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Sé, Io, psyché, ego, non Io, super-Io, anima, spirito (…): reintegrati nel campo coscienziale olistico-autopoietico

Dopo trent’anni di sperimentazioni viscerali, integrali, dirette, di innovative meditazioni dinamiche (Autopoiesi olosgrafiche o tecno-ontos-sophos-logie coscienziali), realizzate al di fuori del linguaggio verbale, culturale, ho deciso di integrare nel concetto di

campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché,

i termini

Sé, Psichè, Ego, non Io, super-Io, anima, spirito (…)

e così via.

Il vissuto inequivocabile che

tutto è coscienzialmente e atomicamente legato e inscindibile

mi ha mostrato che, essendo tale campo parte integrante di tutto ciò, anche soltanto per comodità espositiva, non si poteva individuarlo frammentato in molte parole e definizioni che avrebbero lasciato intendere implicitamente che l’uno fosse separato dall’altro. Ripeto: in base all’esperienza vissuta,

tutto è legato

come verificato ormai in quasi tutti i centri di ricerca scientifici e coscienziali.

Per la Sigmasofia, il campo coscienziale olistico-autopoietico evidenzia e include il sensorio-percettivo, il sensibile che, in riferimento all’essere umano, ho denominato Io-psyché, utilizzando il ∑igma (sommatoria) dei due termini più conosciuti. Il campo, e quindi anche l’Io-psyché, è un processo auto-organizzato, auto-coerente e stabile, la cui funzione è quella di essere parte integrante e inscindibile, nonché strumento di consapevolizzazione della realtà complessiva localistica e non locale, sensibile e sovrasensibile, conscia e inconscia (…). Il campo coscienziale è parte integrante creatore e consapevolizzatore dell’ambiente complessivo, anche nelle sue estensioni non locali, transfinite.

È lo strumento attraverso cui produciamo autoconsapevolezza.

Non può esistere e

non esiste la differenza tra Io e Sé,

se non per chi in quel modo vuole interpretare. Se partecipiamo-osserviamo da dentro l’Io e il cosiddetto , riconosciamo che, nella fisiologia funzionale innata, sono inscindibili. Ciò che ne risulta è l’Io-psyché che si manifesta e si specializza in stati di coscienza, utilizzando il sistema nervoso e cerebrale (evidenza anche di altri processi). Ciò che cambia è l’interpretazione che ne diamo: se io dico che un’onda del mare è mossa, mentre un’altra è calma, questa decodifica non mi legittima a dire che quelle onde sono scindibili dal mare (il campo coscienziale), sono e restano del mare e in esso si reintegrano! Si dice che l’Io sia inscritto nel Sé: in questa accezione, vissuta, si tratta della manifestazione-densificazione del campo coscienziale olistico-autopoietico. Affermare che, attraverso tale Sé, si entra in relazione con altri esseri umani, con il loro Sé, e riconoscendolo all’interno del corpo dell’altro, significa dire che un è il proprio, mentre l’altro è quello dell’altro (quindi, implicitamente, indicando l’esistenza di un non-Sé), è come se, tornando all’esempio delle onde (mossa e calma), una dicesse all’altra tu sei altro da me. Ma, sono entrambe parte del mare, del campo coscienziale, da cui si evidenziano.

Quello che sto comunicando è che le denominazioni indicate sono parte integrante di un campo che si estende alla non località e che si avvale del sistema nervoso e cerebrale, localistico. Ognuno di noi è onda (mossa, calma), ma pur sempre evidenza inscindibile del campo coscienziale olistico-autopoietico non locale. É questa la scoperta vissuta che cambia il paradigma:

non c’è separazione tra
soggetto e oggetto,
tra Io e non Io,
tra Io e Tu,

in quanto siamo tutti Olon, Uno, emanazione dello stesso campo coscienziale che, densificandosi, assume la morfologia della manifestazione sensibile.

Si vive che il campo coscienziale sia il principio attivo, il determinismo olistico autopoietico locale e non locale, ossia ciò da cui si evidenziano tutte le cosiddette attività psico-somatiche. Intendo dire che anche l’ambiente verso cui si pensa di investire i propri contenuti è parte integrante e inscindibile del tutto legato che siamo: tutto ciò ha delle implicazioni enormi di cui, forse, molti non si sono ancora resi conto.

Posso dire di aver eliminato l’ego: l’onda mossa, agitata, dice Io sono autonoma, centrata su me stessa, poco umile e irruente nella mia azione, il che non le fa smettere di essere parte integrante dello stesso mare, dello stesso campo coscienziale. Quindi, se è presente, lo è nello stesso campo di tutti, nello stesso mare, inscindibile. Quindi, anche se localmente (nella sfera del percepibile dai sensi) sono a posto con me stesso e non sono identificato nell’ego, ne sono comunque parte, perché l’onda, lo stato egoico, prodotto da un cosiddetto altro è emanazione dello stesso campo, quindi, non posso, di fatto, affermarlo nemmeno per me stesso, se ho onestà intellettuale e visione olistica (questo non significa che localmente un Io-psyché non possa disidentificarsi da tali stati ed espandersi con la propria consapevolezza dove vuole, ma questo non fa smettere a quell’onda, di cui siamo parte inscindibile, di esistere). Per questo, in un aforisma che sintetizza tale processo, troviamo la dicitura:

posso guarirti, autoguarendomi,
e viceversa.

Dicono che non sia corretto assimilare l’Io all’ego. Non si tratta di correttezza, bensì di riconoscimento del dato funzionale innato, per cui la coscienza è un campo che non solo assimila, ma è parte integrante e inscindibile di uno stesso processo e che, ripeto, è soltanto la nostra interpretazione a suddividere, in quanto non riesce a percepire i legami inscindibili, quantistici e sub-quantistici, nonché coscienziali, di tali funzionalità psichiche.

Non è neanche vero che l’Ego sia una forma primordiale di Io, così come alcuni scienziati hanno interpretato.

Non si tratta di un’assimilazione di Io uguale Ego (in molte traduzioni si nota), ma di un unico processo funzionale: utilizzando l’Io-soma, posso produrre uno stato amorevole e uno stato violento, che risultano essere emessi dallo stesso corpo. Un mare non trascende l’onda che ha emesso: al massimo, così come l’ha emessa, la riassorbe e, se si vive l’estensione complessiva del mare, disidentificandosi dall’onda proposta, non è trascendenza, ma estensione-espansione di coscienza, che contiene, come elemento funzionale, quell’onda, quella funzione egoica, a volte in modo così espanso che non risulta nemmeno visibile e riconoscibile.

La crescita in consapevolezza è il riconoscimento del campo coscienziale olistico-autopoietico su base vissuta e non intellettuale, che passa attraverso la disidentificazione dall’onda, dalla dicotomia, dalla dualità, dall’enantiodromia (letteralmente corsa all’opposto, ossia il susseguirsi di stati d’animo opposti: lo stare bene e lo stare male, provare gioia e poi dolore, affetto e violenza, e così via). Amore e odio sono manifestazioni opposte-complementari di uno stesso processo, tecnicamente in grado di generare entrambi: nelle funzionalità sub-quantistiche e oltre, non esiste una funzionalità che dica io rispondo al male con il bene, all’odio con l’amore, in quanto, qualunque cosa si intenda con questi termini, sono il prodotto di ciò che è in grado di produrli, ossia della forza unitaria Uno, Olos, che qualsiasi stato coscienziale può creare.

Non si tratta di affrancarsi da questioni egoiche, quanto di disidentificarsi da esse e di entrare nel riconoscimento di funzionalità coscienziali olistiche che non abbiano bisogno di produrre quegli stati identificativi che, durante l’esistenza, hanno avuto una reale funzione nel lavoro di formazione dell’auto-consapevolezza.

Si tratta di penetrare, di vivere le funzioni complessive e di capire il perché dell’esistenza di queste produzioni. Scopriremo che nulla è a caso e che anche l’ego assolve ad una precisa e riconosciuta funzione nel lavoro di presa di consapevolezza, e non sto affermando che sia necessario identificarsi e fissarsi in esso. Ripeto: al vissuto viscerale, le cose si mostrano in modo più complesso.

Ricapitoliamo.

Esiste il campo coscienziale olistico-autopoietico localistico e non locale, transfinito, un campo unico. Tale campo, presente nel cuore delle microstrutture, si evidenzia ognidove, quindi anche nel corpo umano. Qui, per specializzarsi in stati coscienziali, definiti pensare, volere, sentire, concettualizzare, immaginare ecc., utilizza le funzionalità corporee che ha contribuito a generare, essendo da esse inscindibile (sono lo stesso processo). Denomino la quantità di campo coscienziale, presente nel corpo fisico, Io-psyché che è, quindi, sempre riconosciuto e vissuto come estensione, evidenza del campo unico. Producendo stati coscienziali, esperienze, tende ad identificarsi in esse, ossia esprime ciò che ha sperimentato e riconosciuto e, siccome quello ha fatto, in quello si riconosce, indicando in generale una mancanza di formazione e riconoscimento vissuto di ciò che sta a monte, ossia del campo coscienziale olistico-autopoietico, di cui le esperienze in cui si riconosce sono emanazione, anche se, spesso, non ne è consapevole.

Tale Io-psyché è la struttura auto-organizzatrice dell’Io-soma in cui si riconosce, ed evidenzia meta-bisogni, bisogni, desideri, pulsioni e auto-organizza la cosiddetta vita sociale. Ma, per la Sigmasofia, uno dei suoi scopi fondamentali è appunto quello di formarsi a riconoscersi, quale realmente è, ossia emanazione del campo olistico-autopoietico e non soltanto un mazzo di esperienze, tramite le quali pensa di decodificare la realtà.

Per la Psicanalisi, l’Io corrisponde all’Ego: in ogni caso, l’Io-psyché è evidenza inequivocabile del campo coscienziale olistico-autopoietico e non lo viviamo ovviamente scisso da esso. Attraverso tale strumento fondamentale, produciamo stati coscienziali, riconoscimenti dei funzionamenti dell’Universi, di cui siamo parte integrante e inscindibile, quindi è lo strumento che ci serve per conoscere. Se eliminassi una delle funzionalità, andrei ad incidere sullo strumento fondamentale, di cui si dispone per consapevolizzare, per conoscere le cose, compreso il sovrasensibile, il mondo olistico, spirituale: se elimino lo strumento per riconoscere, chi consapevolizzerà le cose che si vivono, anche attraverso la meditazione?

Per questi motivi, è gioco forza potenziare l’Io-psyché fino a che, vissuto dopo vissuto, si riconosca come campo coscienziale olistico-autopoietico transfinito, e via via proseguire con la consapevolizzazione di parti di se stesso. L’oceano transfinito, che è il campo coscienziale olistico, procede per auto-consapevolizzazioni ed è questa l’opera Sigmasofica.

La Sigmasofia è una rivoluzione rispetto ai moti ordinari dell’Io-psyché (da verbalizzazione di un ricercatore), in quanto rimette al centro il campo coscienziale olistico-autopoietico che consapevolizza, utilizzando funzioni create da tale campo fino a riconoscersi nelle estensioni che veicola e che, essendo esse transfinite, innescano un processo di ricerca continua di auto-consapevolizzazione. Non si finisce mai di apprendere, diceva mio nonno Antonio senza, probabilmente, rendersi conto della impressionante implicazione di ciò che intuitivamente e saggiamente affermava.

L’Io-psyché non è un sintomo, come dice Lacan, ma è lo strumento fondamentale che utilizziamo per riconoscere e consapevolizzare. È proprio potenziandolo, espandendolo, che riconosce la propria scaturigine di cui, spesso, non è consapevole. Rafforzarlo non è rafforzare un sintomo, ma creare le condizioni di espansione su se stesso e sulle sue estensioni non locali. Lacan dovrebbe spiegare come può un’istanza definita inconscia riconoscere e consapevolizzare se stessa se è, appunto, inconscia e quindi non conscia. L’Io-psyché non è una difesa, una riduzione, anche se è stato utilizzato proprio in quel modo, ossia come manifestazione non funzionale se non si prende consapevolezza del meccanismo a monte che lo genera, ma perfettamente funzionale, se vissuto come passaggio, appunto, da attraversare e comprendere. L’Io-psyché si identifica e si fissa in una o più esperienze sensorio-percettive, da lui stesso create, scambiando tale identificazione per realtà, ma in questo caso, la discrasia (il malessere) è l’identificazione fissazione.

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