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IO-MANTEO E VISIONE OLISTICO-AUTOPOIETICA
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IO-MANTEO E VISIONE OLISTICO-AUTOPOIETICA

Nel campo coscienziale, il ricercatore può incontrare esperienze registrate anche da Io-psyché che si trovano nello stato coscienziale punto morte, prendendo coscienza dell’Io-manteo autopoietico.

Prendendo coscienza del campo autopoietico (energetico), è possibile percepire immagini, la visione olistico-autopoietica. Non importa se vengono viste interiormente o se sono traslate esteriormente, percependole sovrapposte alla realtà sensorialmente percepita, quella normale: l’importante è che tali processi possano attuarsi. Quello appena descritto è un processo funzionale comune ad ogni Io-psyché e, per questo motivo, se ne trovano tracce in ogni cultura del Pianeta.

Il ricercatore può incontrare nel campo coscienziale esperienze registrate anche da Io-psyché che si trovano nello stato coscienziale punto morte, prendendo coscienza dell’Iomanteo autopoietico. Si tratta di un laboratorio interiore-esterno (coscienziale e architettonico), attraverso cui, dopo essere entrati nello stato di E.C.A., si creano intenzionalità che vengono con-partecipate con altre parti-Universi anche se si trovano nello stato coscienziale punto morte. In molti casi, si verifica che il ricercatore riesca ad evocare memorie, brani di esperienze, realizzate dall’Io nello stato punto morte. L’Io-manteo autopoietico è una facoltà dell’Io-psyché, processo che diviene particolarmente interessante, quando si riesce a percepire informazioni, non note, appartenenti al defunto, di cui non si era a conoscenza e che sono state verificate.

La visione olistico-autopoietica, collegata all’Io-manteo, consente non di vivere processi paranormali, ma funzionalità naturali, appartenenti a tutti.

Nell’Io-manteo autopoietico, le immagini visualizzate sono sempre molto definite e tridimensionali e spesso sono talmente intense che vengono transmutate in Io-plastie: l’Io acquisito, che attua la rievocazione con potenza e intensità, trasla all’esterno l’immagine da lui stesso costruita, riuscendo a percepirla.

Praticando l’Io-manteo autopoietico, si evidenziano esperienze di persone, entrate nello stato coscienziale punto morte da poco tempo, altre si verificano senza limiti di tempo.

Tale evocazione e visione olistico-autopoietica ha una durata di tempo limitata: ad oggi, un massimo di tre minuti (circa).

Tutto questo non c’entra nulla con il presunto al di là, ma con i vissuti della non località e del campo coscienziale autopoietico, in cui tali memorie vengono memorizzate. È importante tenere presente che, per ricordare, l’Io-psyché si avvale di specifiche aree cerebrali, il che non coincide con il fatto che le memorie risiedano in quel luogo.

Ci sono evidenze dell’Io-manteo autopoietico in prossimità dell’avvicinarsi del punto morte, quando si è malati o in fase terminale. Una particolare intensità attiva tali visioni, in quanto il soggetto sente di essere in procinto del punto morte e tale intuizione crea simmetrie con il campo coscienziale e le risonanze con altri esseri umani, che si trovano nello stesso stato. È la miscela che crea intenzionalità molto simile a quella che utilizziamo per risvegliare l’Io-manteo autopoietico. Per questo motivo, è fortemente sconsigliabile utilizzare sedativi in prossimità del punto morte.

Tutti questi processi si spiegano con il campo coscienziale autopoietico non locale, esperienze che ci indicano nuove valutazioni e visioni riguardanti lo stato coscienziale punto morte.

È possibile comunicare con immagini operanti nell’inconscio acquisito personale e collettivo: la pratica di specifiche tecno-ontos-sophos-logie che consentono di finire nella percezione diretta di un’immagine o di finire nello spazio tra la formazione di un’immagine coscienziale e l’altra.

Il ricercatore che le utilizza, in sintesi, pratica l’autopoiesi olosgrafica e, attraverso diverse operazioni, risveglia, crea spontaneamente l’immagine o finisce in una regione, in cui non percepisce né visualizza immagini.

Non si indaga l’aldilà, ma si prende coscienza di immagini anche collegate ad eventi passati, remoti, che veicolano informazioni, messaggi intelligenti, da decodificare. Le risposte sono fornite da esperienze, memorizzate, agite dall’Universi-parte e registrate nel campo coscienziale.

È ovvio che, nell’inconscio acquisito personale e collettivo, è possibile trovare qualunque tipologia di esperienza registrata e relativo campo istintivo emozionale, ma si tratta di contenuti mnesici, né positivi né negativi, ma di processi esistenti.

L’Io-psyché, in queste operazioni, tende ad identificarsi in questa sua facoltà, in alcuni momenti taluni ricercatori hanno pensato che soltanto la visione olistico-autopoietica poteva veicolare significati. In alcuni applicativi, la visualizzazione creata è così potente che il ricercatore si spaventa, anche producendo immagini spettrali, di solito definite mostruose. In quegli stati, attraverso l’immaginazione creatrice, si evidenziano oggetti dal nulla, processo eidetico (oggetto ideale della mente indipendente dalla realtà esterna, da Dizionario It. Hoepli) che, in alcuni casi, viene traslato all’esterno. Lo si rende percepibile anche in quel luogo: alcune immagini sono così potenti e spaventose che taluni le somatizzano: è l’utilizzo della visione olistico-autopoietica, senza essersi formati adeguatamente alla pragmatica della disidentificazione.

Ho seguito casi significativi di autosuggestione: alcuni di quei ricercatori già soffrivano di forme serie di depressione, di disordine istintivo-emozionale che, al momento dell’uso della visione interiore (non autopoietica, sigmasofica) hanno potenziato la loro psico-somatizzazione, anche in modi irreversibili, sfociati in un ricovero ospedaliero. La pragmatica della disidentificazione e le concentrazioni transmutazioni autopoietiche, proposte dalla Sigmasofia, pongono in remissione i processi proiettivi della visione olistico-autopoietica.

L’uso abituale della visione olistico-autopoietica può portare ad un contatto prolungato con immagini memorizzate, interpretate come particolarmente negative e paurose, su cui l’Io, per specifici motivi, può cristallizzarsi, fissarsi in uno stato identificativo che può esprimersi sotto forma di psicosi. Ad esempio, ci si può fissare su voci che si sentono all’interno di sé e che, talvolta, costringono a specifiche azioni che determinano visioni esterne, dello stesso tipo.

Nelle visioni olistico-autopoietiche, può accadere di produrre insights intuitivi e sincronici anche precognitivi, processo che, se attendibile, è sempre indicatore di potenzialità coscienziali espanse, ampliate.

La consapevolezza dell’Io, maturata durante la formazione vissuta a se stesso, fa da antidoto a qualunque produzione discrasica (patologica), potenzialmente producibile dall’Io.


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