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L’AUTOPOIESI OLOSGRAFICA DELLA DE-LOCALIZZAZIONE
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L’AUTOPOIESI OLOSGRAFICA DELLA DE-LOCALIZZAZIONE

Presentazione

Un’onda che si muove nell’oceano

Indicazioni intorno

all’Autopoiesi olografica per la de-localizzazione

(che d’ora in poi chiamerò D.L.)

si trovano praticamente in tutte le

Tradizioni del mondo.

È una funzione naturale dell’Io-soma della quale, spesso, non siamo consapevoli.

La D.L. è l’esperienza che ci può far vivere direttamente, in modo inequivocabile,

l’ordine implicito,

l’olos-movimento e le

 in-formazioni innate di creazione continua

dell’Universo di cui siamo parte integrante

e per entanglement micro-particellare e coscienziale

 inscindibili.

Processi che non ricadono sotto la percezione dei sensi ordinari, ma

sotto la percezione di iper-sensibilità.

È l’accesso alla dimensione, sovrasensibile, all’inconscio e, per questo, è una consapevolezza che ci apre a possibili

insights intuitivi e sincronici sul punto morte.

La consapevolezza della capacità di de-localizzazione dell’Io-psyché è uno dei passaggi fondamentali per

vivere significati-significanti maggiormente estesi della vita-autopoiesi

e del suo contenuto lo stato coscienziale punto morte.

La pratica della D.L. trova maggiori possibilità di riuscita

se è preceduta da una lunga sperimentazione delle

Autopoiesi olografiche

(meditazioni dinamiche).

Se questo non dovesse accadere non ci sarebbe nulla di cui preoccuparsi, semplicemente la D.L. potrebbe non rispondere con l’intensità e la penetrazione che gli è possibile e si potrebbe rimanere, per un tempo relativamente breve, con una sensazione di incompletezza.

La D.L.

non è un appuntamento iniziatico,

per quanto nelle Tradizioni, si sia inteso proprio questo. Si tratta, semplicemente, di

rimettere consapevolmente in funzione un meccanismo

che appartiene all’essere vivente.

In molte Tradizioni, questo processo può essere forse paragonato con quella particolare tecnica detta dello

sdoppiamento,

del viaggio astrale

o

o.o.b.e.

(out of body experiences),

esperienze fuori dal corpo

o

volo del condor (…).

Per la Sigmasofia, la questione

non è vissuta nei termini e nei modi dello

sdoppiamento, del viaggio astrale (e similia).

Ma ci riferiamo alla

D.L. dell’Io-psyché in luoghi del campo coscienziale olistico-autopoietico,

da cui esso stesso si evidenzia.

Essendoci l’entanglement micro-particellare e coscienziale, ossia, non esistendo divisione, separazione,

non è tecnicamente possibile parlare di sdoppiamento,

ma soltanto di evidenziazione dell’attenzione dell’Io-psyché

nelle estensioni non localistiche del campo indicate.

Questo non contraddice l’esperienza di molti, ad esempio degli esseri umani che rientrano dal coma quando testimoniano:

mi vedevo dall’alto, vedevo il mio corpo, stavo benissimo, ero consapevole, la mia vista era come se fosse olos-direzionata sui 360° (…),

 o quella dei ricercatori sulla coscienza di altre scuole quando praticando altre tecniche meditative (e non dallo stato di coma), riferiscono, con estrema lucidità e attenzione, gli stessi vissuti (in alcuni casi, tenendo conto delle inadeguate spiegazioni scientifiche su tale facoltà) ed anche della possibilità di ulteriori de-localizzazioni e incontri con in-formazioni innate esistenti, o con altri praticanti la D.L.

La de-localizzazione

È un processo Io-somato-energetico esistente e utilizzato, da sempre, dall’essere umano, sia in modo inconsapevole che in modo consapevole.

La Tradizione sciamanica di ogni luogo del mondo, ad esempio, ci ha riferito e confermato, con altri termini, della sua esistenza. In un caso, scoprirono tale processo attraverso l’assunzione del cactus allucinogeno denominato peyote, attraverso cui innescarono il processo da loro denominato della

visione sacra, spirituale,

successivamente pensarono che potesse essere utile anche per

“ricercare in se stessi”.

Specificamente, delocalizzarsi significa

evidenziare l’attenzione su luoghi del proprio corpo

riconosciuto in stato di entanglement:

ossia non nella sua antropomorfologia

ma nelle sue funzionalità quantistiche e sub-quantistiche

che lo rendono a quel livello inscindibile

dalle altre microparticelle che formano l’intero universo.

Non si tratta di sdoppiamento ma di de-localizzazione dell’Io-psyché appunto su altre parti di se stesso.

Questa evidenziazione dell’attenzione può avvenire su qualunque parte del proprio corpo (dell’Universi) rispetto al punto in cui la forma antropomorfa del corpo si trova. Questo corpo quantistico, sub-quantistico non coincide con un viaggio nel cosmo normalmente inteso, in cui si vedono attraverso i sensi stelle, galassie e similia, ma nei processi energetici innati da cui si evidenziano.

Quella dell’entanglement è una dimensione intangibile

che richiede l’uso di ipersensibilità

(potenziamento implementazione

dei cinque sensi)

per riconoscerla

Il normale stato di veglia sensorio-percettivo non riesce a viverlo.

Di fatto, siamo completamente immersi in tali funzionalità, ci troviamo a livello degli atomi, delle microparticelle elementi che formano ogni parte-Universi.

Uno degli elementi che la pratica della de-localizzazione rivela è quella di visualizzare, di percepire, regioni coscienziali interiori prima sconosciute, di evidenziarsi come attenzione in diverse regioni coscienziali, non con rapidità ma con simultaneità, anche in luoghi considerati straordinariamente distanti da quello in cui si evidenzia l’antropomorfologia del corpo.

Uno degli scopi fondamentale della de-localizzazione è quella di

preparare l’Io-psyché dell’essere umano a creare il punto morte

e ad intuire che cosa accade esattamente al momento dell’ultima espirazione

realizzata con il corpo fisico riducendo così lo stato di paura

di cui molti riferiscono rispetto al morire.

Infatti,

la de-localizzazione ci evidenzia la propedeutica alla preparazione dello stato coscienziale punto morte: si tratta della produzione di uno stato Io-somatico che ci evidenzia e ci fa intuire che cosa accadrà

all’Io-soma dichiarato clinicamente morto.

Non tutti riescono a produrre consapevolmente la de-localizzazione dal momento in cui vengono concepiti al punto morte, oltre la densificazione corpo in cui ci riconosciamo esistono funzionalità sovrasensibili da vivere e riconoscere.

La de-localizzazione non ha nulla a che vedere

con l’anacronistico e superato concetto di anima

ma vive i campi conosciuti denominati elettromagnetico, gravitazionale, elettro-forte, elettrodebole, atomico-nucleare, fino alla loro estensione come campo coscienziale (l’in-formazione innata, ordine implicito) da cui si evidenziano. Tutti sono parte integrante e inscindibile di tale campo complessivo, detto appunto, coscienziale e includente gli altri.

Siamo parte integrante di un unico campo innato e soltanto per comodità espositiva e necessità di studio lo abbiamo scomposto nei diversi campi citati, ma la funzionalità è simultanea, unica.

Non si tratta ovviamente di un campo disorganizzato o non in-formato. I suoi movimenti e funzionalità iniziano ad essere straordinariamente noti sia alla scienza che al ricercatore sulla coscienza.

Il campo si estende oltre il corpo fisico che ne è la sua densificazione.

Per la Sigmasofia,

la non località non corrisponde, ovviamente, ad un al di là,

perché l’esperienza vissuta non ci permette di identificare un

al di là rispetto ad un al di qua,

proprio per gli stessi motivi, non ci permette di riconoscere i confini, la delimitazione perché, alla nostra esperienza, si presenta come un campo unico che va dal sensibile al sovrasensibile, mostrando

l’inadeguatezza dell’Io-psyché (di molti)

rispetto al riconoscimento dell’entanglement micro-particellare e coscienziale.

Esattamente nello stesso modo in cui la D.L. non riesce a riconoscere i confini tra i vari mondi sui quali taluni ricercatori, di altre Vie di Conoscenza ci riferiscono: l’astrale, l’eterico (…), anche in quel caso

l’esperienza del campo coscienziale olistico-autopoietico non ci fa vivere, riconoscere, delimitazioni, ma semplicemente un campo innato con delle in-formazioni, da esplorare.

Lo scopo della D.L. è tentare di far consapevolizzare all’Io-psyché questa innata e sempre esistita, funzionalità.

Il tentativo di lanciare missili, sonde, segnali nello spazio risponde alla spinta del metabisogno innato:

pulsione olistico-autopoietica a vivere a conoscere

(le in-formazioni del genoma umano ad esempio)

La D.L. può permettere di consapevolizzare tali in-formazioni innate. Essendo una possibilità del tutto naturale e raggiungibile da ogni Io-psyché, è necessario

“disidentificarlo, de-fissarlo”

da tutte le proiezioni mistiche,

spiegando che si tratta semplicemente di un’operazione disponibile all’Io-soma e che tutti agiamo mentre dormiamo per auto-rigenerarsi, conoscere (…). I sogni, i “viaggi” che effettuiamo ne sono una testimonianza.

L’analisi del sogno non è D.L.

ma soltanto un processo intellettuale,

una fuga nel linguaggio, lontana dal vissuto.

La D.L. non è la dissociazione, la separazione dell’Io-psychè dal soma, ma semplicemente l’esperienza che l’Io-soma e l’Universi per entanglement sono un processo unico, indivisibile. In questo senso, forse, è possibile parlare di bilocazione: se il campo coscienziale di cui siamo emanazione è presente ovunque e, se a questo, facciamo seguire la D.L. dell’Io-psyché, accade che l’Io-soma è posizionato su uno specifico punto e l’attenzione è evidenziata in un altro anche a grandi distanze (del campo coscienziale): processo che la fa divenire quanto meno intuibile. Non lasciatevi ingannare dal fatto che in quello stato di D.L. è possibile avere la sensazione di percepire l’Io-psyché come separato dal fisico, infatti, nella pratica si

può vedere il corpo dall’alto

con l’Io-psyché de-localizzato rispetto al corpo fisico percepito sul letto, in catalessi, con tutte le funzioni organiche vitali modificate, ridotte al minimo. La possibilità di D.L. è collegata a questo stato e segnala la possibilità di

autonomia dell’Io-psyché rispetto all’encefalo e al sistema nervoso (corpo) in cui si identifica, individua.

Comunque, il fatto che l’Io-psyché rientri, per così dire, nel corpo e che si mantenga un legame come campo con esso, dimostra inequivocabilmente questa non separazione. La pratica della D.L. è una possibilità da riutilizzare, consapevolmente. Per fare questo è necessario prepararsi profondamente con il corpo, con l’Io-psyché e con l’autopoiesi (energia), perché non si è più abituati alla pratica consapevole di questi processi naturali. Al momento che la D.L. accade consapevolmente, a differenza di quello che si sostiene e si dice,

non coincide con l’esperienza mistico-spirituale,

ma con un’esperienza che, inizialmente,

può far sentire dolore fisico

(la sensazione di sentirsi strappare al momento che l’Io-psyché realmente si de-localizza dal corpo che produce pesantezza, catalessi).

Si tratta di un processo inconsueto per la consapevolezza dell’Io-psyché che inizialmente può suscitare sensazioni di paura (di non poter controllare quanto sta accadendo).

Tutti gli esseri umani,

si de-localizzano (inconsapevolmente) ogni notte!

Semplicemente non si sono organizzati per fare in modo che il loro Io-psyché sia presente, autoconsapevole in quei momenti. Questa particolare D.L., può avvenire anche improvvisamente in modo involontario, a causa di gravi incidenti, traumi, shock, ipertensione nervosa, asma, uso di droghe, in definitiva, in presenza di variazioni-contrasto Io-somatiche molto intense. Semplicemente, in modo anche pauroso,

ci si trova di fronte al vissuto-sensazione di vedersi, consapevolmente,

come se fossimo al di fuori del corpo.

(ma, ripeto, siamo semplicemente de-localizzati).

Approfondisco.

Le tecno-ontos-sophos-logie Sigmasofiche da me elaborate prevedono una sequenza progressiva di

azioni algoritmiche coscienziali che permettono di conseguire il risultato:

de-localizzarsi.

Rispetto al normale funzionamento dell’Io-psyché volitivamente e sotto controllo induco un processo che potrebbe essere letto come,

disturbo dell’Io-psyché

(rispetto al modo ordinario di utilizzarlo),

in sintesi, con la

pragmatica della disidentificazione-fissazione induco, lucidamente e consapevolmente, un processo, per così dire, di “de-personalizzazione”, in quei momenti l’Io-psyché pone in remissione l’uso soltanto sensorio percettivo della sua individuazione.

Tale stato, consapevolmente indotto, induce l’Io-psyché del ricercatore a

vivere la condizione di disidentificazione dalla realtà complessiva interiore-esterna,

fino alla

produzione della sensazione di estraneità molto intensa,

è la fase voluta denominata della

“de-personalizzazione autopsichica autopoietica”

(autopoietica significa autocreata, voluta)

durante la quale il ricercatore sente che le azioni che produce appartengono, rigorosamente e ovviamente, a se stesso anche se le riconosce (soprattutto la prima volta) come se non appartenessero a sé (ma, per ovvi motivi, non è così). Da questa fase, si procede verso la

“De-personalizzazione somatopsichica autopoietica”,

lo scopo è quello di vivere il proprio corpo come distaccato e, per così dire, lontano da sé

(infatti, è posizionato sul lettino dove si svolge la pratica ma con l’Io-psychè si riconosce attraverso lo stato di Entanglement micro-particellare e coscienziale in un luogo anche distante del campo coscienziale transfinito).

Da qui, procedo con la

depersonalizzazione allopsichica autopoietica,

ossia con la creazione della sensazione che l’ambiente normalmente percepito attraverso i sensi ordinari è come se fosse posizionato nell’inconscio, ossia siamo concentrati e identificati in quello che prima definivamo inconscio e che in quel momento abbiamo reso conscio (siamo nell’inconscio collettivo in modo consapevole).

La pratica Sigmasofica evidenzia che tale stato Io-somatico è più facilmente producibile in stati di intenso affaticamento Io-somatico ed emozionale, abbinandolo a precisi stimoli, intensi, sul lobo temporale (si potrebbe ottenere tale effetto anche con l’utilizzo del peyote, della mescalina o simili, ma ovviamente, non le utilizziamo, appunto perché vogliamo raggiungere l’esperienza della D.L. in uno stato di massima lucidità e consapevolezza). A me personalmente per raggiungere la D.L. mi hanno fortemente aiutato, direi in modo determinante,

i miei episodi di nevrosi isterica, episodi psicotici e depressivi

che ho saputo vivere ed evidenziare, processi che soltanto dopo averli risaliti e posti in remissione definitiva mi hanno permesso di rendermi conto che all’interno di quegli stati considerati dalla scienza medica come patologici (può essere discutibile) è possibile riconoscere funzioni che trovano la loro fondamentale e lucida e consapevole applicazione negli stati di D.L.

Si! sto affermando proprio questo:

ciò che nello stato sensorio-percettivo di funzionalità è interpretato dalla scienza medica come patologico rispetto agli applicativi ordinari giornalieri richiesti,

nella dimensione coscienziale estesa trova formidabili ed efficaci modi di impiego.

Se si riesce, realmente, a raggiungere quanto ho appena descritto, determiniamo, di fatto, una forma di iper-attività di alcune regioni dell’encefalo che servono esattamente a questo (ma spesso non le utilizziamo, consapevolmente).

Per la Sigmasofia la D.L., è sempre conseguente ad una lunga e capillare preparazione Io-somatica, legata alla presa di coscienza dei vari contenuti Io-somatici ostacolanti, discrasici, alla loro reale trans-mutazione.

Lo scopo è quello di mantenere lucido e autoconsapevole l’Io-psyché in tutte le fasi della D.L.

È necessario divenire consapevoli di

quale “regione” dell’inconscio autopoietico (innato) e acquisito (collettivo e individuale) abbiamo esplorato, quali in-formazioni c’erano in quel luogo, quali sono state le azioni attuate.

A volte può accadere che l’Io-psyché de-localizzato resti fermo vicino al corpo, o come molti riferiscono

attaccato al soffitto della stanza

mentre il corpo è lì sotto, in catalessi, disteso sul letto.

In questo caso, riferito da molte testimonianze, si agisce impartendo con l’Io-psyché stesso un preciso segnale di movimento da quella situazione di fermo. Insisto nel dire che, anche se si ha la sensazione reale dell’Io-psyché distante dal corpo, questa ha sempre un collegamento come campo coscienziale, una non separazione (per entanglement coscienziale) con esso.

C’è un reale spostamento di dell’Io-psyché, ma inserito in un campo entangled:

immaginiamo un’onda che si muove nell’oceano transfinito

e inizieremo a capire.

Il problema tecnico è come far de-localizzare l’Io-psyché dal corpo e come fare in modo che sia presente a se stesso, che si renda conto e sia consapevole che si sta appunto, de-localizzando dal corpo; come essere certi che quello che l’Io-psyché sperimenta anche a distanze enormi dal corpo sia attendibile e che per farlo deve attivare quello che per altri (settori della scienza e altri) sono anomalie funzionali dell’encefalo.

Ripeto.

Quelle cosiddette anomalie sono specifiche funzionalità del cervello che si utilizzano per la D.L.

La D.L. è di tutti gli Io-psyché, di coloro che decidano di rendersi consapevolmente conto di un processo che ogni giorno inconsapevolmente già vivono. La lucidità dell’Io-psyché ci farà rendere conto di quale vissuto abbiamo determinato. A volte, è possibile vivere forme intermedie di D.L., ad esempio una

percezione telepatica durante il sogno

(nei nostri stages abbiamo provato decine di volte questo tipo di proiezione con buonissimi successi: venivano proiettati dei simboli che i ricercatori dovevano cercare di percepire attraverso il sogno lucido).

Difficoltà possibili sono le

visualizzazioni di immagini che caricati da emozioni

interpretate come negative

tendono ad assumere contorni e definizioni più definite, “quasi materiali”

che possono indurre varie forme di paura,

ma che essendo proiezioni-visualizzazioni dell’Io-psyché

sono semplicemente risolvibili in pochi secondi,

risalendole fino alla fisiologia che li produce.

Ci sono molti altri esempi possibili. Quello che la Sigmasofia vuole comunicare è che sono tutte forme possibili, che dobbiamo conoscere. L’esperienza ci mostra, chiaramente, l’impossibilità tecnica di delimitare, di dare dei confini al campo coscienziale. Sperimentando, abbiamo semplicemente trovato un vissuto che abbiamo denominato

campo coscienziale olistico-autopoietico

veicolante in-formazioni innate.

In particolare, il suo vissuto ci induce addirittura a parlare di assenza di dimensioni.

La D.L. invita a semplificare le varie operazioni, non serve a delimitare, suddividere, tentare di capire dove inizia o cosa sia l’eterico e dove inizia o cosa sia l’astrale e dove sia o cosa sia chissà quale altra ipotesi di dimensioni di fatto, nell’entanglement inesistenti. L’inconscio autopoietico è necessario esplorarlo per conoscerlo e, mano mano che lo si conosce registrare le in-formazioni in esso presenti, da qui

far nascere la costruzione della propria teoria conseguente al vissuto.

Se un oggetto si muove alla velocità che rientra nel range del visibile, noi lo percepiamo attraverso i sensi ordinari. Se si muove molto più velocemente, ci accorgeremo che quello

scomparirà dalla percezione dei nostri sensi ordinari.

La stessa cosa accade con i colori. La nostra vista normalmente può percepire la banda di colori che va dal rosso al viola, infatti, l’infrarosso e l’ultravioletto non sono percepibili dalla vista. Ora una riflessione. Quando i ricercatori parlano di un presunto mondo spirituale, parlano, per loro ammissione, di una

“dimensione” più sottile che vibra ad una frequenza non percepibile dai sensi ordinari

(se così non fosse la vedremmo tutti direttamente attraverso la vista)

 spesso individuando in essa la presenza di specifici colori. Se fosse vero questo, se in quella dimensione ci fossero dei colori, questi rientrando nel range sensibile, sarebbero visibili e quindi rientrerebbero, di diritto, nella sfera del visibile, percepibile a tutti (anche per questo le loro dichiarazioni sono da verificare).

La D.L. ci mostra che la percezione dei colori va in remissione, quando si riesce ad estendere la percezione oltre il range del visibile; il campo coscienziale che stiamo percependo viene riconosciuto come un

campo di tonalità unica, diverso da quello sensorio-percettivo.

Nel campo coscienziale non si riscontrano presunti livelli gerarchici, ma soltanto campo coscienziale in-formato, simultaneo, ovunque.

Durante la D.L., non appena la percezione interiore ed esterna si estende oltre il visibile, non trova più colori, ma soltanto un colore unico e, se in quel campo unico dovessimo percepire colori, questo significherebbe che in quell’istante l’Io-psychè starebbe percependo forme e contenuti visibili, quindi, non si troverebbe più nella percezione sovrasensibile.

Essendo simultanei, sia il sensibile che il sovrasensibile hanno in assoluto la stessa legittimità ed importanza. Voglio comunicare che, spesso, quello che credono di vedere e interpretare del campo coscienziale è sempre una sola delle sue espressioni, quella sensibile. È questo

stato di incompletezza sul piano della consapevolezza,

che ci ha portato a strutturare le in-formazioni innate (o chissà quale proiezione) esattamente con le stesse gerarchie e modalità che troviamo nel visibile, livelli, piani, strutture, fatti che appartengono alla percezione applicata soltanto al sensorio-percettivo.

Il campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché esiste anche per essere consapevolizzato, questo potrà accadere, in misura sempre maggiore, quando

porremo in remissione definitiva le proiezioni,

le percezioni incomplete e le conseguenti interpretazioni logiche.

 Non c’è nessun centro d’aprire, ma soltanto un Io-psyché che, de-localizzandosi, si rende sempre più conto di possibilità d’azione, di azioni autopoietiche che hanno il potere della creazione continua.

Esiste un unico Universi-parte, unito che l’Io-psyché, sta riconoscendo, l’Universi e la creazione continua che riconoscono se stessi.

Per il campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché, non esiste nessun fantasma e nessun doppio, ma soltanto l’esistenza dell’Io-psyché che vive la propria dimensione innata, non localistica.

Nella realtà, non c’è la separazione dell’Io-psyché dal corpo al momento della morte, ma soltanto un diverso modo di funzionare di questo campo coscienziale, semplicemente innato, la fluttuazione corpo è ri-assorbita nella natura, nell’Universi-parte, e continuerà ad agire in quel modo e in quella forma, il

rheomodo innato naturale.

Ripeto.

La de-localizzazione è un’attività naturale dell’essere vivente che può essere agita lucidamente e consapevolmente quando, semplicemente, decida di conoscersi in misura maggiore. Nessuna ideologia, dogma, pregiudizio o pseudo-spiritualità precostituite, ma soltanto conoscenza di quello che siamo. Un essere umano che conosce profondamente quello che è e che agisce non potrà non vivere quella condizione interiore che è legata al vissuto reale delle in-formazioni innate (ordine implicito) che sostengono il fluire della vita e del suo contenuto lo stato coscienziale punto morte e che è quindi al di fuori delle distrazioni. Ebbene, questa è la condizione naturale della D.L. (condizione senza cui è molto difficile raggiungerla in modo produttivo e consapevole legato alla conoscenza). Il segreto della D.L., una delle tecno-ontos-sophos-logie più potenti di cui dispone la Via di conoscenza Sigmasofia è racchiuso in una semplice frase:

conoscere, attraverso il vissuto integrale diretto,

quello che siamo.

Non ci sono limiti alla pratica della D.L., appunto perché questa è già una funzione naturale anche se agita dall’essere vivente inconsapevolmente.

La pratica delle Tecno-ontos-sophos-logie operative che possono condurre alla D.L. consapevole è legata alla pratica della vita.

Fine introduzione

Segue (…)


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