VIA DI CONOSCENZA SIGMASOFIA

FONDATORE

Nello MANGIAMELI

∑ophy

Official web site

SIGMASOFIA, CORPO ETERICO, CORPO ASTRALE E (…)
Home » Tradizione ed esoterismo » SIGMASOFIA, CORPO ETERICO, CORPO ASTRALE E (…)

SIGMASOFIA, CORPO ETERICO, CORPO ASTRALE E (…)


  • Il corpo eterico
  • Il corpo astrale

Il corpo eterico

È il nome che studiosi dell’esoterismo e dei cosiddetti mondi spirituali (i Teosofi, gli Antroposofi ad esempio) hanno elaborato e perfezionato, per tentare di descrivere il presunto corpo sottile che dovrebbe esistere nell’essere umano (e in altri esseri viventi), anche denominato,

aura
(dal greco ayra che significa soffio).

Si tratterebbe di una sorta di

alone luminoso, invisibile alla vista
(range rosso-viola),
che circonderebbe e animerebbe appunto gli esseri viventi,
una sorta di bozzolo, di ovoide energetico che
sopravvivrebbe al momento della morte.

Viene descritto come un processo che apparterrebbe ad una sorta di

anatomia occulta.

La formazione vissuta a me stesso, durata più di trentacinque anni e costituita da tecniche di concentrazione-meditazione (dinamiche e statiche) e di ogni tipologia di vissuto istintivo-emozionale e di stati estesi di coscienza, mi ha dimostrato che in me stesso operano gli stati Io-somatici, denominati

concettualizzare, pensare, percepire, volere, sentire immaginare, sognare (e così via)

 e che tutti questi stati emergono da un processo specifico, che comprende

la vita-autopoiesi e le in-formazioni innate sensibili e sovrasensibili,
localistiche e non locali che ho riscontrato nelle cellule, nelle microstrutture
e che quest’ultime operano in stato di entanglement con tutte le altre.

Si tratta del corpo umano che tutti possiamo percepire attraverso i sensi ordinari e in cui individuiamo i processi sovrasensibili innati appena descritti, non percepibili attraverso la vista ma utilizzando iper-sensibilità (percezione dell’infrarosso e dell’ultravioletto e oltre), che in ogni caso, ogni essere umano può facilmente intuire e dedurne l’azione in se stesso. I processi Io-somatici indicati (e altri) funzionano, simultaneamente, sempre. Quando partecipiamo-osserviamo il corpo di un essere umano utilizzando un visore all’infrarosso o con i sensi ampliati (ipersensibilità), possiamo riconoscere, appunto, l’emissione dell’infrarosso, del calore, e di altre radiazioni, la cui forma complessiva emessa è antropomorfa: tale radiazione si integra con il calore emesso dal sole o da radiazioni evidenziantesi dall’ambiente complessivo. Le in-formazioni innate vitali operanti nelle cellule, nelle microparticelle e oltre, per così dire, tengono acceso in vita e in piena tensegrità (non si disgrega) l’Io-soma dell’essere umano, che inizia a produrre la loro disgregazione dal momento in cui produce il punto morte: basta osservare un cadavere e si riscontrerà la fase, denominata dalla tanatologia, putrefactio. Ciò significa che al momento del punto morte, la vita-autopoiesi “non finisce” ma inizia ad operare in quell’Io-soma in modo differente rispetto a come lo fa dal punto nascita al punto morte. Infatti, a comprova,

non finisce la vita complessiva ma il suo modo di esprimersi in quel corpo.

Eterico rimanda al concetto di etere, semplicemente inteso come una quinta sostanza, una
quint’essenza che si aggiungerebbe ai noti terra, acqua, cielo e fuoco,

come

ciò che costituisce il presunto

mondo celeste.

A etere immutabile, senza peso e trasparente hanno attribuito anche la funzione di

propagatore della luce,

evidenziando quindi l’esistenza di un presunto piano (corpo) eterico che si formerebbe al momento della altrettanto presunta

incarnazione nella materia.

La sperimentazione diretta (inequivocabile) e la genetica mi dimostrano che

le in-formazioni innate di vita-autopoiesi
sono ampiamente spiegate dalla trasmissione genetica di padre-madre in figlio:

lo spermatozoo più l’ovocita, ossia lo zigote contiene le in-formazioni di vita-autopoiesi necessarie a dare la continuità di vita (concepimento-punto morte) che, appunto, si evidenzia in ogni nuovo nato.

Non c’è nessuna interruzione in questo
filo blu di procreazione padre-madre-figlio
(in Sigmasofia denominato Y, due forze che convergono e si fondono in un punto da cui si evidenzia la proprietà emergente il figlio),

il respiro, il pneuma antico, avviene da questi processi, ci sono prove inconfutabili. Le in-formazioni metafisiche che molti centri di ricerca spirituali ipotizzano, ossia dell’esistenza di una sostanza che denominano prana (che significa, appunto, respiro, soffio vitale) ci evidenzia molte meno in-formazioni, rispetto a quelle che possiamo ottenere dalla biologia e dalla biologia-fisica quantistica. Il prana, questo non meglio specificato ente, determinerebbe il nutrimento della dimensione psichica ma, le spiegazioni teoriche che vengono date sono perfettamente contenute e trascese dal concetto di vita-autopoiesi innata, presente nell’Universo complessivo e in noi stessi che siamo entangled con esso.

L’eterico è stato nominato da altri ricercatori anche come

perispirito,

da cui si finisce in un improbabile (leggasi inesistente)

spiritismo.

In sintesi, riferiscono, esisterebbe lo

spirito
(ente mai descritto in modo adeguato, completo)
il quale utilizzerebbe il corpo in cui si immetterebbe,
per collegarsi con le percezioni attuate dall’encefalo
(v. Kardec, libro degli spiriti).

Di questo presunto fluido spirituale, in trentacinque anni di sperimentazioni continue, integrali, non ho e non abbiamo mai trovato traccia, né diretta né indiretta. Non è paragonabile nemmeno al concetto esoterico del cosiddetto doppio eterico, ossia di un presunto

duplicato in forma energetica del corpo fisico.

Infatti, la pratica della delocalizzazione dell’Io-psyché dal corpo (autonomia dal sistema nervoso) che seguo da più di vent’anni, avviene come spostamento dell’attenzione dell’Io-psyché il quale, appunto, assume autonomia rispetto al corpo fisico e al sistema nervoso-encefalo, in cui si individua ed identifica: in tal modo, assume la capacità di auto-riconoscersi nelle estensioni come campo coscienziale entangled (interiore-esterno sono un processo unico). L’essere umano, di fatto, è un ente che si espande inscindibilmente, dal sensibile al sovrasensibile, dal localistico al non locale.

Siamo un unico complessivo che funziona simultaneamente:
Universi-parte, noi stessi.

Le forze formatrici di un organismo, di un essere vivente, sono contenute nelle in-formazioni innate che operano nella cellula, negli atomi e un ricercatore che sviluppa iper-sensibilità può intuirle e prenderne consapevolezza. La vita-autopoiesi complessiva, che non mi sento di denominare corpo eterico, è ciò che evidenzia se stessa densificandosi come corpo umano, come organismo. Non esiste e non è mai esistita la separazione del presunto corpo eterico dal corpo fisico, in quanto, ripeto, in un Universi entangled non ci può essere scissione, separazione. La morte avviene non per quella presunta e proiettiva separazione del corpo eterico dal corpo fisico, ma per in-formazioni innate presenti nella cellula, negli atomi che, appunto, non determinano il fine vita, ma il suo modo di manifestarsi nel corpo. La patologia è conseguente alla variazione-contrasto che l’Io-psyché soma determina dalle funzionalità innate, sono scelte dell’acquisito di ognuno, che se ne discosta. La simmetria dell’acquisito, diverso per ognuno, con l’innato comune a tutti è la

vis medicatrix naturae
(che significa forza guaritrice della natura).

La pratica operativa mi dimostra che ogni corpo umano contiene e veicola principi attivi innati, in-formazioni di auto-rigenerazione-guarigione.

Come tutti, le piante trasmettono in-formazioni innate di vita-autopoiesi, la stessa che riscontriamo nell’essere umano: ci sia da riferimento la fase del sonno senza sogno (N-REM), durante il quale

partecipiamo-osserviamo l’essere umano funzionare
per automatismo innato, determinato dalla vita-autopoiesi in circolo.

Le piante funzionano in un modo paragonabile a quello appena descritto, le in-formazioni di vita-autopoiesi sono presenti in ogni ente della manifestazione sensibile, una delle implicazioni dell’entanglement micro-particellare e coscienziale. A differenza delle piante, nell’essere umano le funzionalità acquisite, la cultura, i significati-significanti, le intensità istintivo-emozionali diverse per ognuno, che si sovrappongono alle funzionalità innate di vita-autopoiesi, ne divengono un applicativo. Si tratta del piano cosciente che però continua a funzionare simultaneamente con quello innato. L’Io-psychè all’opera durante il giorno è lo stato di veglia, durante la notte è sonno senza sogno e sonno con sogno. Quindi, è possibile affermare, sempre per esperienza diretta, che l’Io-psyché può assumere di funzionare in modo simmetrico fusionale e consapevole con le forze innate di vita da cui si evidenzia e che gli permettono di esistere. Il suo scopo non è agire come variazione-contrasto dall’innato (se non come fase propedeutica di forgiatura), ma, una volta prodotta tale consapevolezza, procedere in modo simmetrico, ossia in

autonomia fusionale autopoietica.

In realtà, non esiste un’alternanza tra il giorno e la notte, tra veglia e sonno, se non per le nostre interpretazioni, in quanto essi funzionano simultaneamente come

centinaia e centinaia di vissuti
di veglia-sognante e di sogno-lucido
mi provano.

Le variazioni-contrasto dall’innato, le scissioni, sono state funzionali per rendere possibili le funzioni di presa di consapevolezza dell’Io-psyché, conseguenti alle esperienze di vita che ci siamo autorizzati a vivere, che vengono registrate-memorizzate nel campo coscienziale e non come taluni ritengono nell’encefalo che è soltanto l’organo che l’Io-psyché utilizza per ricordarle (lo scienziato ortodosso se vuole valuti questa evidenza sperimentale).

Lavorando su tale campo coscienziale (di vita-autopoiesi), si può prendere consapevolezza dei suoi contenuti: nell’Io-psychè, esiste la facoltà di comprendere, di consapevolizzare quanto finora descritto, da leggersi come una delle naturali facoltà e non come buddhi (la cosiddetta intelligenza spirituale). Ribadisco. L’Io psyché è evidenza del campo coscienziale all’interno del quale è semovente ossia può spostarsi e riconoscersi (la già citata autonomia dell’Io dal sistema nervoso). L’Io psychè non modifica l’innato di tale processo ed estensione coscienziale, bensì ne prende consapevolezza (motivo per cui non uso la locuzione corpo eterico modificato dall’Io, utilizzata da taluni ricercatori spirituali).

Ed ancora.

Il corpo eterico non è una controparte del corpo fisico, in quanto esiste un campo unico, un unico corpo funzionante simultaneamente. Come detto, il corpo fisico si estende con l’emissione dell’infrarosso, dell’ultravioletto e di altre radiazioni, esplorabile e consapevolizzabile fino all’entanglement delle microparticelle e oltre. In tale campo non si percepiscono le cosiddette

forze elementali,

così come riferito da esoteristi, da antroposofi e da altri, ma si riscontrano le in-formazioni innate del genoma, delle microparticelle: in tale vita-autopoiesi esistono le funzioni riproduttive innate che non sono del corpo eterico, come taluni riferiscono. La cellula è formata da spermatozoo (principio maschile) e da ovocita (principio femminile), insieme formano androgynus, l’androginia innata di ogni essere umano. Durante la pratica operativa non ho mai, ripeto mai, riscontrato l’esistenza di un corpo eterico femminile se il corpo è maschile e viceversa, da altri studi e ricerche risulta invece che si tratta di proiezioni e di interpretazioni che non hanno saputo riconoscere l’androginia innata (lo zigote) e il suo inscindibile corrispettivo coscienziale.

In punto di morte, l’Io-psyché non resta identificato-fissato nel corpo fisico in cui si individua, ma con la sua facoltà semovente di cui dispone può muoversi nel campo coscienziale innato che da se stesso si estende, non si separa, quindi, ed è questa azione di semovenza che

determina l’appesantimento del corpo
(catalessi).

Lo spostamento dell’Io-psychè è continuo e, quando la disidentificazione coinvolge organi cosiddetti vitali come l’encefalo, il cuore, i polmoni, si viene a determinare una remissione delle loro funzioni, assimilabile al soffocamento che di solito spaventa. La paura che si prova in quei momenti (pre-delocalizzazione dell’Io-psyché, ad esempio) è meno intensa se l’Io-psyché è allenato e ha praticato consapevolmente le tecniche della de-localizzazione. La vita-autopoiesi è visualizzabile, attivando con continuità la visione olistico-autopoietica (paragonabile al cosiddetto terzo occhio), apertura che non mi ha evidenziato la visualizzazione degli esseri descritti dall’esoterismo, i deva, ossia ciò che è definito come divino, ma mi ha aperto alla percezione diretta di in-formazioni innate che sono in me, coloro che guidano il mio vivere, il mio esistere.

Il corpo astrale

La Tradizione esoterica indica il corpo astrale come uno degli strati sottili che ricoprirebbero il corpo fisico degli esseri umani ed anche il presunto corpo eterico (che come abbiamo visto in Sigmasofia è vissuto in altri modi). È astrale, perché lo riferiscono alla luce emessa dalle stelle.

Secondo quelle interpretazioni sarebbe un

abito stellare dell’anima

che farebbe da ponte, da interconnessione, tra il corpo e la parte immortale di un essere umano.

Ed ancora.

Si tratterebbe di uno strato che sta al di sotto dell’anima immortale, attraverso cui si impianterebbe nel corpo fisico, per poi entrare in remissione al momento del punto morte, per poi ri-attuarsi al momento della reincarnazione.
veicolo formato da sostanza stellare che trasporterebbe l’anima,
e collegherebbe la componente della ratio al corpo.

I trentacinque anni di vissuti non mi evidenziano niente, ripeto niente, di quanto sopra descritto: alla vista sovrasensibile, l’Io-psyché appare come l’evidenza di un campo coscienziale (vita-autopoiesi) complessivo, innatamente in-formato, attraverso cui ogni essere umano realizza la propria storia acquisita, ma che come base ha tale campo inscindibile, entangled.

Quello che hanno scambiato per

anima personale individuale
è l’insieme delle caratteristiche acquisite vivendo,
ma chi acquisisce è il campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché,
ossia ciò che sta operando e mi ha costretto a porre in
remissione il concetto di anima.

Di tale campo, ogni essere umano è parte integrante, entangled, inscindibile, di conseguenza della presunta incarnazione e reincarnazione non si riscontra alcuna traccia. Ciò che si partecipa-osserva è la riproduzione sessuata di padre-madre in figlio, evidenza del campo in-formato innato, di cui le acquisizioni ottenute vivendo entrano a far parte, a cui, potenzialmente, ogni nuovo nato (fluttuazione innata di Universi-parte) può attingere (viene denominato inconscio personale, collettivo e, nell’integrazione Sigmasofia, inconscio autopoietico, quello della natura). Di conseguenza,

ogni nuovo nato ha potenzialmente a disposizione tutte le in-formazioni innate e acquisite, prodotte da ogni essere umano, motivo per cui

la concezione della reincarnazione e del karma, dopo aver svolto la sua funzione propedeutica, è divenuta anacronistica e superata ed agisce come sostegno della nostre radici:

le dinamiche sono molto più complesse della
semplicistica concezione del karma e della reincarnazione.

Non è mai esistito il dualismo cartesiano spirito-materia, in quanto, come ribadito più volte, sono un campo unico quindi come per il corpo eterico, il corpo astrale non può essere l’elemento mediatore tra questi due presunti enti. Il concetto vissuto di Io-psyché ha come ingredienti il campo istintivo-emozionale (parte integrante di quello coscienziale) che non è visibile ma è “ascoltabile somaticamente” nelle sue intensità. Tale campo istintivo-emozionale, il sistema nervoso-encefalo sono più che sufficienti a spiegare questi processi, senza ipotizzare l’esistenza di un corpo astrale (o emozionale)

che avrebbe un sistema di nervi e di arterie sovrasensibili che servirebbero al trasporto di un non meglio precisato fluido astrale,
paragonabile, per taluni spiritualisti, a quanto il sangue è per il corpo fisico.

L’Io-psyché include e trascende tali in-formazioni innate, quelle che governano il fluire istintivo-emozionale e i relativi significati-significanti che gli attribuiamo. È vero che esiste una componente visibile e una non visibile, utilizzando i soli sensi ordinari, ma è altrettanto vero che, sviluppando la funzione innata della visione olistico autopoietica, è possibile iniziare a percepire in quel modo i processi non visibili interiori e non localistici ed è proprio attraverso queste funzioni che si riconosce come la

sede dei sentimenti, dei metabisogni, dei bisogni-desideri degli istinti e delle emozioni siano funzioni, ingredienti dell’Io-psyché che può riconoscerli indagando e vivendo se stesso.

Non esistono le cosiddette

tonalità animiche
(in base al tipo di passione che produciamo)

ma creazioni dell’Io-psyché dell’essere umano, esattamente nel modo come lo fa.

Altro processo, che non trova alcun riscontro nei vissuti, è quello che il presunto corpo astrale evidenzierebbe dei colori, essendo i colori operanti nel range sensibile, se fossero realmente esistenti ognuno potrebbe vederli. Questo è verificabile anche nell’interiorità: se, chiudendo gli occhi, si percepiscono colori significa che questi sono nel range sensibile che tutti possono vedere, leggera differenza c’è quando si oltrepassa il range sensoriale (rosso-viola) e si entra nell’infrarosso o nell’ultravioletto ed è lì che si percepiscono, visualizzano,

tonalità non denominabili con i nomi convenzionali dei colori,

ma come un’unica tonalità al di là dei colori (all’iper-sensibilità, l’infrarosso, ad esempio, si mostra come una radiazione a-colore, simile a quella emessa dall’asfalto d’estate, sotto il sole di agosto, alle 13.00 quando è più che bollente!). La presunta aura colorata, se ci fosse. appunto perché tale, sarebbe visibile a tutti (sia interiormente che esternamente). Ragioniamo: una visione sovrasensibile non può essere come quella sensibile, nel qual caso non ci sarebbe nessuna differenza tra loro.

Per questo motivo, la scomposizione in sette presunti livelli, elaborata dalla Helena Blavatsky, addirittura individuandoli come

piani gerarchici dell’astrale,

non hanno trovato nessun riscontro, ripeto malgrado le migliaia e migliaia di ore trascorse nella meditazione-concentrazione applicando anche i sistemi tradizionali. Come in un Universo entangled con funzionalità simultanee non ha alcun senso e significato ipotizzare presunte orbite e posizioni planetarie, quelle dell’astrologia, in quanto nell’Universo ci sono radiazioni che sono più intense e più in-formate rispetto a quelle dei dodici pianeti, indicati dall’ astrologia esoterica. Il fatto che tali pianeti siano più vicini e riconoscibili non ci dice assolutamente nulla del cosiddetto logos in quanto l’Universo funziona in modo simultaneo (è dimostrato!) e noi ne siamo parte integrante e inscindibile. L’Io-psyché è senziente, è sensorio-percettivo e ci permette di creare le sensazioni e le percezioni (soggettive e non oggettive!), a queste può abbinare significati-significanti soggettivi, derivanti dall’acquisito personale. Tale corpo psichico, coscienziale, esprime metabisogni e bisogni-desideri, detto questo evidenzia anche la fisiologia che permette ad ognuno di essi e ad ogni stato Io-somatico di evidenziarsi, tale fisiologia è il campo coscienziale olistico-autopoietico, la vita-autopoiesi da cui l’io-psyché stesso si evidenzia. Tale campo non possiede una forma definibile, ma molteplici morfologie sono riconoscibili in esso perché in quel modo l’Io-psyché le interpreta, vero è che si possono percepire forme bios-luminescenti geometriche, tridimensionali e soprattutto frattali.

Lo stato di veglia si manifesta in conseguenza di in-formazioni innate, presenti nel campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché. Per dare un riferimento, tale campo coscienziale funziona esattamente nel modo con cui possiamo riconoscerlo durante il sonno N-REM, anche in quel caso partecipiamo-osserviamo la vita-autopoiesi in azione, quella che tiene acceso, vivo il corpo (quando l’Io-psyché non è presente, attivo, in quella fase si parla, appunto, di

incoscienza nel sonno
e questo, per i motivi indicati, non ha nulla a che vedere con la
presunta separazione del corpo astrale da quello eterico:

 la vita-autopoiesi alimenta ed è presente continuamente nel corpo, il processo che può far divenire se stesso semovente è l’Io-psyché, la cui semovenza durante il sonno gli consente di funzionare nelle sue estensioni innate. Se vivendo, non si è formato, attraverso il vissuto diretto, ad essere consapevole del sonno-sogno, semplicemente non lo farà. Però si autorigenererà di in-formazioni innate senza averne contezza, lo farà per automatismo, processo che gli consente di dare continuità di funzionamento al proprio Io-soma (senza identificazioni, talvolta deviate e devianti, dell’acquisito culturale e relazionale).

Non esiste e non è mai esistito un

Io superiore distinguibile da un Io presunto inferiore
(è sempre lo stesso Io-psyché in azione veicolante più o meno consapevolezza),

se non per le interpretazioni che ne diamo. Ciò che esiste è l’Io-psyché di ognuno e lo stato di autoconsapevolezza che veicola, ed è sempre la propria avanguardia, non interpretabile come superiore e o inferiore, ognuno può essere quello che ha vissuto e riconosciuto di essere.

Anche per il cosiddetto Sé spirituale valgono vissuti simili,

ognuno potrà raggiungere la propria avanguardia di consapevolezza e ciò dipenderà dalla formazione vissuta e non dialettificata o letta su libri che ha seguito.

Non si tratta, come dicono, del

presunto dominio dell’Io-psyché sul cosiddetto corpo astrale,

quanto della

conoscenza vissuta di ogni singolo stato Io-somatico producibile,
e della capacità di disidentificarsene, de-fissarsene, per procedere con l’esplorazione dell’innato, inscindibile da ogni acquisito.

Le iper-sensibilità, agite unitamente al funzionamento integrale, aperto, di tutti i sensi (ossia il potenziamento dell’ego, che in Sigmasofia significa semplicemente Io-psyché) sono lo strumento per così dire chiaroveggente che ci fa vivere in un unico colpo d’occhio ciò che siamo e riconosciamo complessivamente di essere, all’interno di cui possiamo

partecipare-osservare la nostra bios-grafia, la mitopoiesi:

è come se scorressimo all’indietro nel tempo,
dalle esperienze attuali alle esperienza passate, fino ad arrivare al punto nascita- concepimento e oltre.

Che cos’altro può accadere al punto morte all’Io-psyché, se non

  • partecipare-osservare attraverso lo srotolamento la propria mitopoiesi, le consapevolezze raggiunte, vivendo?

Se vivendo abbiamo praticato con successo la pragmatica della disidentificazione, lì, sapremo auto-somministrarcela e

partecipare-osservare che cosa accade esattamente al momento del passaggio dal punto vita al suo contenuto, il punto morte.

Attraverso questa concentrazione-transmutazione, è possibile passare a forme di consapevolezza del post-mortem che, in realtà, è percezione del funzionamento della vita-autopoiesi in quella fase. Per questo motivo, il kamaloka (kama significa desiderio e loka significa mondo) nell’accezione sigmasofica, si risolve in vita, apprendendo la tecnologia di concentrazione-transmutazione applicata su ogni istinto-emozione, su ogni stato Io-somatico.

La capacità di pragmatica della disidentificazione può essere applicata su qualunque stato Io-somatico, sessualità, sensualità, spiritualità, affettività, paure e ogni altra emozione: se si conosce l’arte della disidentificazione, non è influente quanto tempo si sia rimasti identificati in una passione, non è quindi una questione di disabitudine, quanto della capacità concentrazione-transmutazione e se questa facoltà è in essere si può raggiungere il campo coscienziale innato e iniziare ad esplorarlo. Nella tradizione, è inteso come

il posto felice

e come

il luogo psichico dove si risiederebbe
prima della successiva e presunta reincarnazione.

In realtà, quello che sta operando è un unico corpo denominato, Universi-parte che, ogni istante, produce milioni di punti nascita e milioni di punti morte e questo suo essere entangled non si reincarna, ma attraverso le esperienze agite dagli esseri umani e da altri implementa la propria consapevolezza complessiva che non coincide con quella del singolo, ma con la sommatoria di tutti,

evidenziandosi così come Io-psyché complessivo
dell’Universi-parte transfinitamente in vita.

 La questione è che l’Io-psyché ritiene di essere localistico e individuabile nella diversità di ognuno, mentre alla visione olistica si evidenzia come campo unico, sommatoria di tutti gli Io-psyché da cui si evidenzia la proprietà emergente dell’Universi-parte, di noi stessi.

Non si tratta del sé superiore ma della consapevolezza d’avanguardia vissuta complessiva dell’Universi-parte sempre implementabile, essendo esso transfinito.


Pubblicato

in

da

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!