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IL COLPO DI FULMINE E LA SIGMASOFIA
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IL COLPO DI FULMINE E LA SIGMASOFIA

Dopo trent’anni di esperienza nel campo psicosomatico, posso affermare che, in molti casi, alcuni ricercatori mi hanno testimoniato di stare vivendo quello che loro stessi hanno definito

“un vero e proprio colpo di fulmine”.

L’hanno descritto come un’esperienza, un’emozione, molto intensa, improvvisa, inaspettata, con frasi, del tipo,

È stato un amore a prima vista!

Entriamo nel merito della questione.

Il fatto che ogni essere umano possa esprimere istinti-emozioni, sentimenti (…) fa parte della fisiologia e delle funzionalità innate che sono nella disponibilità di chiunque. Tale potenzialità, semplicemente, può essere espressa (talvolta alcuni ricercatori non aspettano altro che di poter esprimerla, investirla su qualcuno). Quindi, quei sentimenti, quegli istinti-emozioni che investiamo non sono affatto improvvisi, di fatto, risiedono nelle nostre disponibilità e, perché no, possono essere espressi su un target che risponde alle nostre aspettative, ai nostri criteri e all’essere umano su cui vogliamo investire.

Tale stato interiore può essere proiettato
anche su chi si incontra per la prima volta.

Dopo decine di interviste fatte ai ricercatori, ho scoperto che con la locuzione amore a prima vista, ognuno intendeva significati-significanti diversi; l’unico comune denominatore era quello che tutti si aspettavano, auspicavano, l’accettazione dell’altro: doveva accogliere quell’investimento e soddisfarlo (con prevalente riferimento alla sessualità).

Si è evidenziato che tale desiderio non cerca affatto la propria metà mancante,
l’altra metà della mela,

poiché si tratta di una proiezione che ha altre caratteristiche. In realtà, quello che si esprime è il processo innato che ci spinge a voler e a dover soddisfare il metabisogno innato del congiungersi (sessualità), presente in tutti gli esseri umani.

Il colpo di fulmine (qualunque cosa si intenda con questa espressione) non è mai pericoloso, in quanto si tratta dell’espressione di uno stato psicosomatico esprimibile con piena soddisfazione ed efficacia. Ogni essere umano dispone delle proprie sensazioni fisiche che possono essere espresse investendole sulla persona o più persone che in quel momento, per qualche motivo, ci interessano, anche in modo totalizzante. Tale disponibilità ci prova, semplicemente, che ognuno di noi, ogni Io-psyché, può agire, può esprimere passione intensa, a volte talmente forte,

“che proprio non ce l’ho fatta a resistere”
(da verbalizzazione).

Le persone riferiscono che, mentre sono in pieno vissuto di quella passione, in quell’attimo, hanno la sensazione di maggiore completezza, di calma interiore, tutto sembra sospeso e immerso in un continuo presente (da altra verbalizzazione). Quindi non si tratta di amore (qualunque cosa si intenda con questo nome) a prima vista, quanto di possibilità di esprimere ciò che si ha dentro e che si assume di sperimentare. È ovvio che tale stato psicosomatico, disponibile a tutti, abbia un suo corrispettivo biologico: infatti, come detto migliaia di volte, Io-psyché e soma sono inscindibili, quindi è chiarissimo ed inequivocabile che ciò che proviamo coinvolge anche funzionalità corporee, neuro-biologiche.

Spiego.

Quando l’Io-psyché, per motivi suoi, nel momento in cui decide di vivere la propria pulsione innata, il proprio sentimento, produce un picco di valori di dopamina e un abbassamento di valori della serotonina, perché l’Io-psyché emette intensità che trova espressione nel soma. I comportamenti impulsivi aumentano, appunto perché stiamo mettendo in gioco intensità che vivono in noi e che possono raggiungere picchi anche molto intensi (più di quanto di solito si crede e si è abituati a vivere). Ovviamente, si coinvolgono anche altri neurotrasmettitori come i peptidi oppioidi, la noradrenalina e altro. Sappiamo da anni, per averlo sperimentato, che si può attivare e aumentare la produzione di tali neuro trasmettitori, attraverso la pratica delle autopoiesi olosgrafiche (peculiari meditazioni dinamiche). Interessante partecipare-osservare come ricercatori che stanno vivendo fasi di vita da loro considerate negative, brutte, dolorose, producano maggior concentrazione di serotonina, riducendo così o non potendo vivere la pulsione del sentimento dell’emozione produttiva che si vuole esprimere.

Quindi, il cosiddetto colpo di fulmine è sostanzialmente uno dei tanti stati Io-somatici, producibili dall’Io-psyché, in grado di emetterli. A questo punto, è necessario saper distinguere l’innesco del cosiddetto colpo di fulmine, che può essere altro da noi, da ciò che viene innescato e che già ci appartiene di diritto e di dovere.

La causa non è l’altro,
bensì risiede nell’organizzazione innata e acquisita di ognuno.

Negli anni, ho partecipato-osservato diversi ricercatori che, nel momento in cui incontravano un’altra persona che rientrava nei loro schemi di bellezza e che quindi suscitava il loro interesse, assumevano atteggiamenti predatori: la volevano tutta per loro, indicando così l’incapacità di porre limiti alla propria pulsione innata, per qualche loro motivo patologizzata.

La sensazione, che suscita la frase è come se ti avessi sempre conosciuto malgrado sia la prima volta che ti incontro, ovviamente non dipende dall’altro, ma dal modo di interpretare quel determinato incontro. Spesso, dietro a questo, c’è la proiezione su quella persona che viene investita del significato di essere la soddisfazione alla propria pulsione.

I ricercatori che seguono la Sigmasofia e che hanno saputo raggiungere il vissuto di entanglement coscienziale (stato E.C.A), si sentono parte di un unico corpo, funzionante simultaneamente. Ogniqualvolta investono di qualche interesse una parte-Universi, la rendono esclusiva, unica, attitudine che assumono con qualunque arte o azione decidano di vivere: la rendono esclusiva, indirizzandovi la totalità delle proprie energie e della propria attenzione. Nel caso del cosiddetto colpo di fulmine corrisposto, si ha la sensazione di fusionalità senza ostacolatori, ma si tratta soltanto di un applicativo denominato appunto in quel modo. Riconoscendolo dallo stato di consapevolezza dell’E.C.A., si sa che ogni parte-Universi, ogni situazione di vita potrebbe essere letta come un colpo di fulmine: dipende da come e da che cosa la investiamo.

La questione dipende dallo stato di auto-consapevolezza del soggetto che, in base alle intensità che sa raggiungere dentro sé, evidenzia reazioni bio-chimiche differenti: se esprimo totale o piccolissimo interesse verso un ente, coinvolgo ovviamente aree diverse del cervello. Se mi alleno a produrre dopamina con continuità, in conseguenza di uno stile appropriato di vita, vivo con continuità, euforia ed eccitazione, per cui l’incontro con un altro non può modificarmi la vita, perché l’ho già fatto in proprio. Se poi in tale stato, che prescinde dall’altro, quest’ultimo arriva e lo partecipa, l’intensità potrebbe risultare essere doppia. Lo stile di vita olistico-autopoietico che proponiamo di fatto ci permette di produrre sensazioni da noi denominate piacevoli, con o senza l’altro. Vivendo, ci predisponiamo ad investire la vita dallo stato E.C.A.-Sigmasofia che ricadrà sull’altro, con cui, nel caso si inneschi una relazione, entreranno in gioco altri parametri, vissuti e potenzialità esprimibili.

Ovviamente, ogni Io-psyché può vivere gli stati di auto-consapevolezza che sto iniziando a spiegare:

trovare il punto d’incontro tra due consapevolezze differenti
può dar vita alla sommatoria delle due consapevolezze e a vivere
momenti di trascendenza dello stato da cui ognuno proviene.

La velocità con la quale possiamo emettere tale investimento dipende anche dalla capacità di disidentificarsi o di rendere ininfluenti le colpevolizzazioni, gli ostacolatori e i divieti socio culturali. E così via. Mi è capitato di produrre eccitazione e investimento, in un secondo o addirittura a livello pre-cognitivo, ossia prima di incontrare la persona che poi realmente ho incontrato! I tratti dell’altro, la sua bellezza, come detto, sono soltanto un innesco. Se un Io-psyché non volesse trovare un partner, non investirebbe tale sentimento, appunto perché non lo sente! Le persone che raccontano di aver vissuto un colpo di fulmine, si erano pre-disposte in quel modo, quando l’idea che si erano fatti dell’altro è coincisa con la pulsione che sentono di voler praticare la sessualità. Niente di più. È vero, inneschi come gli odori, il timbro della voce, la luccicanza dello sguardo (…), possono essere di ausilio, ma restano pur sempre esclusivamente e soltanto inneschi.

È appunto il nostro stato di consapevolezza che, investito su un target, attribuisce all’altro una sorta di attrazione: in realtà, è quell’Io-psyché che vuole andare con l’altro, a cui riconosciamo senso di familiarità, perché lo guardiamo in tal modo e tale modo di investirlo dipende dalla nostra storia di vita.

Gli stati psicosomatici che produciamo non sono separabili, non sono enti differenti, in quanto tutti hanno un comune denominatore, l’Io-psyché, che li emette e poi li scinde, indicandone proiettivamente la diversità. Ad esempio: l’attrazione sessuale e l’amore (qualunque cosa si intenda con questo nome) sono un amalgama unico, ma molti ricercatori pensano che siano differenti, mentre sono entrambi emanazione dell’Io-psyché. Potenzialmente potremmo consapevolizzare tutte le aree attive del cervello simultaneamente, se non funzionassimo a compartimenti stagni. Quando un ricercatore mi riferisce di avere conflitti intensi con la stessa ragazza che prima diceva di amare, gli chiedo dove sia finito lo stato precedente. Siamo, infatti, noi a determinare la realtà, esattamente nel modo che utilizziamo per riconoscerla: se ci sarà solo conflitto, quello si evidenzierà, ma se si tratterà simultaneamente di conflitto e amore, la proprietà emergente da tale sommatoria sarà un altro stato d’animo ancora. È sempre l’Io-psychè la causalità acquisita di se stesso (e poi vedremo anche quella innata).

La sessualità ha pari dignità, come qualsiasi altro stato psicosomatico esprimibile, niente escluso. È utile utilizzare l’esistente di cui, per natura e per apprendimento acquisito, disponiamo: tutto può potenzialmente partecipare il Tutto.

Orientiamo i ricercatori a vivere in modo integrale tutte le facoltà disponibili, il che rende la passione e la compassione che esprimiamo più potente, più olistica. Tutto è un ingrediente di tutto, in un mondo, di cui la fisica ci dice essere in stato di entanglement, attraverso le particelle che lo formano, in un mondo di cui la Sigmasofia ci dice includere gli Io-psyché, entangled l’uno con l’altro. È un paradigma che spiega le sagge-follie verso l’auto-realizzazione, l’auto-determinazione, perseguite dal ricercatore: investimenti, attraverso cui riconoscere la progettualità simmetrica ad esse per il futuro. Tutto ciò è una funzionalità primaria innata, cioè la facoltà di poter esprimere la consapevolezza dell’Universi, di cui siamo parte e di cui disponiamo. Non esiste una frustrazione, derivante dalla separazione, se viviamo lo stato di entanglement: la separazione avviene sul piano acquisito, quando le proprie aspettative non sono con-partecipate dall’altro.

L’innamoramento è un ostacolatore, una discrasia, perché ci fa
vedere come olistica una relazione duale, riduzionistica.

La conoscenza che ricaviamo da tutto ciò risiede nel fatto per cui ci alleniamo a produrre stati psicosomatici così intensi, da poter travolgere, inglobare, fusionalizzare tutto ciò che incontrano e che, indipendentemente dalla risposta dell’oggetto che investono (con-partecipe o meno) danno comunque continuità alla loro intensità, non subordinata o dipendente dalla risposta dell’altro. Se questa è soddisfacente, tutto va in sommatoria; se non lo è, l’intensità di emissione prosegue, così come è.

Si può tendere a far diventare il cosiddetto colpo di fulmine un meccanismo continuamente emesso, come passione, come compassione, verso quella parte di noi stessi che è l’altro, che è ogni parte-Universi.

È molto complesso raggiungere tale stato che, peraltro, denominiamo in altro modo. Quando lo si raggiunge con continuità, lo si cronicizza e si vive qualche cosa di duraturo: la propria auto-consapevolezza.

Il

colpo di fulmine consente di conoscere meglio noi stessi,
se viviamo dentro di noi la sua eziologia.

Non esiste il sogno di una relazione simbiotica, esiste lo stato di fatto della natura che è entangled con ogni altra micro-particella. Ci formiamo a vivere il lutto della proiezione, secondo cui c’è il soggetto e l’oggetto, l’Io e il tu, in favore della consapevolezza della realtà per cui ciò che esiste è la visione soggettiva, propria dell’Universi di cui siamo parte. Recuperiamo la totalità, riconoscendola dove risiede, ovvero nell’Universi-parte complessivo, e non nella parte-Universi, su cui, riduzionisticamente, ci sembra di riconoscere e vivere il colpo di fulmine.


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