali, autopoietici. È il proprio Io-soma ciò che riconosce, sente e vive le pulsioni dell’aggredior. L’altro è strumento di questo metabisogno di soddisfazione che, in moltissime osservazioni, riguarda soltanto l’Io-soma che lo emette. In realtà, siamo in relazione con noi stessi: l’altro è lo strumento, funzionale a questa relazione. Essendo in relazione con noi stessi, riconosciamo il rapporto con la persona che assume la nostra stessa forma e caratteristica. Questo ha sempre una base di omosessualità, ma, a ben partecipare-osservare, la nostra cellula, la nostra struttura autopoietica è un androgino, quindi, quando andiamo a soddisfare l’aggredior, andiamo a soddisfare quest’essere androginico, bisessuale, autopoietico.

Tale struttura autopoietica androginica, di cui la componente omosessuale ed eterosessuale sono parte integrante, è, per così dire, lo stato coscienziale autopoietico di partenza. La condizione olistico-autopoietica non può essere considerata patologica o un’inversione, perché sarebbe soltanto un’interpretazione intellettuale che andrebbe a scontrarsi con funzionalità innate.

Tutti gli elementi che deviano da questa condizione di bi-sessualità, di androginia autopoietica, rappresentano le basi alle future somatizzazioni e deviazioni identificative, di sui il solo omosessuale o il solo eterosessuale, nell’accezione più ampia, sono riduzioni, incompletezze.

C’è da tenere presente che la componente specifica della sessualità è una delle ultime strutture che vengono create, durante la gestazione. Se l’Io-psyché rivive, riconosce la funzionalità a livello della cellula, degli atomi che lo compongono, si renderà conto che questa androginia autopoietica sarà la base, uno degli ingredienti, dei campi di forza, necessari ad esplorare l’inconscio autopoietico o campo M.A.C., da cui tutte queste funzionalità nascono.

Dopo che l’Io-soma si è formato, la sessualità, nasce, semplicemente per procreare e, nel sensibile, è necessario che l’unione avvenga con la persona di sesso opposto-complementare. Allo stesso modo, ciò è necessario per praticare le Autopoiesi olosgrafiche, ossia, come strumento che, usato in uno specifico modo, è funzionale a risvegliare consapevolmente i principi attivi autopoietici dell’eros e iniziare cos’è il viaggio conoscitivo, partecipato, verso la fisiologia autopoietica del metabisogno congiungersi, e oltre, da cui emergiamo. Il riconoscersi come uno o come donna, è una forma di riduzione-collasso identificata, che può nutrire i geni coscienziale acquisiti del razzismo, della discriminazione (…), utilizzata dell’Io-psyché che vive la condizione di superficialità, non ancora in grado di riconoscere il fatto di essere simultaneamente uomo e donna: un androgino.

In realtà, l’omosessualità e l’eterosessualità sono soltanto collassi, riduzioni, somatizzazioni, cristallizzazioni di una funzionalità autopoietica innata, da cui abbiamo deviato e che abbiamo invertito. È quest’androginia a far sì che in ogni essere umano si trovino comportamenti sessuali, omosessuali, eterosessuali e bisessuali ( e altri) che trovano espressione nell’utilizzo delle diverse identificazioni nei contenuti acquisiti e relativi campi istintivo-emozionali.

È esattamente per questi motivi che li vediamo all’opera, nel sensibile, in ogni cultura e tradizione o popolo di questo Pianeta, anche sotto forme bizzarre ed inequivocabili.

Negli anni, si è sempre verificato di incontrare ricercatori che riferivano di provare attrazione sessuale-affettiva, e di altra natura, per altri esseri umani dello stesso sesso, talvolta anche in maniera esclusiva. L’omosessualità è legata alla transessualità, perché l’eziogenesi presenta delle similitudini: entrambe provengono dallo stato di androginia Io-somato-autopoietica che ogni essere umano evidenzia, per processi innati. Il fatto che un ricercatore, che si riconosce uomo, appunto: tale condizione è detta omosessuale. Per la Sigmasofia, riconoscendo l’androginia, con tale definizione, si evidenzia la naturalità della bisessualità, per cui si tratta di una naturale manifestazione della bi-sessualità o sessualità androginica, presente in ognuno. Ripeto non esistono disforie di genere ma la naturale manifestazione dell’androginia Io-somato-autopoietica.

Ci sono specifici motivi, legati al condizionamento di riconoscersi soltanto come unico genere e prevalenze culturali che hanno creato il tabù omosessuale, presso moltissime culture.

In realtà, la sessualità è soltanto uno dei tanti applicativi dello stato di androginia innato, presente nell’Universi-parte, in noi stessi: si potrebbe parlare di androginosofia, termine che è possibile suggerire, per descrivere quanto si sta evidenziando dalla ricerca in Sigmasofia. Si tratta appunto di saggezza, presente alla radice dell’essere, manifestabile e fruibile da ognuno, ponendo in remissione lo stato identificativo e fissato sul genere.

Si evidenzia che anche l’omosessualità è tutto meno che una deviazione patologica della sfera sessuale.

In questi vissuti e accezione, anche il termine gay dovrebbe trovare una sua naturale evoluzione.

L’omosessualità è uno stato di passaggio del riconoscimento dell’androginia che trova applicazione nella sessualità-affettività, ma, essendo di passaggio come la transessualità, è destinato a riconoscere che l’essere umano dispone di entrambe le facoltà espressive, cioè della sessualità androginica. È poi l’autodeterminazione di ognuno a viverla, come ritiene opportuno e come sente, ma quello che esiste è la disponibilità che ognuno può agire. Il non riconoscimento vissuto di tale condizione naturale è una delle cause fondamentali dell’omofobia che, solitamente, genera situazione sociali pesanti, violente.

Il confine tra eterosessualità e omosessualità non può essere, e mai sarà netto, mai potrà essere riconoscibile, appunto perché quelle condizioni sono costruzioni dell’Io-psyché che vuole viverle, in quel modo riduzionista, atto legittimo, ma che non tiene conto delle potenzialità complessive di cui disponiamo. Ognuno può potenzialmente produrle entrambe, per cui preferiamo parlare di androginia sessuale (bisessualità che il ricercatore potrà applicare e specializzare come ritiene opportuno. Un altro dato è che il corpo ha bisogno di creare il metabisogno congiungersi (che include appunto sessualità, affettività ecc) e tale produzione si manifesta ognidove, ad esempio si esprime nella sessualità situazionale. In molte caserme, carceri, conventi, dove ci sono tra uomini e donne, si evidenzia la pratica della sessualità tra esseri umani dello stesso sesso, appunto, la omosessualità situazionale: si tratta di sessualità androginica, applicata in quel modo. La riscontriamo nei comportamenti o nei giochi dell’infanzia che assumono la valenza sessuale, in conseguenza dell’agire del metabisogno congiungersi, rendere indifferenziato il cosiddetto oggetto delle proprie pulsioni non è una patologia mentale, bensì la manifestazione in quel modo delle funzionalità innate, indicate. La troviamo nei vissuti di esseri mani che, per necessità economiche, si prostituiscono, non importa se con altri esseri dello stesso sesso o di quello opposto.

La formazione vissuta al riconoscimento dell’androginia sensibile e sovrasensibile, localistica e non locale, dell’Universi, di cui siamo parte integrante, ci induce a riconoscere la specifica corrispondete pulsione autopoietica interna che, nulla ha a che fare con forme e significati, soltanto acquisiti, culturali. La spiegazione innatista da noi assunta è quella, per cui androgini (come principi attivi che formano l’ontos psicosomatico) si nasce, la bisessualità o sessualità androginica è innata. Non si tratta, come dice l’O.M.S. riferendosi all’omosessualità, di una variante del comportamento umano, bensì si tratta di un applicativo della naturale e innata condizione androginica.

Omosessuali non si diventa, così come non si diventa eterosessuali o trans-sessuali: sono tute diverse manifestazioni di un’unica funzionalità innata, applicativi da vivere risalire e transmutare, fino ad arrivare a riconoscere il principio attivo androginico innato, anch’esso, a sua volta, da esplorare nelle proprie funzionalità l’eterosessualità è utilizzata come strumento attuale, per riprodursi e non è lo stato di default. Esistono altre ipotesi, pima della nascita della riproduzione sessuata (che si fa risalire a circa due milioni di anni fa) come ad indicare che esistono altre forme di concepimento, di autoconcepimento, dell’Universi. L’omosessualità, così come l’eterosessualità, non può essere interpretata come patologica bensì come condizione, esprimibile dall’essere umano che, di fatto, da sempre, le esprime attraverso atti, azioni che implicitamente evidenziano l’esistenza in noi stessi e la volontà che l’Io assume ad esprimerle. Ognuna ha finalità specifiche ovvero produrre piacere psicosomatico, e procreare: nella S.d.C è produrre beatitudine, estasi e conoscenza localistica e non locale. Ogni Io-psyché potrà autodeterminarsi, in base alla propria autoconsapevolezza, sempre migliorabile.

L’eziologia olistico-autopoietica, che sto indicando, ha raggiunto affidabilità, attraverso il vissuto diretto dei ricercatori e, quando raggiunta, ha sempre saputo mettere d’accordo tutti, uomini e donne, che hanno saputo viverla. Per questo motivo, l’androginia Io-somato-autopoietica è da considerarsi una questione affrontata, conosciuta, vissuta e, in qualche modo, negli applicativi, definitiva: resta aperta la questione del vissuto dei principi attivi olistico autopoietici, tecnicamente in grado di formare lo stato di androginia dell’Universi-parte, di noi stessi.

L’attrazione sessuale-affettiva sentimentale tra donne è riconosciuta con il nome di lesbismo, da cui il termine lesbica. Il termine deriva dall’isola di Lesbo, dove la poetessa Saffo, nelle sue liriche, esaltò la bellezza dell’eros vissuto tra donne, che anch’esse abbinano all’orgoglio di esserlo. Le denominazioni utilizzabili sono uraniste, saffiche, tribali (…). Anche tale stato non ha nulla a che vedere con problematiche psichiatriche: è sempre la stessa pulsione dell’eros e l’androginia innata a manifestarsi, in quella fase, di passaggio. Non può esistere la cultura lesbica o gay: la cultura è un processo comune all’essere umano, di qualunque genere sia o qualunque scelta faccia.

Il lesbismo è espresso da un corpo che, come principi attivi, veicola anche la componente maschile, quindi non è soltanto funzionale all’uomo, ma è ad esso integrato, e viceversa, per gli omosessuali. Possono no procreare, ma potenzialmente ne hanno la facoltà: è l’androginia in azione. Non ci sono atti obbligatori, anche se identificazioni e condizionamenti sociali sembrano esprimere quello, l’autodeterminazione è attuabile, potenzialmente da tutti e non esiste, come ho sentito verbalizzare, una eterosessualità obbligatoria, se non per l’Io-psyché, condizionato in quel modo.

Il lesbismo no è una sorta di meccanismo di difesa da presunte dominazioni maschili, ma una naturale e possibile manifestazione delle funzionalità del corpo, quando produce il bisogno-desiderio di provare piacere o, se più formato a se stesi, beatitudine estasi ecc.

Transessualità

Un possibile stato Io-somato-autopoietico,
propedeutico al riconoscimento
dell’androginia olistico-autopoietica.

La Trans-sessualità è lo stato Io-somato-autopoietico, in conseguenza del quale

l’Io-psyché di alcuni ricercatori riferisce di sentire, di provare il bisogno-desiderio di appartenere alla sessualità, opposta a quella in cui si riconosce.

Dal punto di vista genotipico e fenotipico autopoietico, l’essere umano, a livello profondo, è un androgino, in quanto composto dalla componente maschile e da quella femminile. Quindi, il voler transitare da un livello di autoriconoscimento all’altro è del tutto naturale, in quanto si esprime con maggiore pienezza la propria realtà androginica autopoietica, innata che, paradossalmente, è ancora incompleta, anche se si tratta di una consapevolezza molto distante, rispetto a quella convenzionale, prevalente, negli esseri umani di questa epoca.

Pur sentendola, il trans-sessuale, ancora non riconosce pienamente la funzionalità autopoietica androginica, da cui si evidenzia: in lui, come in ognuno, è riscontrabile la presenza dei principi attivi autopoietici che possono formare gli organi sessuali di entrambi i sessi.

Il trans-sessualismo diviene un ostacolatore-discrasia, soltanto quando l’Io-psyché rifiuta il proprio sesso, per identificarsi nell’altro e, come verbalizzato da alcuni ricercatori, può assumere la forma del conflitto con se stessi, se ne individua una prova, nel fatto per cui spesso l’Io sente di assumere ormoni sessuali dell’altro sesso o di ricorrere alla chirurgia. Non si tratta di una natura Io-somatogena, bensì, nel percorso formativo, si tratta di un raggiungimento di autoconsapevolezza intermedio che, pur assumendo talvolta forme conflittuali o mutilanti, alla visione olistico-autopoietica, appare l’evidenziazione di un possibile stato Io-somato-autopoietico, propedeutico al riconoscimento dell’androginia olistico-autopoietica.

Esistono alcuni esseri umani che nascono con le gonadi dei due sessi, indicando, così, uno stato di simmetria con l’androginia coscienziale, da cui scaturiscono, per cui la completezza sessuale è evidente, anche sul piano somatico, fisiologico e morfologico. La costituzione Io-somato-autopoietica dell’androgino dipende da un migliore funzionalmente ormonale: è ovvio il riconoscimento in noi stessi della co-presenza dell’uomo-donna, tanto è vero che proprio, da tale riconoscimento vissuto, è possibile ottenere forme di auto-conoscenza non proiettiva, in cui anima e animus sono simultaneamente presenti nel campo coscienziale olistico-autopoietico, inteso come riferimento della totalità coscienziale, da cui ogni Io-psyché si evidenzia, di cui l’androgino è la perfetta manifestazione sessuata.

Quando ci si trova di fronte a un ricercatore che manifesta l’identità sessuale incompleta, riconoscendosi soltanto come uomo, donna o trans, che non è consapevole della propria naturale funzionalità androginica, che non riesce ad assumere le necessarie caratteristiche di un essere umano autopoietico e che non evidenzia la funzionalità androginica, ci troviamo di fronte ad una Io-discrasia.

L’Io-psyché dell’essere umano che riferisce di essere trans-sessuale riferisce di vivere la sensazione forte, intensa di non riconoscere come propria, consona a se stesso la propria sessualità.

  • Se è un essere umano uomo indica la tendenza a voler essere e a riconoscersi come donna;
  • Se è un essere umano donna indica la tendenza a volere essere e a riconoscersi come uomo.

Anagraficamente e fisiologicamente, non si riconosce. Per questo motivo, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Manuale di Classificazione dei Disturbi Mentali, IV edizione), individua l’essere umano trans-sessuale come colui o colei che soffre di disturbo dell’identità di genere o disforia del genere. Tale avversione, distonia, disforia verso una componente della propria sessualità può svilupparsi a qualunque età (anche nei primi anni di vita).

La trans-sessualità è uno stato Io-somatico che può entrare in remissione (vedremo come), dopo un’adeguata formazione vissuta a se stessi: non si tratta di curare qualche cosa, in quanto non è una patologia. La Sigmasofia autorigenerativa olosdireziona l’essere umano trans-sessuale, alla presa di consapevolezza, non alle terapie endocrinologiche e/o chirurgiche, per iniziare la transizione, bensì verso la presa di consapevolezza dell’androginia Io-somato-autopoietica, testimoniata dalle cellule composte dal principio maschile e da quello femminile (spermatozoo e ovulo) che indicano, inequivocabilmente che, di fatto, ognuno è l’integrazione di entrambi i generi e sentirli, viverli. È la manifestazione sensorio-percettiva di tale androginia. Infatti, l’accettazione vissuta dell’androginia fa sentire a proprio agio il soggetto che la vive, riconoscendo tale bi-sessualità in azione.

Non si tratta di far scomparire un disturbo: l’androginia è uno stato evoluto di coscienza, di consapevolezza, di enorme interesse pedagogico, esistenziale. Tale formazione a se stessi, se ben eseguita, consente di riconoscere processi innati, ecologici, da cui tutti, indistintamente, ci evidenziamo. Ognuno è formato da cellule che hanno quel doppio principio, all’essenza, indipendentemente da come successivamente si sono specializzate formando il cosiddetto uomo e la cosiddetta donna: a livello microstrutturale, di cui siamo parte, quella differenziazione non esiste. Per questo motivo, i tentativi di cura sono stati e sono fallimentari, semplicemente perché non si tratta di una patologia, ma di unno stato innato dell’essere, da riconoscere e da vivere. Non si tratta di adeguare il corpo alla psyché, perché i due sono già un processo unico, inscindibile, si tratta di prendere coscienza delle reali funzionalità, da cui siamo composti e viverle.

Il riconoscimento vissuto dell’androginia Io-somato-autopoietica, che siamo, pone in remissione ogni proiezione che indica inquadramenti psichiatrici di quella condizione o interventi della medicina e della chirurgia: non esiste disforia, ma, al massimo, si evidenzia euforia, quando il soggetto inizia a vivere lo stato di androgina, riconoscibile come maggiore completezza dello stato di autoconsapevolezza.

L’eziogenesi della trans-sessualità è nota. Nasce dalla struttura bi-sessuale o androginica della cellula e il corrispettivo coscienziale, inscindibile da essa, non può che evidenziarla. Da sempre, riscontriamo l’esistenza di entrambi i generi, in ogni essere umano, finora incontrato.

Nella trans-sessualità, troviamo di tutto, tranne qualche cosa assimilabile, nemmeno lontanamente al disturbo mentale. La predisposizione genetica alla transessualità deve essere intesa come la naturale evidenziazione di tale funzionalità innata che, nel cervello, si evidenzia come morfologia funzionale e simmetrica allo stato biologico androginico, da cui l’essere umano nasce.

Infatti, a comprova di ciò, sussiste il fatto che la pulsione transessuale si evidenzia in entrambe le direzioni di transizione: esistono transessuali maschi, transizionati femmine e transessuali femmina, transizionati maschi i cosiddetti, FtM e MtF. Si tratta dell’indicatore del fatto che l’Io-psyché sta tentando di uscire dallo stato millenario di condizionatamente o Io-somato-autopoietico che ci costringe a riconoscerci, proiettivamente e in modo razzista, come soltanto uomini o come soltanto donne, trascurando e tradendo l’evidenza innata, naturale, attualizzando una condizione contro natura, scambiata per normalità. Il riduzionismo al riconoscimento di essere solo uomini o solo femmine è lo stato discraiotico che, in Sigmasofia, stiamo tentando di reintegrare.

La trans-sessualità è soltanto un momento di passaggio del lavoro di autoconsapevolezza dell’Io-psyché: per questi motivi, non richiede ostentazioni ma soltanto il proseguimento di quel tentativo di presa di consapevolezza, fatto che contribuirebbe a ridurre lo stato di trans-fobia che riconosciamo socialmente, conseguente al condizionamento, indicato sopra.

La trans-fobia, per così dire, è un parente stretto dell’omofobia, della discriminazione. In un contesto, in cui la scienza ci dice che tutto è atomicamente e coscienzialmente legato e inscindibile, che, a livello di funzionalità micro-strutturale, tutti siamo parte dello stesso corpo (parte-Universi), quella discriminazione è rivolta verso se stessi. Non si riesce proprio a capire, perché la società debba auto-aggredirsi, lungo una fase di transito della propria presa di consapevolezza sui significati-significanti dell’esistenza.

La trans-sessualità non dovrebbe comportare la netta trasformazione del proprio corpo da un genere all’altro, ma l’evidenziazione di entrambe le morfologie, il che comporterebbe una totale inversione-valutazione dell’essere umano: l’androgino donna e l’androgino uomo. Attraverso questa trasformazione, anche l’omosessualità tenderebbe ad assumere l’espressione della bisessualità o sessualità androginica che può, ancor più, divenire S.d.C.

La trans-sessualità, che conduce all’androginia, evidenzia sia la capacità di penetrare sia la capacità di essere penetrati, condizione che, ad esempio, nella coppia eterosessuale è formidabile per la creazione del figlio, come per il corrispettivo coscienziale. Non si tratta di rinunciare all’uno per l’altro, ma di evidenziarli entrambi, nella pienezza della funzionalità (naturale). In tal modo, prenderemo coscienza che la natura innata, gli automatismi autopoietici sanno che cosa fare, così come è sempre stato. Di fatto, non si può ripudiare lo stato di transessualità, in quanto è una condizione di passaggio formativa a se stessi, naturale. Ovviamente, non mi riferisco al fatto di cambiare sessualità, ma di procedere verso la consapevolizzazione dell’androginia e di lasciare agire la natura.

Ho sentito dire che la società spingerebbe il transessuale, verso la prostituzione: a questo, è possibile ribattere come per ogni altro essere umano che quelle scelte dipendono dal principio di autodeterminazione di ognuno e non da eventuali pressioni che, in ogni caso, trovano l’Io-psyché ad accoglierle, o meno. non ci sono circoli viziosi, poiché l’autodeterminazione è nelle facoltà di ognuno, anche in chi si trova ad essere in transizione verso forme di autoconsapevolizzazione, maggiormente estese.

Allo stato attuale, l’essere umano, che si ritiene trans-sessuale, deve, in primis. Rivolgersi a se stesso, per orientarsi al riconoscimento che non si tratta di disturbo dell’identità di genere, ma di una manifestazione dell’androginia. Dopo questo riconoscimento, è importante intraprendere un orientamento formativo, per la consapevolizzazione ulteriore dell’androgina che non richiede estrogeni, anti-androgeni, testosterone: gli ormoni sono già naturalmente creati dal corpo. Quando c’è la reale accettazione dell’androginia, non nascono pulsioni, spinte monodirezionali, necessità di trattamenti estetici-chirurgici quali la rimozione della barba, mastoplastica additiva, rimodellamenti del corpo, e similia.

L’accettazione di ciò che, per natura, si è, evita l’applicazione d’interventi sovrastrutturali, legati all’acquisito culturale, convenzionale dell’epoca, innescando miglioramenti significativi dello stato Io-somatico complessivo. In particolare, mi riferisco all’inutilità innata id procedere verso interventi chirurgici di conversione sessuale, quali la penectomia, orchiectomia e vaginoplastica per i trans; mastectomia, isterectomia, falloplastica o clitoridoplastica, per le trans. Tutto ciò, soprattutto perché si creerebbe una pseudo condizione dello stato sessuale opposto che, a sua volta, per i motivi indicati e per cambio di stato Io-somatico, potrebbe spingere il soggetto verso un ulteriore cambio, appunto perché l’androginia esiste a livello innato. Effettivamente, esistono pochissimi casi di doppia transizione, potenzialmente possibile. L’androginia vissuta pone in remissione definitiva tale enantiodromia psicosomatica e, ribadisco, non mi riferisco soltanto alla sessualità fisica, ma a processi che coinvolgono l’intero Io-soma-autopoiesi.

È ovvio che l’androginia non può far altro che esprimere la bisessualità o la sessualità androgina autopoietica, in cui tutti i principi e le funzionalità, maschili e femminili, sono perfettamente ed armoniosamente integrate, in cui si vive una riduzione di conflittualità, che ogni Io-psyché monosessuale prova nell’assunzione di un a sessualità, di fatto, incompleta.

Tale funzionalità androginica, come dimostra l’ermafroditismo anatomico, evidente in ognuno, è proprio dell’incompletezza e dell’a-normalità autopoietica. Nella prevalenza degli esseri umani attuali, si può notare, infatti, un’incompleta formazione degli organi genitali maschili e femminili, nella presenza di tracce dell’apparato di entrambi i sessi in ognuno, che continuano a sussistere, pur avendo cristallizzato, ridotto, ogni funzione, restando, quindi, organi rudimentali e perciò incompleti. Qui, la dimostrazione della natura autopoietica dell’essere umano bi-sessuale che, per specifiche mutazioni genetiche, riduzioniste e collassanti, è mutata fino a raggiungere la monosessualità, lo stato di atrofizzazione e di disfunzionalità: elemento che concorre a dimostrare il perché, anche al livello dell’Io, molti abbiano represso nell’inconscio la rappresentazione (anche soltanto psichica) del sesso opposto-complementare. La rieducazione formativa alla bi-sessualità e all’androgina è uno degli aspetti formativi che il ricercatore può richiedere. Sicuramente, tale ri-educazione avviene sul piano dell’androginia dell’Io.

Sono consapevole che ripristinare la mutazione genetica, in conseguenza della quale il corpo fisico si è specializzato nella omosessualità, è difficilmente raggiungibile ma, pur indicando una maggiore completezza, ciò è relativamente importante, in quanto la riproduzione sessuata, utilizzando i corpi, è stata preceduta da altro funzionamento come la clonazione autopoietica naturale. Ciò indica funzionalità, mosse dal campo coscienziale olistico-autopoietico che, ad ogni approfondimento vissuto, si riscontra come autopoieticamente determinata. Per questo motivo, pur formando l’Io-soma-autopoiesi ed una simmetria vissuta con i principi attivi autopoietici e, quindi, ri-predisponendo la funzionalità verso la ricostituzione dell’androginia somatica, la formazione in Sigmasofia evidenzia prevalentemente le funzionalità androginiche dell’Io, che trovano perfetta applicazione nell’azione bios-etica quotidiana, consapevoli dello spazio autoformativo di ripristino, necessario alla realizzazione dell’androginia autopoietica del corpo.

Sonno consapevole che l’approccio indicato non è condiviso dalla maggioranza delle persone e delle istituzioni, a cui questo orientamento è stato presentato ma è quanto nasce dalla sperimentazione diretta, realmente praticata.

Transgenderismo

La formazione vissuta a se stessi
evidenzia che lo sterotipo di genere
va in remissione

In molti ricercatori, si riscontra una logica, spesso condizionata, etero-sessista e genderista, secondo cui i sessi sono soltanto due e l’identità corrispondente al genere (maschile o femminile) deve essere corrispondente, in base ad acquisiti socio-culturali convenzionali. Riconoscendo lo stato di androginia Io-somato-autopoietica, attraverso il vissuto diretto, il ricercatore in Sigmasofia assume la presenza in sé dei due principi attivi, il maschile e il femminile integrati, riconoscendosi, quindi, più nel termine transgender che non in altri. La formazione vissuta a se stessi evidenzia che lo stereotipo di genere va in remissione, non appena si raggiunge la consapevolezza indicata.

Non siamo una realtà duale maschio-femmina, ma androginia unitaria, indivisibile che si manifesta in quelle morfologie ma pur sempre appartenendo a questa unità strutturale dimostrata anche dallo stato delle microstrutture intatti, ripeto tutto è atomicamente e coscienzialmente legato e inscindibile.

La consapevolezza dell’androginia ci fa riconoscere come tali e le posizioni intermedie assumibili, il maschile e il femminile sono sempre ricondotte a questo terzo, per così dire, genere sessuale, considerato di default.

Da questo punto di vista, ogni singolo essere umano può dire di se stesso che nelle transizioni autoformative può riconoscersi in modo attendibile come transgender o trans-sessuale, in quanto, indipendentemente da ciò che sente, la natura gli dice di essere un androgino, processo inequivocabile sul piano coscienziale. L’androginia non assume il travestitismo o il cross-dresser, ma decide liberamente come vestirsi, senza condizionamenti culturali di genere.

Tutti abbiamo vissuti continui di attraversamento continuo di genere, coscienzialmente parlando, e lo sappiamo: la coscienza non è separabile dal soma, per cui transgender non sono i transessuali, non operati ai genitali: interpretazione iper-collassata e riduzionista.

Per chi ha volontà di polemica, per la scelta dei nomi, possiamo affermare che è irrilevante utilizzare il termine androgino o il termine ginandroide: l’importante è vivere al funzione innata, il nome non importa. La genetica e ciò che crea la genetica è il fondamento, sempre, delle identità di genere, che sono inscindibili, il genoma non è un mero dato biologico, verificabile al concepimento e alla nascita, in quanto è evidenza di principi attivi olistico-autopoietici, da vivere, che muovono sempre alla radice essenziale di ogni identità. Ove questa ne fosse consapevole, attraverso il vissuto diretto, ipso facto, cambierebbe e modificherebbe la propria visione, solitamente identificata e fissata, appunto, nella sola identità acquisita (che è lo stato di scissione schizoide, fondamentale dell’essere umano).

Bisessualità

Bi now androgyne later

Lo stato di androginia Io-somato-autopoietica innata evidenzia la sessualità, assimilabile in alcuni applicativi alla bisessualità che, per molti, significa trarre piacere, provare sentimenti erotici e avere rapporti sessuali con esseri umani del proprio e dell’altro sesso. Detto questo, è giusto specificare che, anche se la sessualità androginica può avere alcune similitudini nella bisessualità, trova forme di emancipazione da essa, intendendola come vissuto di stati olistico-autopoietici di coscienza, durante la pratica della sessualità, in piena consapevolezza di essere androginia in azione. Quindi, di conseguenza, il termine bisessualità p considerato propedeutico alla S.d.C.

In ogni caso, l’orientamento bisessuale è maggiormente simmetrico alla S.d.C., rispetto ad altri comportamenti, maggiormente identificati nel genere.

La bi-sessualità (o pan-sessualità, o omni-sessualità) non significa essere provvisti di organi riproduttivi, sia maschili che femminili, quanto di avere in circolo principi attivi androginici comuni, da cui si evidenziano. Se realmente vissuti, tali principi sono determinanti, nella scelta dell’orientamento sessuale.

Il termine pan-sessuale sarebbe più appropriato in quanto ogni Io-psyché può assumere di vivere la sessualità con chiunque uomini, donne, transessuali, transgender, però sono tutte denominazioni è sempre la parte-Universi essere umano in azione, potenzialmente produttore di tutte le possibili esperienze sessuali.

È curioso verificare come la bi-sessualità sia criticabile e criticata da molti omofobi, in quanto prevede la pratica della sessualità con entrambi i generi e, quindi, esprime sicuramente una componente omosessuale. Tuttavia, anche gli eterofobi (gay identificati soltanto nella propria modalità) possono stigmatizzarla, in quanto il bisessuale può vivere il rapporto con il sesso opposto. Si tratta di incredibili giochi proiettivi dell’Io-psyché, manifestati da ricercatori.

Talvolta, i bisessuali sono oggetto di bi-fobia, in ogni caso, ancora non molto manifesta nella popolazione. Il bisessuale è più complesso da individuare, da decodificare, appunto perché assume comportamenti che integrano le modalità etero e omosessuali: l’una riduce l’influenza dell’altra. Pur manifestandosi entrambe, tale condizione riduce i cliché di cui, di solito, vengono fatte oggetto di identificazioni in un solo genere, l’uno visto ovviamente dall’altro.

Nei fatti, il bi-sessuale estende l’identificazione in un solo genere ed evidenzia maggiore simmetria con le funzionalità innate, veicolando più intensità di transmutazione dello stereotipo maschile o femminile. Il bi-sessuale, di fatto veicolando più azione e apertura, alla lunga risulterà maggiormente visibile alla riflessione pubblica. La bi-sessualità non significa nascondersi alla disapprovazione sociale della omosessualità, ma la sua trascendenza dopo averla integrata come possibilità esprimibile tanto da poter affermare

Bi now androgyne later.

Lo stereotipo, spesso, inchioda il bi-sessuale: infatti, l’etero sessuale, identificato in se stesso, lo giudica come omosessuale mascherato e l’omosessuale lo giudica come un non assunzione di essere omosessuale, per paura del giudizio. Incredibilmente, come la comunità gay, la comunità bi-sessuale si è data come simbolo la cosiddetta

Bi-pride flag,
bandiera dell’orgoglio bisessuale.

bandiera dell'orgoglio bisessuale

La bandiera è costituita da tre colori diversi:

  • in alto, la striscia rosa rappresenta l’orientamento omosessuale,
  • in basso, la striscia blu rappresenta l’orientamento eterosessuale,
  • al centro, la striscia viola simboleggia la combinazione tra i due orientamenti sessuali.
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