P.Si.: ESTRAPOLAZIONI DI DOMANDE DAGLI OSTACOLATORI
(…) partì per un viaggio, per conoscere, vivere (…)
Uno degli obiettivi della P.Si. è quello di porre in remissione gli ostacolatori al naturale, innato ed ecologico flusso di vita, di intenzionalità e di progetti che ogni Io-psyché produce, per assumere il principio di responsabilità di essere
libero di (…) esprimere ogni intenzionalità ed autodeterminazione,
libero da (…) ogni ostacolatore, condizionamento,
per esprimere in libertà olistico-autopoietica la propria integralità innata,
ecologica e il relativo significato-significante acquisito, per essere ad
esso simmetrico.
Allo scopo di concretizzare questa intenzionalità, la P.Si. propone delle azioni pratiche, concreate, utili a prendere coscienza di quanto assumere a porre in remissione le proprie discrasie e gli ostacolatori alla libertà olistico-autopoietica, alla creazione del principio attivo di autodeterminazione-realizzazione.
Si vivranno gli ostacolatori come pare integrante di sé, come patrimonio prodotto dal proprio Io-psyché; si entrerà in essi, per conoscerli in ogni loro diramazione. Seguir il processo di Concentrazione-transmutazione, per vivere ciò che li forma e per riconoscere l’in-formazione, il messaggio che veicolano e, se ritenuto opportuno, riconoscere e agirne l’azione correttrice.
Entriamo nel merito.
Ci possiamo ora chiedere: che cosa sono gli ostacolatori? (dell’archetipo acquisito b.)
L’ostacolatore, come detto, impedisce l’integrale e naturale flusso della pulsione olistico-autopoietica a vivere, cioè l’espressione integrale delle emozioni, degli istinti, dell’organizzazione razionale e, soprattutto, delle consapevolezze dei processi localistici e non locali della coscienza.
Tuttavia, scopriremo che l’ostacolatore a vivere è un processo che permette di consapevolizzare la pulsione stessa a vivere: procedendo senza ostacoli, la pulsione non creerebbe momenti di variazione-contrasto da se stessa, ciò che può appunto permetterne il riconoscimento. Un esempio: se, durante la gravidanza, nel corpo materno si vive ad una temperatura di 36°; nascendo, si incontra una temperatura differente dell’ambiente, che può essere per esempio di 22°. Ebbene, i tutori ci insegneranno a denominare quella variazione-contrasto con il termine temperatura. Si tratta di una pesa di consapevolezza di un processo che, altrimenti, senza creazione dell’opposto-complementare, non avremmo potuto riconoscere. Allo stesso modo, se partecipiamo il fatto che, durante la gravidanza, il soddisfacimento dei bisogni primari o metabisogni, avveniva in fusionalità, per osmosi, attraverso il corpo della madre, scopriamo che, nascendo, quell’automatismo subisce una variazione-contrasto e si organizza attraverso la produzione di bisogni primari non più legati alla fusionalità diretta. I tutori ci insegneranno a leggerli e a decodificarli come inizio di una forma di auto-individuazione riconosciuta.
L’ostacolatore può esser vissuto, letto, sentito come variazione-contrasto di n altro, come opposto-complementare, non importa se positivo o negativo, semplicemente può impedire il naturale flusso. Se ci si autodetermina a vivere l’ostacolatore e il facilitatore, per il tempo della presa di consapevolezza del messaggio, dell’in-formazione che veicolano, sono perfettamente funzionali; se invece l’Io-psyché che li produce, vi si identifica e fissa, può somatizzarli, ossia può far assumere loro la forma discrasica patologica che, attraverso i sintomi, ci in-forma a sua volta che quel flusso si è interrotto.
Quindi, ogni prodotto dell’Io-psyché può assumere la forma di ostacolatore e di facilitatore: una importante finalità della P.Si è vivere che cosa in noi sia tecnicamente in grado di creare ciò che denominiamo ostacolatore, facilitatore, discrasia, salute, e così via.
Tutte le variazioni-contrasto, gli opposti-complementari creati sono nella coscienza, nell’Io-soma-autopoiesi di ogni essere umano. La ripetizione, per identificazione, crea pensieri ed emozioni abbinati, ripetuti, che strutturano in noi veri e propri gruppi, insiemi, di variazioni-contrasto. Un esempio preso dalla vita vissuta: per motivi di funzionalità psico-somatiche, un ricercatore riusciva a trovare lavoro (era laureato), ma dopo poco tempo puntualmente faceva delle azioni che costringevano il suo datore di lavoro a licenziarlo. La cosa si ripeté sette volte e, all’ultima, la difficoltà a trovare un nuovo lavoro e la mancanza di denaro crearono in lui stati d’animo di enorme preoccupazione. Ciò lo costrinse a produrre forti e ripetute intensità di ansia (ogni giorno si mangia, necessità che non poteva soddisfare), tanto da creare in sé uno stato di tensione, di rabbia, di prostrazione e di disperazione di fondo. Ebbene, quando a tutto ci si aggiunse un’ulteriore problematica, questo stato raggiunse un livello d’intensità così forte che l’Io-psyché non ce la fece a contenere, fungendo da detonatore alla fuoriuscita, all’emissione die tutti gli altri stai registrati, memorizzati in lui, in un unico blocco: si manifestò ciò che denomino aggredior-out. In quel caso, la fuoriuscita dell’aggredior si sintetizzò in un pianto disperato, infinitamente lungo, incontenibile e ingestibile, sia da lui stesso sia da chi lo aveva in carico. Dopo venti minuti interminabili, svuotato, liberato, si adagiò al suolo, in posizione fetale, nel chiaro intento di essere contenuto.
In un altro caso, un ricercatore molto colto, fine, amorevole in qualunque situazione, ad un certo momento, il fatto che la moglie lo lasciò, scegliendo un altro essere umano, palesemente e a detta di tutti egoista, rozzo, selvaggio, senza cultura e perfino non molto bello, secondo i parametri convenzionali, fu un detonatore formidabile per l’uscita fuori, in un unico blocco,, di stati di coscienza, di pensieri, di azioni, che aveva integralmente coperto, con l’assunzione di quelle buone maniere e buoni comportamenti, con il pensiero positivo, così definito da lui, reiterato e imposto. L’aggredior-out si manifestò con la fuoriuscita disperata di parolacce, di sproloqui e insulti, mischiati a pianti e a risate isteriche, anche quelle intensissime e interminabili. Al finale, manifestò gesti di auto-aggressione, si diede una bastonata al centro della fronte, procurandosi gravi lesioni e con i pugni sfondò una porta, fratturandosi gravemente le dita delle mani.
Si scoprì che, per assumere quel buonismo, in favore della famiglia, degli altri, aveva rinunciato a vivere una parte di s, che fin da ragazzo sentiva fortissima, la propria bi-sessualità. Il suo sogno era vivere la propria sessualità e affettività sia con donne sia con uomini, e, possibilmente, con entrambi, realtà improponibile e inaccettabile dalla pedagogia che da sempre aveva vissuto. Tale spinta all’esterno si traduceva “con l’altruismo, con il pensiero positivo2 (da verbalizzazione).
In altri due casi, di cui non entro nel merito, l’ostacolatore estrinsecò con il suicidio e con l’uccisione di tre persone della famiglia, con diverse motivazioni d’innesco. L’aggredior-out non si manifesta improvvisamente e da solo, ma è sempre l’espressione di vissuti che si sono accumulati nel tempo e di cui quell’Io-psyché poteva semplicemente accorgersi. Quando queste pulsioni vengono continuamente represse, possono entrare in circolo, essere emesse in un unico blocco, in un unico atto o stato di cosiddetta crisi.
Un ultimo esempio.
Un’altra ricercatrice, alla quale era stato imposto si sposare una persona che lei non voleva e con cui generò tre bambini, creò dentro di s^ un mondo di fantasie, di rapporti con altre persone e forme di aggressività verso i bambini. Verbalizzò successivamente di provare quella violenta rabbia, perché proiettava sui piccoli le proprie gravidanze indesiderate, frutto di relazioni non volute e soltanto a vedere i bambini si ricordava quei momenti per lei terribili. Si rese conto di aver sposato quell’uomo e di aver concepito quei figli, perché a quel tempo non aveva avuto la forza di seguire la propria intenzionalità di vita che era semplicemente quella di viaggiare, di conoscere e di avere molteplici relazioni di ogni tipo. Fu così che quella situazione la portò a somatizzare u fibroma molto gande all’utero, e altro (il nesso fu elaborato dalla ricercatrice stessa), diagnosi che prevedeva di lì a poco la morte. Fu il detonatore che la spinse ad andare in banca, dove aveva qualche risparmio che ritirò. Poi, senza salutare nessuno, partì per un viaggio, per conoscere, per vivere, decisione che immediatamente la aiutò ad essere simmetrica con l’intenzionalità che aveva sempre voluto, pensato.
Nel giro di veramente poco tempo, produsse la remissione spontanea di quel fibroma, assunse di stare via per tre anni, rientrò, divorziò e riprese ad occuparsi in qualche modo dei figli, in modo meno proiettivo e aggressivo.
Queste situazioni di vita appena descritte, ci indicano la necessità prioritaria di vivere, di conoscere la propria coscienza, i contenuti, le variazioni-contrasto, gli opposti-complementari, il loro andamento enantiodromico. Ì inoltre importante rendersi conto di quali siano quelli ripetuti, consciamente e inconsciamente, quelli cristallizzati, in cui ci si è identificati-fissati. Lo scopo ‘ viverli, comprenderli, risalirli, transmutarli e applicarvi l’azione correttrice, per ripristinare il naturale flusso eco-sistemico del campo istintivo-emozionale, dei significati simmetrici. Ciò allo scopo di olos-direzionarsi verso le funzionalità innate, che permettono di agire variazioni-contrasto, opposti-complementari, dicotomi, dualità, enantiodromie, utilizzandoli per produrre consapevolezza, per risalire al vissuto della fisiologia e dei principi attivi, da cui tutto ciò nasce.
TAVOLA OLISTICO-AUTOPOIETICA
- Rievocando le tue esperienze, dal concepimento al momento attuale, con l’aiuto di queste prime semplici informazioni, descrivi che cosa è per te l’ostacolatore, che cosa nella tua vita sta bloccando la tua intenzionalità, la tua volontà intima, profonda.
- Formula una sintesi di tali riflessioni e racchiudile in una legge, in un aforisma, che ne contenga il significato, la presa di consapevolezza scoperta.
I nomi degli ostacolatori
È luce che non produce ombra
Ogni Io-psyché ogni tradizione ha creato e crea proprie denominazioni allo stato ostacolante il naturale e innato fluire della vita autopoiesi, del campo coscienziale.
Il riconoscimento e il vissuto dei propri ostacolatori sono dei processi che ogni Io-psyché, a proprio modo, produce.
Tutti i ricercatori incontrati verbalizzano, a proprio modo, il fatto che ogni meta bisogno, bisogno-desiderio, stato coscienziale e relativo istinto-emozione represso, di fatto, determina una pressione sul loro Io-psyché, provocata dalla frustrazione del bisogno non soddisfatto in uscita. Ricordo il caso di un prete che sentiva fortissima la pulsione sessuale, ma avendo fatto voto di castità, puntualmente, la reprimeva con forza, anche facendo largo uso di docce fredde! Tuttavia, reprimere quel metabisogno non significa interrompere l’azione dei processi innati che quel metabisogno generano. Si venne così a creare la necessità di repressioni sempre più intense, perché sempre più intenso era il suo bisogno di sessualità. Fu così che, improvvisamente, in occasione di un colloquio con una ragazza (a cui ovviamente anche lui piaceva), non riuscì a reprimere la pulsione sessuale. Fu facilitato dalla ragazza e visse un rapporto sessuale consensuale che, dal racconto che fece, doveva essere stato veramente dirompente, per lui esplosivo, totalmente, integralmente, cellularmente coinvolgente, tanto che abbinò l’intensità di quell’orgasmo ad un vissuto di Dio (da sua verbalizzazione). L’imprinting in lui fu talmente potente che, nei giorni successivi, durante una messa da lui celebrata e a cui venni invitato ad assistere, vissi qualche cosa di veramente inaspettato, per me imprevisto, imprevedibile, che mi sorprese e colse impreparato, nell’accezione più intensa. Vidi quell’essere umano, quel prete, durante il momento dell’elevazione del calice, della transunstanziazione,
metter il brano musicale di Rossana Casale dal titolo “Mio nemico”,
invitare la ragazza con cui aveva avuto lo scambio intenso
e baciarla sulle labbra con grande intensità.
Immaginate il mio stupore e quello dei fedeli, anche anziani, che stavano seguendo la messa! Quell’aggredior-out fu, mi si conceda l’espressione, veramente bello, di un’intensità e un’assunzione penetrante, dirompente! Molti fedeli si alzarono e iniziarono ad insultare pesantemente, altri rimasero bloccati, ammutoliti, come se fossero rimasti paralizzati! Quel vissuto fu per me veramente istruttivo. Ovviamente, nel giro di una settimana quel sacerdote fu espulso dal vescovo responsabile di quella chiesa e immediatamente sostituito. In quell’occasione, veramente unica, ebbi la prontezza di riflessi, malgrado lo stupore, di mettermi in uno stato di meditazione lucida, consapevole, di apertura totale e non persi un solo attimo di quanto stava accadendo. Intuii che l’elemento da quel prete considerato bloccante, ostacolante e quella che denominò la spinta ad unirsi con Dio (da verbalizzazione), ossia la sessualità, la stessa per cui aveva fatto voto di castità, si rivelò per lui come “lo strumento più potente in assoluto per congiungersi a Dio” (da sua verbalizzazione).
Ovviamente, abbiamo verificato insieme che si trattava di proiezioni, termine che deriva da proicere, gettare fuori, in realtà, durante l’aggredior-out, visse il proprio campo istintivo-emozionale in circolo, in modo talmente integrale da coinvolgere l’intero Io-soma-autopoiesi. Quindi, rispetto ai suoi vissuti ordinari, emozionali, provò intensità decine di volte più forti. Disse: “È come se di solito vivessi un kg di piacere e in quel momento ne avessi vissuti cento tutti insieme!”.
Quindi, non si trattava di un incontro con Dio, ma della percezione di un’intensità istintivo-emozionale che mai si era autorizzato a vivere in quel modo. È la condizione ostacolante che molti esseri umani provano: hanno un potere d’intensità esprimibile con cento, ma vivono come se fossero in grado di produrre soltanto uno, perché mai coeso, libero, fluido. L’intensità viene assorbita dai diversi pensieri, da stati di coscienza opposti, per cui l’uno toglie forza al vissuto degli altri.
Per questi motivi, talvolta, ci sorprendiamo quando per pochi attimi riusciamo a vivere in modo coerente, non scisso, quella determinata situazione e sentiamo quel vissuto molto più intenso.
Gli ostacolatori di tale forza istintivo-emozionali vengono investiti in un ruolo molto significativo, quasi fossero autonomi, scissi dall’Io-psyché di cui di fatto sono pare. Vengono vissuti come qualche cosa creata da situazioni esterne e, talvolta, non ci si accorge che si tratta di mere produzioni dell’Io psyché stesso.
Per non essere frainteso, conosco personalmente esseri umani che, non praticando la sessualità, per libera scelta e iena auto-determinazione, hanno prodotto stati di consapevolezza che si prefiggevano, in piena coerenza e simmetria con la loro intenzionalità.
Molti proiettano e attribuiscono ad altri la responsabilità dei propri stati di coscienza, che soltanto a loro stessi possono appartenere.
L’Io-psyché deve poter formarsi a vivere integralmente le proprie funzionalità innate, ecologiche, pre-acquisito e lasciare che fluiscano, senza proibizioni ed ostacolatori, sia sul piano sensorio-percettivo, localistico che su quello sovrasensibile, non localistico, transfinito. Ciò è da profilassi alla caduta in uno degli opposti-complementari: l’esempio ci viene dal sacerdote che dal voto di castità ha creato un opposto-complementare altrettanto potente.
La simmetria con il fluire ecologico innato, pre-acquisito
È luce che non produce ombra,
e ostacoli che, in ogni caso, può contenere e gestire. Il sole, paragonabile ad una sfera, emette luce olos-direzionalmente, così come lo fanno altri Soli. Se uno dei pianeti che ruota intorno al Sole vi si pone di fronte viene illuminato, mentre la pare opposta è al buio. Infatti, quando la Terra si muove, quello che prima era al buio si illumina: in realtà esiste una sola condizione di luce ed è la posizione che si assume di fronte ad essa e che può coprirla, tuttavia, una volta tolto l’ostacolo, cambiata la posizione, quella luce si evidenzia. Quando apriamo la finestra di una stanza, sempre la luce che riempie quel buio e non il buio che si sposta all’esterno. Lo stesso vale per l’Io-psyché, rispetto all’ecologico, all’innato da cui si evidenzia e da cui è formato: quando, con il proprio acquisito, si nasconde al naturale ed ecologico fluire, crea buio, ostacolatori.
I valori di ogni cultura sono determinati dall’Io-psyché: se si forma al vissuto delle proprie funzionalità che lo hanno fatto nascere, assume di essere bioetico, olistico, autopoietico, si autorigenera.
Vivere consapevolmente di essere parte integrante e inscindibile dell’Universi, ossia di essere Universi-pare, essere consapevoli che ogni nostra micro-particella è inscindibile da ogni alta, formando un unico corpo interagente, su cui ogni singolo Io-psyché, che ne è evidenza, può individuarsi con la propria specifica e irripetibile storia, rileva lo stato che denominiamo di autonomia fusionale autopoietica, se anche l’autonomia, la cultura, la consapevolezza differente che ognuno veicola si riconosce nell’innato, nella pre-cultura e li integra insieme, vedremo sorgere irresistibilmente stati di coscienza, consapevolezze, in grado di porre in remissione ogni ostacolatore. Non si evidenzierebbero pseudo dottrine dell’amore, ma consapevolezza continuamente presenti, partecipate, riguardo la facoltà di creazione, continuamente in essere. In questo momento, a seguito di determinati processi si stanno formando nuove stelle e altre, per così dire, stanno morendo e noi, ci dice la scienza, a livello microstrutturale, quantistico, siamo entangled con tutto ciò.
Non dobbiamo creare una nuova chiesa, ma progressioni Io-maieutiche, Io-somatiche verso l’autoconsapevolezza vissuta di essere parte-Universi, per poi riconoscersi quale Universi-parte transfiniti che siamo.
Non c’è nessun demone nell’interiorità, nemmeno nell’accezione greca in cui il Daimon era riferibile al divino. Se scaviamo, scendiamo nelle estensioni non locali, troviamo il genoma, gli atomi, le meccaniche quantistiche e le estensioni del campo coscienziale che, lì, si apre al transfinito. Troviamo l’ecologico innato.
Le leggi autopoietiche innate, i principi attivi naturali, localistici e non localistici sono l’ontos-sophos-logia interiore, da cui far scaturire la propria azione.
Non c’è alcun mondo degli inferi dove scendere, ma semplicemente vivere costellazioni di memorie che noi stessi, attraverso le azioni, le esperienze, abbiamo registrato. Abbiamo verificato che, in taluni casi, tali transmutazioni possono avvenire in tempi brevissimi e, in altri
L’esperienza è così forte e consapevole che si può
rispondere prima che la vita ponga le proprie domande.
Abbiamo moltissimo materiale per affermare che, in molti casi, dopo le promesse di fedeltà, dichiarate al momento del matrimonio, le persone se ne dimenticano e si aprono ad altre storie. Ebbene, alcuni Io-psyché tengono conto di queste possibilità e determinano azioni correttrici, come profilassi, prima che l’evento si realizzi. Si tratta dell’azione correttrice di se stessi, che tiene conto della consapevolezza complessiva maturata. Voglio comunicare che spesso sappiamo in anticipo quali situazioni esistenziali molto probabilmente produrremo, ragione per cui possiamo tenere conto di adeguate azioni correttrici (pre-visiva e precognitiva) da concretizzare come profilassi ad eventuali errori già commessi, prima che si verifichino di nuovo.
Non dobbiamo confonderci con gli ostacolatori, con l’ombra, perché è come dire implicitamente che esiste un Io-psyché buono che sa decidere al meglio, e ne esiste un altro cattivo, pieno di ostacolatori, di ombre, come se i due fossero entità separate. Ma le cose non stanno in questo modo: gli ostacolatori sono continuamente inscindibili da quell’unico Io-psyché, non ci sono più enti, ma un unico campo coscienziale, composto da contenuti di qualunque valenza e inscindibili da esso, esattamente come lo è un’onda dal mare che la produce. La via è prendere coscienza, vivere l’ostacolatore, l’onda e, una volta riconosciuto, risalito, transmutato, si può entare nel mare, nell’innato che quell’onda, quell’ostacolatore e relativa emozione hanno prodotto. I mostri malvagi, da cui alcune mitologie, saghe epiche vogliono salvarci sono semplici proiezioni di interpretazioni non complete. Non sconfiggiamo nessun ostacolatore, nessun drago o nessuna ombra: li reintegriamo e poi, attraverso la Concentrazione-meditazione, li risaliamo e transmutiamo.
L’ostacolatore può veicolare informazioni ed ispirare, ma va sempre riconosciuto come processo legato all’acquisito, da risalire e transmutare. Ciò non significa che, nei momenti di passaggio, non se ne possano estrapolare in-formazioni utili a noi stessi. Fino ad oggi, dopo trent’anni di pratica, sono riuscito ad individuare, a vivere, trentatré costellazioni ostacolanti:
- Ostacolatore identificazione
- Ostacolatore metabisogni e bisogni-desideri
- Ostacolatore frattura
- Ostacolatore di spezzettamento
- Ostacolatore carattere
- Ostacolatore difese-resistenze-repressione (D.R.R)
- Ostacolatore di congiunzione-penetrazione
- Ostacolatore innamoramento
- Ostacolatore somatici
- Ostacolatore dipendenza e contro-dipendenza
- Ostacolatore apprensione-paura-terrore
- Ostacolatore traslazione e controtraslazione
- Ostacolatore causalità-casualità-effetto
- Ostacolatore coazione a ripetere
- Ostacolatore condizionamento
- Ostacolatore sostanze psicotrope
- Ostacolatore narcisismo
- Ostacolatore compensazini reazione e trasformazione
- Ostacolatore violenza
- Ostacolatore potere, onnipotenza e impotenza
- Ostacolatore enantiodromia ambivalenza e plurivalenza
- Ostacolatore ecmnesia: amnesia, reminiscenza, déjà vu, déjà entendu, déjà pensé, jamais vu, apparizione e sparizione
- Ostacolatore dolore-gioia
- Ostacolatore d’incorporazione-introiezione
- Ostacolatore pregiudizio e stereotipia
- Ostacolatore perdono
- Ostacolatore nevrosi
- Ostacolatore discraiosi
- Ostacolatore autismo
- Ostacolatore depressione
- Ostacolatore tradizione e tradimento
- Ostacolatore linea del destino
- Ostacolatore stato coscienziale punto morte
Ne tratteremo alcuni, nelle seguenti schede:
TAVOLA OLISTICO-AUTOPOIETICA
- Descrivi sinteticamente l’ostacolatore che riconosci ti abbia maggiormente impedito di realizzare ciò che ti prefiggevi o ti prefiggi, il progetto a cui senti di tenere molto ma che senti di non poter realizzare, appunto perché bloccato.
- Forma una sintesi di tali riflessioni e crea una massima, un aforisma che le contenga e comprenda l’insegnamento che ne hai estrapolato.
Reintegrazione e transmutazione dell’ostacolatore e dinamiche ostacolanti
Luce e ombra sono processi che
devono essere
risaliti e transmutati nel vissuto di ciò che li genera.
Come detto, gli ostacolatori sono le variazioni-contrasto, gli opposti-complementari su cui l’Io-psyché si è identificato e fissato e che non sono stati utilizzati come strumento di consapevolezza e della fonte da cui sono scaturiti.
In goni fase della vita, creiamo opposti-complementari, consci e inconsci.
Il lavoro formativo consiste nel conoscerli, viverli, risalirli, reintegrarli e transmutarli, rendendoli coerenti con tutto l’Io-psyché.
Generiamo variazioni-contrasto, opposti-complementari, dicotomi, dualità, per crescere, per potenziare l’Io-psyché e la sua consapevolezza. L’ostacolo nasce, quando ci identifichiamo o fissiamo in uno degli opposti, delle variazioni, della polarità o in entrambi, perché lo scopo è estrapolarne consapevolezza e transmutarli in facoltà efficaci, disponibili all’Io-psyché.
Trasmettere la
pragmatica della disidentificazione,
dall’identificazione-fissazione nell’ostacolatore
È uno degli scopi della P.Si., per preparare il terreno alla conoscenza.
Ogni essere umano crea opposti-complementari e li accumula, motivo per cui è facile sentire testimonianze di aggredior-out, anche episodici o unici, verificatisi nella vita della stragrande maggioranza degli Io-psyché.
Questi spesso si identificano in uno degli opposti, di fatto si scindono dall’altro che, pur restando loro parte integrante, non viene considerato, non gli si presta attenzione, non se ne ricava consapevolezza diretta. L’Io-psyché è il centro di comando, di gestione e in lui ne riconosciamo il contenuto ostacolante, che di solito viene represso.
Essendo parte dello stesso soggetto, accade che, nei momenti in cui questi riduce lo stato identificativo che sceglie di essere, possono evidenziarsi insights della parte repressa: si può pensarla e metterla in circolo, attraverso diverse modalità, come i lapsus, gli atti in più o in meno, distrazioni, incidenti, visioni. Per esempio, nel caso della schizofrenia, l’Io-psyché si scinde e si identifica con la propria componente repressa.
Per disidentificarsi da quella pare di sé, ovviamente non servono farmaci neurolettici, ma un’adeguata formazione vissuta, volta a potenziare le proprie funzionalità, senza identificarsi o fissarsi su qualche contenuto.
Ci sono moderne forme di identificazione-fissazione, che troviamo in ogni settore dell’organizzazione socio-politico-culturale dell’epoca, anch’essa edificata dall’Io-psyché. Voglio ribadire un punto fondamentale: non esiste l’ostacolatore separato dall’Io-psyché, se non per l’interpretazione inadeguata, sono lo stesso processo, quello che accade è che l’Io-psyché determina scissioni, separazioni da parti di sé.
Il ricercatore in Sigmasofia rivolge l’Io-psyché su se stesso, si forma a se stesso, complessivamente e non soltanto verso l’ostacolatore, il cammino verso la conoscenza passa sempre attraverso il vissuto diretto di se stessi e il processo verso la risalita di ogni stato coscienziale producibile fino alla fisiologia somatica che lo forma. Da questo punto, si può iniziare l’esplorazione consapevole della non località, facendo ricadere simultaneamente nell’azione quotidiana quanto consapevolizzato.
L’Io-psyché non può confrontarsi con un a parte di se stesso, in quanto il termine confrontarsi presumerebbe di scindere l’Io-psyché in due parti, ma è uno e inscindibile. Quindi, non può far altro che partecipare fusionalmente e osservare quella parte di sé. Un esempio: ogni essere umano (come gli altri esseri viventi) dispone della facoltà della respirazione, che è una e inscindibile, tuttavia, noeticamente, la scindiamo in due parti: l’inspirazione e l’espirazione, che sono inscindibili. Quindi, ci si occupa di respirazione, non di poli vissuti come separati. La respirazione è inscindibile dal corpo fisico che la produce, quindi non può essere letta scissa dal corpo; allo stesso modo, il corpo fisico non può funzionare senza i processi appartenenti all’ambiente, all’ossigeno, al Sole, e ad altro, quindi non può essere vissuto senza tener conto di quell’estensione, a cui è atomicamente e coscienzialmente legato. Voglio comunicare che è dal vissuto partecipato, fusionale, olistico che affrontiamo la parte, senza proiettare scissioni, ossia avendo sempre chiara la posizione olistica che zooma sulla parte, tale ritmo olistico-autopoietico è uno degli elementi a cui formarsi attraverso il vissuto diretto. Il ritmo nasce dalla consapevolezza che la forza unitaria che siamo, l’Universi, evidenzia parti. È dalla consapevolezza, di essere atomicamente e coscienzialmente legati, di essere Universi che nascono modulazioni di ritmo: come un’onda che si muove nell’oceano. In questo senso, la vita-autopoiesi è ritmo.
Le alternanze ritmiche che partecipano le diverse parti-Universi sono inscindibili da Universi, come l’espirazione-inspirazione che partecipiamo in noi sono inscindibili dalla respirazione. Nel momento in cui si inseriscono delle interferenze al naturale flusso, si possono riscontrare delle discrasie, appunto perché si dissociano i ritmi della respirazione: a uno di quegli sbilanciamenti diamo il nome di asma. Ma perché l’Io-psyché dovrebbe sbilanciarsi? Uno dei motivi è funzionale alla normale presa di consapevolezza. Tuttavia, se la variazione-contrasto si reitera in modo eccessivo, nasce la patologia, che ci avverte di avere spezzato il ritmo olistico-autopoietico, di essere andati fuori funzionalità ecologico-innata: è la manifestazione dell’ostacolatore. Quando modifichiamo i ritmi naturali, creiamo variazioni-contrasto che vengono registrate e memorizzate. Oltre alle funzionalità naturali, possono imprimersi nell’Io anche ricordi errati o contrastanti, che vanno a formare il primo opposto fondamentale, quello tra l’Universi innato e la pare acquisita. Dal momento in cui ci si identifica soltanto nell’acquisito ovvero nel sensorio-percettivo, si forma ciò che ho denominato
l’ostacolatore frattura della consapevolezza.
La formazione vissuta aiuta a sanare tale frattura e a transmutare lo stato ostacolante, poiché ci si ricollega con i processi innati, sensibili e sovrasensibili, locali e non locali, da cui tutti nasciamo.
Quando, durante la formazione a se stessi, si scopre che ogni opposto-complementare è evidenza di forze unitarie, in grado di generarlo, si procede alla conoscenza di quel processo.
Si assume che la formazione debba condurre a vivere integralmente ogni stato di coscienza esistente, ogni parte—Universi, senza giudizi o definizioni. Ogni volta che si evita di consapevolizzare, di vivere una di queste parti, si crea la base per una variazione-contrasto che può assumere funzioni ostacolanti. La formazione consente di non reprimere parti di sé e permette di procedere alla loro reintegrazione, fatto che riduce notevolmente la possibilità di creare aggredior-out incontrollabili.
Per espandere la propria coscienza, è necessario vivere le variazioni-contrasto e gli opposti-complementari: non si tratta di abisso della coscienza, ma di stati coscienziali, non ci sono profondità o altezze, ma processi esistenti da consapevolizzare, da transmutare. Anche il dolore e la gioia sono manifestazioni di tale esistente, su cui applicare il vissuto viscerale, la concentrazione-transmutazione.
Non importa come ognuno decida di realizzarlo o di consapevolizzarlo: l’importante è che lo faccia. È tale vissuto e risalita, realmente raggiunti, che aiutano ad espandersi e a rendersi consapevoli, operazioni per la cui realizzazione non è necessario provare dolore o cadere nella patologia! Non ci sono contrazioni da fare per raggiungere maggiori espansioni: contrazione-espansione sono espressioni polari di processi unici, che si generano. Nel linguaggio di qualche impostazione formativa, si usa l’espressione andare verso l’alto per indicare l’evoluzione della consapevolezza, il che presuppone che ci sia un basso di partenza: in un Universo transfinito, non è possibile riferirsi ad un alto e ad un basso che, secondo quest’ottica, semplicemente, non esistono
Non ci sono nemici da amare o amici da odiare: chi si occupa di ricerca dovrà impegnarsi nella risalita-transmutazione di qualunque stato coscienziale. Se risalgo e transmuto uno stato di coscienza che interpreto come positivo e che mi suscita piacere, entro nella fisiologia localistica e non locale che lo forma: da quello stato, non dovrò necessariamente soffrire o provare dolore, per eventuali dispiaceri emozionali. Ed è proprio il reale vissuto della non località che ci farà scoprire ogni opposto-complementare, di qualunque valenza. Voglio comunicare che si può risalire sia da ciò che viviamo come positivo sia da ciò che viviamo come negativo, o da entrambi: quello che importa è il campo coscienziale olistico-autopoietico non locale, da cui ogni stato coscienziale localistico nasce. Ed è proprio quel vissuto che ci consente di
riportare all’unità la dicotomia, l’opposto-complementare.
Ogni Io-psyché esprime la pulsione olistico-autopoietica a conoscere. Non ci sono sensi di colpa, colpevolizzazioni, ma soltanto Io-psyché che in quel modo interpretano, luce e ombra sono processi che devono essere risaliti e transmutati nel vissuto di ciò che li genera. Il cammino auto formativo passa attraverso la Concentrazione-transmutazione degli opposti-complementari.
Il campo coscienziale olistico-autopoietico, lo stato di entanglement coscienziale (E.C.A.) che veicola, può produrre guerra e pace, ricchezza e povertà, vita e morte (…), genera il mondo delle variazioni-contrasto, delle polarità, visione da cui ogni opposto-complementare è vissuto come emanazione simmetrica dell’Universi-parte, se stessi, dobbiamo formare a questa consapevolezza.
TAVOLA OLISTICO-AUTOPOIETICA
- Prova a riconoscere uno stato di coscienza unitario e non scindibile in opposti-complementari.
- Riconosci il vissuto correlato e transmutalo in un aforisma, legge
- Pratica il rilassamento e la respirazione autopoietici e concentrati-medita sull’esistenza degli opposti, sull’esistenza del processo unitario che li genera.
Il campo coscienziale e l’auto-organizzazione
Y, due forze opposte che confluiscono nell’unità e, capovolgendo:
λ, il lambda, che indica la forza unitaria che può produrre opposti-complementari.
L’unità delle cose, l’Universi-parte che siamo, no è una verità ultima, ma uno stato che esiste.
Universi e parte anch’essi spesso sono interpretati come opposti-complementari. Per la Sigmasofia, fanno parte di un unico processo: l’Universi-parte, che produce punti vita e punti morte. Continuamente e ogni secondo, migliaia di esseri viventi nascono e migliaia di esseri viventi muoiono: è questo un opposto-complementare significativo, creato da Universi.
In tal senso, la vita e la morte sono la testimonianza dell’essere transfinitamente in vita-autopoiesi dell’Universi, motivo per cui gli opposti-complementari sono esistenti e non hanno gerarchie. Punto vita e punto morte sono processi propedeutici alla presa di consapevolezza di Universi che necessita di produrre quegli opposti, per prendere coscienza di se stesso. la relazione tra punto vita e punto morte con l’Universi-parte che li genera può essere rappresentata dalla lettera U che rappresenta le due forze opposte che confluiscono nell’unità. Capovolgendo la Y, si forma λ, il lambda, che indica la forza unitaria che può produrre opposti-complementari (si tratta di due simboli utilizzati in Sigmasofia.
Trovandoci nella condizione di parte, divisibile in opposti-complementari, non consapevole di Universi, dobbiamo formarci a quella presa di consapevolezza, in modo da poter reintegrarci e riconoscerci nel principio unitario. Dopodiché, all’inverso, possiamo assumerci la facoltà di generare dall’unità e in modo funzionale ogni opposto-complementare.
L’autorealizzazione consiste, quindi, nel due che diviene uno e nella consapevolezza che l’uno genera il due: insieme formano:

lo scettro del potere reale della Sigmasofia. È formato dalla Y sopra e dal Lambda sotto, ad indicare il due che diventa uno e l’unione del maschile con il femminile, che forma l’uno, il figlio. A sua volta, questi produce gli opposti-complementari, la Y, l’essere umano che veicola facoltà Psi, rappresentata dal tratto evidenziato al centro della biforcazione della Y, appunto la Psi: Ψ. Da questa simbologia deriva il nome dello scettro ipsilambd o scettro ∑igma (∑), che significa sommatori più proprietà emergente, in quanto uniti e coesi nel corpo umano.
La forma a Psi, se ruotata di 90°, richiamo il (∑) Sigma,
lo strumento operativo che noi stessi utilizziamo per l’autorealizzazione.
L’impugnatura dello scettro, di se stessi, è posta al centro: nella trasposizione al corpo umano, è l posto del cuore, mentre l’asse unico del lambda corrisponde al cervello viscerale e la base della Y Ψ alla testa.
L’unione di testa-cuore-pancia, in un processo coerente, autoconsapevole.
Se sappiamo farlo danzare, lo scettro pone in remissione l’identificazione negli opposti-complementari e, da lì, si può procedere alla sua dinamizzazione e delocalizzazione (di se stessi). Infatti Ipsilambd rappresenta più posture che il corpo umano può assumere, per praticare le Autopoiesi olosgrafiche (le meditazioni dinamiche).
Tale simbolo, inserito nell’ambiente, nella linea dell’orizzonte, del cerchio, di cui siamo il punto, in cui inseriamo la Ipsilon, la Psi, il Lambda, da cui emerge il ∑ophy e il Sigma, graficamente, si presenta così:


È la Tavola autopoietica (o scudo), che simultaneamente coincide con lo scettro del potere reale, incluso in ogni essere umano (parte-Universi).
L’Universi-parte genera opposti -complementari, lo scettro Ypsilambd, per auto-riconoscersi, auto-consapevolizzarsi. Infatti, utilizzando il Potere reale dello scettro, di se stessi, dell’Io-psyché abbiamo creato la scienza, la filosofia, la spiritualità, le religioni (…), per produrre che cosa, se non la conoscenza di noi stessi, dell’ambiente, del cosmo?
È importante ribadire che unità e opposti-complementari sono un processo unico, e la Concentrazione-transmutazione degli opposti serve a trascenderli ma, nello stesso tempo, a reintegrarli nel tutto fusionale.
Gli opposti-complementari sono delle creazioni dell’universi-parte unitari e servono appunto a creare una variazione-contrasto allo stato di unità. Questo perché tale Universi unitario non è consapevole di se stesso, funziona per automatismo olistico-autopoietico, non avendo contezza di sé, autoconsapevolezza. Attraverso la produzione di opposti-complementari, di variazioni-contrasto, si
determina una variazione all’automatismo naturale e quella differenza di potenziale seve a creare i contenuti acquisiti.
Le funzioni dell’Io-psyché, le sensazioni dell’aggredior (lo stimolo della fame, della sete, del respirare e così via) creano la consapevolezza, che viene integrata alla funzione Ypsi, utile al riconoscimento dell’Universi stesso.
In questo modo, quindi, si può procedere dalla variazione-contrasto, dall’opposto-complementare al riconoscimento dell’Universi che, senza tali funzionalità, sarebbe stato impossibile riconoscere consapevolmente. Il problema tecnico, come visto, è quando l’Io-psyché si identifica e si fissa in una delle sue componenti (appena descritte), senza usarle per raggiungere la consapevolezza dell’unità e iniziare ad esplorarla nelle sue estensioni transfinite.
Quella identificazione-fissazione in parti di se stesso, non utilizzate come funzione Ypsi, è l’ostacolatore-discrasia.
La disidentificazione dall’identificazione-fissazione, la sintesi in funzione Ypsi, l’applicazione di quest’ultima all’Universi-parte, la realizzazione della Concentrazione-transmutazione ci portano al vissuto dell’unità dell’Universi-parte. Dobbiamo ascendere dalla polarità all’unità, la creazione si evidenza dallo stato unitario.
Gli opposti-complementari, le variazioni-contrasto sono quindi lo strumento formidabile necessario ad edificare la funzione Ypsi, la consapevolezza olistico-autopoietica dell’Io-psyché che va potenziata fino a che coincida con la capacità di riconoscere l’universi.
Per questo motivo, è necessario tenere l’Io-psyché continuamente in espansione, in potenziamento, transfinitamente. Più la funzione Ypsi è grande, più riconosce l’Universi, di cui è emanazione.
Universi-parte unitario e opposti-complementari sono un processo unico fusionale, inscindibile, transfinitamente in essere: è come se, in ultima partecipazione, osservazione, l’Universi fosse un creatore di se stesso e dell’autoconsapevolezza che produce. Ciò significa che da qualunque variazione-contrasto, da qualunque opposto-complementare, è possibile risalire all’Universi-parte transfinito: non importa se interpretato come positivo o negativo.
L’Io-psyché, evidenza del campo coscienziale olistico-autopoietico, è di fatto inconsapevole di parte di se stesso, sia come opposto-complementare sia come processi a lui stesso innati.
Per la Sigmasofia, il termine Se non è utile, mentre è maggiormente significativa l’espressione coscienza olistico-autopoietica, che genera e include l’Io-psyché.
In definitiva, è il campo coscienziale olistico—autopoietico, in tutte le sue espressioni, che sta agendo per auto-riconoscersi e più si auto-riconosce più vive l’auto-organizzazione che esprime consapevolmente e che può essere posta a sostegno dell’azione quotidiana.
La formazione delle variazioni-contrasto e degli opposti-complementari ha inneschi naturali innati, ma anche forti intuizioni acquisite, come significati-significanti. Il fatto che spesso non si somministri la P.Si., che include la conoscenza della funzione degli opposti-complementari, determina l’evidenza di una pedagogia che sceglie tra gli opposti- sesso la partecipiamo, quando utilizziamo locuzioni come il bene e il male, amore e odio, vita e morte (…), ossia quando non li riconosciamo come opposti-complementari, entrambi da vivere, risalire e, da cui estrapolare la funzione Ypsi, dopodiché da transmutare nel riconoscimento vissuto dei processi unitari, da cui si evidenziano. Scegliendo il bene, di fatto si tenta di dirigersi verso uno degli opposti, cercando di evitare l’altro, scelta che, di fatto, non ne impedisce l’esistenza. Inoltre, essendo tutto legato e interagente, non possiamo non incontrarlo dentro o all’esterno di noi, appunto perché spesso legato alla scelta di dover essere il bene, l’amore. Se scegliamo una direzione, ci sembra che l’altra venga esclusa, ma di fatto non è così: la P.Si. è necessaria!
Quando ci si forma a se stessi, è perfettamente naturale vivere che le prese di consapevolezza e la creazione di funzione Ypsi siano continue come dovrebbe esserlo l’auto-transmutazione dello stato di auto-consapevolezza e dei significati-significanti dell’Io-psyché. Per questi motivi, l’aggiornamento costante della consapevolezza è ecologico. Infatti, quando si osservano politici appartenenti a partiti, in cui si impongono direzioni prestabilite o, nello stesso modo, si notano convenzioni socio-culturali che non tengono conto delle naturali innovative prese di consapevolezza, si rileva la nascita di ostacolatori che, all’opera su vasta scala, sono in grado di condizionare numerosi Io-psyché.
L’Io-psyché produce continuamente ciò che interpreta come bene e ci che interpreta come male, dall’uno crea l’altro, dall’altro crea l’uno. Tale danza continuamente ripetuta risponde all’esigenza di avere sempre disponibili opposti-complementari, enantiodromie, da risalire e risolvere nell’unità autoconsapevole che, a sua volta, può generare dicotomie ed opposti. A quel punto, essendone consapevole, l’Io-può realmente iniziare a decidere che cosa produrre.
TAVOLA OLISTICO-AUTOPOIETICA
- In quali opposti-complementari sono identificato-fissato?
- Quali ostacolatori ho indotto in me stesso e in altri?
- Attraverso quali azioni ho risalito e transmutato gli opposti-complementari?
Eziologia degli opposti
Sia fatta la propria volontà!
Non si tratta di scegliere se agire il bene o il male, l’odio o l’amore (…)! Si tratta di vivere la loro funzione quali opposti-complementari per poi ascenderli ed entrare nel loro padre-madre unitario: la creazione e i suoi ingredienti.
Se qualcuno commettesse intenzionalmente del bene o del male, creerebbe nuove sfumature di opposti nel mondo, incrementando l’identificazione-fissazione in uno soltanto degli opposti.
Possiamo anche orientarci a riconoscere la creazione e ottenere contenuti opposti.
In questo senso, anche il bene e l’amore sono l’ombra, ostacolatori molto più subdoli, perché si lasciano ben volere, sono seduttivi rispetto al male, all’odio, che d’impatto sembrano richiedere di essere superati.
Per questo motivo, durante il setting P.Si., ogni volta che un ricercatore esprime un contenuto coscienziale, lo leggiamo, di base, come correlato all’opposto non manifestato. Qualunque cosa venga affermata viene accolta, indagata ed elaborata con l’opposto-complementare, al fine di risalire e transmutare entrambi. In tal modo, si evidenziano sempre gli opposti-complementari e le associazioni tra loro possibili: tutte le enantiodromie di cui disponiamo.
Gli opposti-complementari possono diventare degli ostacolatori, se ci identifichiamo e ci fissiamo in uno o in più, ma divengono facilitatori, se ne estrapoliamo l’insegnamento, la funzione Ypsi, da applicare alla loro risalita, alla loro transmutazione.
Se desideriamo con forza un opposto e, quindi, ne rifiutiamo altri, la loro intensità cresce e, se non ne estrapoliamo l’insegnamento-funzione Ypsi, contribuiamo a fissarci, fino a che facciamo assumere loro la funzione di ostacolanti il naturale flusso della pulsione olistico-autopoietica a conoscere. Per questo, si vedono esseri umani, anche anziani, identificati, fissati, che si auto-ostacolano le reali possibilità conoscitive di cui dispongono.
Accade che taluni Io-psyché, identificati, fissati in uno degli opposti e in perfetta buona fede, non riescano proprio a riconoscere l’esistenza dei processi descritti, tanto da essere definiti discrasici da chi è riuscito a uscire dallo stato identificativo. Per poter proseguire nella presa di consapevolezza, dovrebbero essere loro stessi a rendersi conto dell’identificazione in cui si trovano. Per questi motivi, talvolta si utilizza la pragmatica della destrutturazione, con iniziative e azioni che trascendano lo stato identificativo nella convenzione dell’epoca, in cui i più si riconoscono. Si tratta di una variazione-contrasto a quello stato identificativo e fissato. Per questo motivo, valorizziamo stati di coscienza innovativi, espressi da singoli o da minoranze, sempre nell’ottica di condurli, attraverso il vissuto, all’unità, da far ricadere consapevolmente a sostegno dell’azione quotidiana.
La realtà, di cui siamo emanazione, è un fatto e anche se l’Io-psyché pensa di non accettarla non può non parteciparla. Non è possibile cambiare la realtà olistico-autopoietica complessiva, quello che si può fare è consapevolizzare le sue funzionalità innate! Invece, riguardo le sue componenti acquisite, i significati-significanti attribuiti, attraverso cui ognuno, a proprio modo e dal proprio stato di consapevolezza a livello culturale, li interpreta, si può affermare che si tratta di contenuti continuamente ri-definibili, specialmente per quanto concerne le interpretazioni intellettuali, speculative, ideologiche, che non nascono dal vissuto integrale, penetrato.
La via consiste, quindi, nella formazione a sé, attraverso il vissuto diretto, per potenziare le diverse facoltà e la consapevolezza. Poi, proseguire attraverso le varie transmutazioni e farle ricadere nell’azione, modificando così la propria partecipazione all’organizzazione acquisita complessiva.
Il ricercatore in Sigmasofia sa che la propria consapevolezza è incompleta e che deve assumere di continuare a formarsi, per accrescerla. Non si tratta di riconoscere o di modificare presunte debolezze: in un Universi, in un tutt’uno atomicamente e coscienzialmente legato, essere forti o deboli (che sono categorie proiettive) perde ogni significato. Occorre piuttosto, come detto, essere coscienti delle funzionalità innate e acquisite, per agirle con consapevolezza.
Per questi motivi, una delle prime azioni formative è riconoscere, vivere le proprie proiezioni-traslazioni, come quella per cui si tende ad attribuire ad altri responsabilità che, in ultima partecipazione, possono appartenere soltanto a se stessi. Paradossalmente, in questo se stessi, l’altro è parte integrante, come funzionalità microstrutturale, coscienziale.
Non interessa allontanare da sé il principio di responsabilità, perché attraverso la formazione è possibile vivere l’estasi di assumere la responsabilità di creare conoscenza in modo diretto. In questa azione non ci sono difese o attacchi da fare verso altri, in quanto si lavora per porre in remissione diversi ostacolatori.
Il modo di procedere è il seguente. Quando pensiamo di vedere nel cosiddetto altro un problema, una patologia, dobbiamo tentare di riportare quella valutazione a noi stessi, cercando di individuare le caratteristiche del pensiero che ha saputo individuare l’ostacolatore nell’altro. Quindi, possiamo verificare come lo stesso fatto che proiettiamo fuori di noi, riguardi proprio la nostra azione, i vissuti simili, di cui abbiamo potuto formare quel giudizio e iniziare così a risalirlo e a transmutarlo.
Quello che prima era un rimprovero all’altro,
diviene la porta per entrare nel corrispettivo interiore di noi stessi e
attraversarlo.
Si lavora per riconoscere i metabisogni, i bisogni-desideri e arrivare alle funzionalità che li hanno creati; prima di seguirli, aspirando alla loro eventuale soddisfazione, si può procedere a monte, per vivere come si sono formati sia come processi funzionale sia come significati-significanti.
Non si tratta di migliorare, ma di vivere e consapevolizzare.
Questo orientamento permette il potenziamento progressivo dell’auto-conoscenza. Ci autodeterminiamo nel lavoro duro su noi stessi, organizzandoci l’azione conoscitiva e ponendo in remissione la delega ad altri, con particolare attenzione e non cadere nella proiezione ingenua di chiedere ad un’ipotesi, quale Dio, le divinità (…), eventuali soluzioni.
Facciamo accadere quanto riusciamo ad auto-determinare.
Sia fatta la propria volontà!
Ed ecco che la realtà che riusciamo a riconoscere è diretta emanazione della formazione vissuta, reale e la realtà diventa vissuta, continuamente potenziabile. Tale simmetria ha il potere di ridurre, di porre in remissione l’ostacolatore stress, il burn-out esistenziale, quello che nasce quando proiettiamo bisogni-desideri e la realtà che incontriamo risponde in modo opposto, ossia, quando non ci rendiamo conto che siamo noi a determinare quello stato psicosomatico discrasico.
Si assume di formarsi a divenire progressivamente più autoconsapevoli
e quindi realizzare in noi il cambiamento che la proiezione pensa
ingenuamente di vedere nell’altro.
TAVOLA OLISTICO-AUTOPOIETICA
- Quale azione auto-formativa sto attuando, per vivere ciò che fa nascere i meta-bisogni, i bisogni-desideri?
- Sto realmente potenziando la mia autoconsapevolezza?
- Quale orientamento sto dando alla mia vita?
- Sono d’accordo con me stesso, con la mia azione formativa?
- Sto soltanto denunciando il problema, l’ostacolatore o sto vivendo azioni efficaci per superarlo?
La Tavola olistico-autopoietica si amplia e cresce via via che il setting P.Si. prosegue. Sarà il ricercatore stesso a riempirlo della propria storia, dei propri ostacolatori-discrasie da cui dedurre domande (…) e da cui, dopo la Costruzione della Propria Teoria conseguente il vissuto, estrapolare la funzione Ypsi:
l’avanguardia di conoscenza olistico-autopoietica, di consapevolezza
dell’Universi-parte, noi stessi, di cui disponiamo in quel momento
storico, esistenziale e che il successivo alto P.Si. transmuterà,
transfinitamente.
ANDROGYNUS
Androgynus,
andros significa uomo
e
gynè significa donna.

La P.Si. utilizza come riferimento fondamentale la cellula e, in particolare,
la coscienza della cellula.
Il termine Zigote deriva dal greco antico zygôtós, che
significa
unito.
Qui, è utile ripetere che si tratta della cellula che si ottiene dall’incontro-fusione dello spermatozoo con un ovulo (i gameti, maschile e femminile). Lo zigote è la cellula (diploide) deputata allo sviluppo di un nuovo essere umano che, soltanto successivamente, assumerà le caratteristiche di genere, di uomo o di donna. In definitiva, si tratta della formazione di un nuovo organismo, derivante dall’unione di due cellule sessuali (gameti), proveniente ciascuna dal principio maschile (uomo) e dal principio femminile (donna).
Entriamo nel merito.
- Lo zigote è la cellula uovo, fecondata dallo spermatozoo. Contiene tutte le in-formazioni genetiche (ereditarie, somatiche e coscienziale) del nuovo essere umano. La fusione dei nuclei dei gameti in un unico nucleo:
è
l’androginia innata
dell’essere umano
o
androgynus,
in Sigmasofia, simboleggiato dalla lettera Y.

- Nei primi due, tre giorni di vita,
l’androginia innata
è totipotente,
ossia nella cellula staminale si riconoscono le in-formazioni innate che possono evidenziare, generare un intero organismo.
- Intorno all’ottava settimana, lo zigote acquisisce la morfologia tipica della specie di appartenenza.
All’interno dello zigote, operano in-formazioni, combinazioni di elementi, inscindibili, caratteristici di ciò che, successivamente, denominiamo maschili e femminili. Tutto ciò è innato in ogni singolo essere umano.
L’androginia psicosomatica, di cui sto trattando, indica che in un essere umano esistono component innate comuni ad entrambi i sessi.
Androgynus
deriva da
andros che significa uomo
e
gynè che significa donna.
Secondo l’esperienza diretta, è uno dei denominatori comuni fondamentali di ogni essere umano, in quanto partecipa la natura di entrambi i sessi.
L’Androgynus include ciò che, successivamente, taluni denomineranno
Identità di genere
E che, se non ci fosse l’in-formazione andorginica, non si potrebbe evidenziare.
Androgynus include quello che taluni, successivamente, denomineranno
netta separazione
tra il polo maschile e quello femminile.
L’unità dello zigote è il fondamento innato di ogni essere umano.
Ciò non ha nulla a che vedere con la famosa
coincidentia oppositorum,
in quanto il concetto di opposti, di separazione è una proiezione interpretativa culturale dell’unito (zigote, che non è mai stato e non è scisso.
L’unità androginica innata dell’essere umano
si evidenzia dallo
Stato E.C.A.
considerato anche, per i motivi detti,
archetipo della
non separabilità.
Come visto, lo stato E.C.A. è sempre esistito ed ha sempre operato nelle funzionalità, nei principi attivi che formano l’essere umano.
Androgynus è completezza di funzionalità innata simultanea. È l’essere umano, è l’unito che include ed evidenzia il duplice, ciò che denomineremo maschio e femmina, che sono sue fluttuazioni, sue creazioni e su cui somministreremo la P.Si.
Non si tratta di ricondurre il due all’uno, la dicotomia, il dualismo, l’enantiodromia all’unità, quanto di riconoscere e di vivere che è in essere il
tre in uno:
lo spermatozoo, l’ovulo e lo spermatozoo+ovulo, ossia
il padre, la madre e il padre+madre detto anche figlio,
la coscienza vissuta della cellula, di Androgynus.
Ogni essere umano è, di fatto, cellularmente e, per in-formazioni innate veicolate,
androgynus!
Ciò significa riconoscere e vivere in se stessi le in-formazioni innate, tecnicamente in grado di generare ciò che successivamente denomineremo l’uomo, la donna e l’uomo-donna.

Chi sono gli androgini, gli uomini e le donne?
Per vivere
l’autonomia fusionale
autopoietica
- Se ci riferiamo alla partecipazione-osservazione olistica dell’Io-soma di esseri umani già formati, scopriremo che essi, di fatto, evidenziano differenze.
- Se ci riferiamo alla partecipazione-osservazione olistica dello zigote da cui, successivamente, si evidenzieranno l’uomo e la donna, scopriremo che esso, di fatto, non evidenzia differenze, ma in-formazioni innate, tecnicamente in grado di generare ciò che individuerà in uomo e in donna.
Il processo di differenziazione sessuale che si manifesta prima della nascita di un essere umano, sviluppando organi sessuali interni ed esterni, è la diretta conseguenza, come detto, di in-formazioni innate, presenti nello zigote. Durante il periodo dell’adolescenza, sempre in conseguenza delle in-formazioni innate, si determina la produzione di diversi livelli di ormoni, si formano cellule uovo e spermatozoi.
- Gli uomini sono differenti dalle donne.
- Ogni uomo è differente da ogni altro uomo.
- Ogni donna è differente da ogni altra donna.
Tutte queste differenze si sono potute evidenziare dalle in-formazione, già presenti in Androgynus ma, oltre alle differenze, ci sono anche le somiglianze, la cui manifestazione va sempre ricondotta alle funzionalità innate, all’unito che sto descrivendo.
Riconoscere tali differenze e imparare a viverle è sempre un processo che deve essere agito simultaneamente al riconoscimento di androgynus. In ciò, ritroviamo uno dei fondamenti della P.Si da somministrare, in specifici modi, già ai bambini, perché consente di vivere che, pur essendo differenti gli unni dagli altri, gli esseri umani si evidenziano da:
- funzionalità androginiche unitarie
- dall’entanglement coscienziale e microstrutturale, localistico e non locale.
In tale riconoscimento vissuto, individuiamo i principi attivi
dell’autonomia fusionale autopoietica:
- l’autonomia, l’identità, l’individuazione, le caratteristiche morfologiche del proprio corpo;
- fusionale è l’entanglement micro-particellare e coscienziale (ecologico-eco-sistemico), da cui si evidenzia angrogynus;
- autopoietica è l’auto-creazione dalla presa di consapevolezza vissuta di se stessi.
Per questo motivo, nella P.Si., utilizziamo la terminologia
androgino-uomo
e
androgino-donna.
P.Si. e la differenza tra androgino, sesso e genere
Per consentire all’Io-psyché dell’essere umano di interagire, di creare in ogni
espressione dell’esistente.
Androginia, sesso e genere sono parti integranti di una stessa funzionalità complessiva innata e acquisita.
Il sesso è la specializzazione di un insieme di funzionalità biologiche e fisiche che contraddistinguono l’essere femmine, maschi e intersessuali, ma derivanti da funzionalità innate coese, dalle informazioni genetiche unitarie e in azione che hanno saputo evidenziarli.
È a partire da questo che la cultura Sigmasofica ha rilevato una serie di azioni, di stati psicosomatici da agire nel socio-culturale, nell’ambiente, per consentire all’Io-psyché dell’essere umano di interagire, di creare, in ogni espressione dell’esistente.
Tale processo di creazione dell’azione bios-etica autopoietica viene anche denominata
azione androginica,
la remissione definitiva di funzioni che alcune interpretazioni attribuiscono al
genere
(gender, in inglese).
Le azioni bios-etiche, legate all’androginia, rappresentano valori innati funzionali, presenti all’essenza dell’essere umano.
La P.Si. insegna, attraverso l’auto-maieutica, a vivere l’Androgynus e ciò non significa negare le differenze tra androgino-maschio e androgino-femmina, ma vuol dire poter usufruire delle facoltà innate di cui si dispone, per farle ricadere nell’azione quotidiana. Senza tale consapevolezza innata, si potrebbe evidenziare la
Forma identificativa in ciò che denominiamo genere: i compiti, i ruoli sociali, gli usi e i costumi, per tradizione acquisita, abbinati all’uomo o alla donna.
Riassumendo:
- l’androgynus è lo zigote, è la funzione innata, simultaneamente maschile e femminile, appartenente, inscindibilmente, ad ogni essere umano;
- il sesso è la categoria biologica già determinata alla nascita dalle in-formazioni presenti nello zigote;
- il genere è il riduzionismo a categoria culturale, coinvolgente l’Io-psyché, secondo le esperienze acquisite, individuali.
P.Si. e l’identità androginica
Androgino-uomo o androgino-donna
per esprimere azioni simmetriche all’innato
La sommatoria di tutte le esperienze praticate dall’Io-psyché dell’essere umano, dal concepimento al momento attuale, il modo in cui l’Io-psyché riesce ad auto-riconoscersi e a relazionarsi con altri esseri umani è parte integrante di ciò che denominiamo l’identità.
Si forma, vivendo la vita e, in base all’intensità delle identificazioni e delle fissazioni dell’Io-psyché, può rilevare aspetti costanti, ma anche continuamente mutevoli. Senza Androgynus, tale identità non potrebbe evidenziarsi nei modi descritti e in tal senso, l’identità sessuale è sempre emanazione di quella androginica. Voglio comunicare che le interazioni tra some, Io-psyché, cultura, create attraverso relazioni individuali e sociali, interiori ed esterne all’essere umano, sono applicativi, nascenti dall’Androgynus che, a sua volta, ha altre scaturigini.
L’identità androginica-sessuale si presta ad alcune considerazioni:
- la sessualità biologica del proprio Io-soma ha come costituente di base l’androginia (zigote, in-formazioni innate) e, unitamente a queste, DNA, livelli ormonali, genitali interni-esterni (sesso gonadico), morfologia sessuale del corpo.
- Di fatto ed inequivocabilmente, per funzionalità innate, l’Io-psyché dell’essere umano appartiene all’identità androginica, da cui si evidenzierà l’identificazione precoce e, di solito, continuativa con l’uno o l’altro genere.
- Ci si aspetta che l’Io-psyché dell’essere umano, in quanto androgino-uomo o androgino-donna, possa esprimere azioni acquisite, simmetriche o funzionali a tale sua funzionalità innata.
- Gli esseri umani che istintivamente, emotivamente ed affettivamente ci attraggono, veicolano potenziali orientamenti eterosessuali, omosessuali, bisessuali, in quanto alla loro essenza veicolano in-formazioni che includono tutti questi stati. Sarà l’autodeterminazione-realizzazione di ogni Io-psyché ad assumere che cosa vorrà esprimere, tra tali possibilità.
P.Si. e orientamenti androginici
L’identità androginica
evidenzia l’orientamento bi-sessuale
Secondo i vissuti diretti, esistenti da sempre e più rispondenti al dato di realtà olistica, l’identità androginica evidenzia l’esistenza della possibilità di esprimere
L’orientamento bi-sessuale che comprende quello etero ed omosessuale.
Tale visione olistica non confonde l’identità sessuale, in quanto può includere le naturali e auto-determinate differenze individuali. Se, ad esempio, l’androgino-maschio esprime di essere attratto sia da androgini-maschi che da androgini-femmine, sarà il suo Io-psyché per auto-determinazione a scegliere verso chi orientarsi. Con confusione e conflitto, di fatto, da sempre, vediamo accadere tale funzionalità in tutte le società esistenti, anche se molti non ne sono consapevoli.
Quando riconosce l’esistenza dell’identità sessuale androginica, la sessuologia Sigmasofica si riferisce a funzionalità innate, operanti in noi stessi, che, una volta riconosciute e vissute, se ritenuto opportuno, si potranno mettere in relazione con altri.
L’olos-direzionalità androginica include il maschile e il femminile e sa riconoscere la stessa funzionalità in ognuno.
Scaturendo da tali funzionalità, di fatto, ogni essere umano può auto-determinarsi a vivere i propri contenuti nei modi e nelle forme indicati.
P.Si. e sessualità androginica
Coscienza della cellula
anche e soprattutto nel suo corrispettivo psichico,
da essa inscindibile
Androgynus:
per porre in remissione
il femminismo e il maschilismo
Quando un essere umano, un androgino-uomo o un androgino-donna, per così dire, si innamora e ama sentimentalmente e sessualmente altri esseri umani, esprime sessualità androginica. Tale sessualità può trovare diversi applicativi:
- se l’androgino-uomo investe la propria sessualità e affettività su un altro androgino-uomo si evidenzia quello che si denomina omosessualità;
- se l’androgino-donna investe la propria sessualità e affettività su un’altra androgino-donna, si evidenzia una situazione dello stesso tipo;
- se l’androgino (uomo o donna) investe la propria sessualità e affettività su entrambi, si definisce bi-sessuale.
Abbiamo verificato in modo inconfutabile che:
- tali forme di investimento sono esprimibili ed espresse dall’Io-psyché dell’essere umano;
- sono facoltà disponibili, per natura;
- sono elementi che esprimono la vita-autopoiesi, la salute e la naturale funzionalità.
Il fatto che siano innati consente all’Io-psyché di poter disporne, per auto-determinazione, in qualsiasi modo ritenga opportuno.
Ogni essere umano ha necessità di formarsi, attraverso il vissuto diretto, a se stesso, per scoprire, direttamente, in quale modo agire le facoltà innate di cui dispone, consapevolezza che gli consentirà di auto-definirsi nei modi in cui si auto-riconosce.
Nell’orientamento che sto descrivendo, si ha come effetto la remissione di ciò che viene definita
non conformità di genere!
Infatti, gli esseri umani che riconoscono e vivono l’androginia possono includere e assumere ogni
Identità di genere o ruolo di genere,
in quanto le realtà fisiologiche innate auto-consapevolizzate permettono di includerle. Ad esempio, un Io-psyché può assumere di vivere i modi del genere opposto rispetto a quello, per così dire, assegnato fin dalla nascita.
Si pone in remissione il transgenderismo, in quanto l’identità androginica permette di includere sia il maschile che il femminile, sia il sesso assegnato alla nascita sia quello non in linea. Per auto-determinazione, si può esprimere il ruolo di genere opposto al proprio sesso biologico. Le caratteristiche innate dell’Androgynus includono, effettivamente, tutte le possibilità esprimibili.
Non avrebbe alcun senso identificarsi in un corpo sessuato opposto a quello che si ha, appunto perché lo si sentirebbe in sé, il che porrebbe in remissione anche la necessità di cambiare sesso con l’aiuto di terapie ormonali e di interventi chirurgici: non ci sarebbe quell’esigenza, in quanto si saprebbe di disporre già quanto si sta perseguendo.
Includendolo il maschio-femmina, non è necessario il passaggio transessuale, da maschio a femmina, da femmina a maschio. Lo si può ottenere, abbinando la struttura androginica innata all’identità consapevole di Androgynus.
La consapevolezza realmente vissuta di Androgynus non può tecnicamente manifestare il
disturbo dell’identità di genere:
non dispone degli ingredienti per poter evidenziarla, non può nemmeno nascergli l’idea di quell’interpretazione diagnostica, proiettiva. La questione è semplicemente inerente l’auto-consapevolezza realmente vissuta dello zigote, è la
coscienza della cellula,
anche e soprattutto nel suo corrispettivo psichico, da essa inscindibile.
Non si tratta di nessun presunto disturbo mentale ma soltanto di assunzione formativa a se stessi. Men che meno può evidenziarsi quello che viene denominata
disforia di genere,
(ossia avere un corpo sessuato opposto a quello in cui ci si riconosce),
appunto perché si potrebbe esprimere entrambi.
Sono consapevole che il contesto socio-culturale, politico-religioso, filosofico-scientifico (…) in cui moltissimi esseri umani sono identificati, non facilita tale formazione a se stessi, la presa di consapevolezza delle reali funzionalità innate esistano davvero.
È necessario tenere presente che la definizione dell’orientamento sessuale androginico si basa sull’Androgynus auto-consapevolizzato, condizione innata dell’Io-soma dell’essere umano, il che non ha nulla a che vedere con stati identificativi e fissati sul solo sesso biologico e correlati culturali.
La questione che un transessuale da femmina a maschio sia
- eterosessuale, se attratto da donne
- omosessuale, se attratto da uomini
- bisessuale, se attratto da entrambi (o viceversa)
va in remissione, appunto perché la reale consapevolezza dell’androgynus consente di includere e di esprimere, senza ostacolatori, ognuno di questi aspetti.
La consapevolezza dell’androgynus è, di fatto, transmutatrice del paradigma esistenziale di molti esseri umani. L’accettazione vissuta che le in-formazioni, inerenti il cosiddetto sesso o il genere, sono, per intero, contenute in ogni singola cellula e che questa è inscindibile dall’Io-psyché evidenzia la mancata produzione dello stato psicosomatico, in conseguenza del quale si prova
- omofobia, paura dell’omosessualità
o
- trans-fobia, paura del transgenderismo.
Infatti, la cosiddetta omosessualità e la cosiddetta eterosessualità sono ingredienti disponibili all’Io-psyché se riconosco un processo dentro di me, non proietto la necessità di allontanarlo da me, perché diverso.
Nel contesto culturale P.Si., l’omosessualità e la trans-sessualità sono perfettamente riconosciuti come facoltà esprimibili e vissute come consapevolezza dell’innato manifestabile. Si entra nella normalità androginica, olistico-autopoietica e i disturbi, prima indicati, vanno in remissione.
Si partecipa-osserva anche la remissione dei sentimenti di repulsione, di disgusto e di evitamento, di non voler vivere e conoscere parti di sé. Si verifica la remissione di stereotipi e di pregiudizi: si vive la normalità innata, abbinata ad un acquisito simmetrico.
Dopo il raggiungimento di tale consapevolezza, nei gruppi P.Si ho sempre partecipato-osservato la remissione definitiva del pregiudizio verso quelle espressioni.
L’Androgynus è uno stato di autoconsapevolezza che ha radici nell’innato di sempre. Per questo motivo, non ha alcun senso e significato rifiutarlo: è come se l’onda decidesse di non accettare di essere mare, ci troveremmo di fronte ad una forma di scissione schizoide.
Sono consapevole dell’esistenza dell’omofobia, della trans-fobia, della rigidità di normative sessuali per cui si afferma che quelle semplici espressioni dell’Io-psyché sono definite malate, contro-natura, criminogene, perverse (…). Attraverso la pratica della P.Si., si evince che sono proprio quelle interpretazioni proiettive ad esserlo: sono forme di grave psicosi, scambiata per normalità. Ho sentito alcuni religiosi considerare l’espressione delle facoltà innate indicate un disordine morale. Ripeto, l’auto-determinazione disponibile all’I-psyché consapevole dell’Androgynus potrà auto-indicarsi, senza riserve o difese, che cosa assumere per se stesso.
Gli stati di identificazione nel genere e le questioni culturali simmetriche hanno evidenziato in molti esseri umani, in molte tradizioni, comportamenti che privilegiano l’eterosessualità, ossia il fatto che maschi e femmine siano attratti gli uni dalle altre, le altre dagli uni, giungendo a considerare le altre possibilità vietate o criminose. Tali visioni, talvolta, vogliono esportare e imporre l’etero-sessismo.
Paradossalmente, ci troviamo di fronte al fatto che, a livello innato, strutturale, agiamo come Androgynus e, nella manifestazione sensorio-percettiva, molti agiscono come identificazione le solo etero-sessismo, da imporre. Se tali Io-psyché riuscissero a re-integrarsi come funzionamenti unitari, non scissi, leggi e proiezioni sull’omofobia, sull’etero-sessismo e similari entrerebbero, ipso-facto, in remissione.
Quando ha operato con modalità che prevedevano teorie patologiche sulle cause dell’omosessualità, anche la scienza ha indotto, in modo iatrogeno, stress, se non patologie psicosomatiche, specialmente quando taluni somministravano pratiche mediche, particolarmente crudeli, che necessariamente non potevano ottenere alcun risultato, se non quello di indurre maggiori difficoltà al presunto malato.
Soltanto negli anni settanta-ottanta, la maggior parte della comunità scientifica ha deciso di escludere, definitivamente, tali anacronistiche concezioni eziologiche e le pratiche pseudo-terapeutiche che ne seguivano. Formandosi attraverso la P.Si., l’Io-psyché dell’essere umano scopre che i dover essere proiettivi culturali sessuali sono questioni psicosomatiche, ascrivibili al ritardo auto-formativo, ossia dei processi che la pratica formativa, da cui si evidenzia la teoria dell’Androgynus, tenta di porre in remissione.
Si evidenziano due componenti:
- tutti gli Io-psyché che non assumono la consapevolezza dell’androginia innata sono costretti, di fatto a identificarsi nel genere;
- tutti li Io-psyché che non ne hanno la consapevolezza non possono essere naturali e tendenti verso autoconsapevolezze maggiormente complete;
- l’inconsapevolezza, di cui ai punti 1 e 2, dà il via a molti pregiudizi e stereotipi sessuofobici.
Le ricerche pratico-teoriche sull’Androgynus nascono a Sutri (Vt), intorno all’anno 2000, con gli studi sulle diverse concezioni della manifestazione pratica della sessualità, anche in riferimento al Tantrismo e al Fang-pi-shu cinese. Il riconoscimento vissuto dell’androginia non è la conseguenza soltanto di tali studi e ricerche, ma dell’intera pratica P.Si. Uno dei primi risultati che mi sorprese è che la P.Si. non aveva alcun nesso con il femminismo o con il maschilismo, ma rappresentava, al massimo, momenti di passaggio nella formazione a se stessi. La pratica integrale della sessualità, abbinata simultaneamente alla pratica di stati estesi di coscienza (meditazioni dinamiche), mi condusse al vissuto dell’androginia. Quegli studi mi hanno permesso di vivere che è soltanto l’Io-psyché dell’essere umano, indipendentemente dal riconoscersi come uomo o come donna, l’ente che può auto-determinarsi al vissuto di ogni stato psico-somatico. Dietro le identificazioni nelle differenze somatiche e culturali, esisteva il comune denominatore, da cui tuti e con qualunque significato si evidenziavano.
A partire dall’Androgynus, è possibile proporre il modello culturale olistico-autopoietico che include i deversi modi di vivere la propria identità. Come dovrebbe essere ormai chiaro, l’Androgynus non nega, ma include le differenze e tutte le varianti di genere.
I progetti P.Si. di formazione vissuta all’Androgynus, proposti dalla I.S.U. hanno come obbiettivo quanto appena descritto: la propria auto-determinazione-realizzazione, scaturente dalla consapevolezza raggiunta.
Lo sviluppo dell’auto-consapevolezza sessuale è realizzato per auto-maieutica, ossia gli educatori (i maieuti) accompagnano i ricercatori alla presa di autoconsapevolezza.
Non si tratta, ovviamente, di proporre attività sessuali da realizzare in classe o a casa, quanto dell’aiuto aa auto-riconoscersi su quel piano, che i bambini (o gli adulti) esprimeranno per auto-determinazione, quando sapranno creare le condizioni relazionali adatte a realizzarlo.
La scoperta vissuta dell’identità androginica sessuale ci dimostra che l’identità sessuale riduzionista non può, di fatto, essere imposta.