Con la presente Opera, è mia intenzione mettere a disposizione dei liberi ricercatori l’insieme dei principi attivi olistico-autopoietici, dei concetti, delle conoscenze, scaturenti dal vissuto diretto a mediazione Io-somato-autopoietica integrale, fusionale, empatonica, realizzato per finalità di conoscenza, di autorealizzazione-determinazione, di autorigenerazione-guarigione, di autorganizzazione e di omeostasi,
all’
Universi-parte
(noi stessi),
realizzati al di fuori del linguaggio intellettuale, verbale, da me raggiunti in trent’anni di ricerche pratico-teoriche.
La Sigmasofia
Io-somato-autopoietica
ha lo scopo, il fine
scientifico-filosofico, professionale, artistico e d’avanguardia,
di spiegare l’essere umano in tutte le sue manifestazioni consce e inconsce, sensibili e sovrasensibili, localistiche e non localistiche, transfinite e, quindi, il suo essere natura complessiva, cosmo: l’Universi-parte (o unità ecosistemica cosmica, o unico corpo), in cui tutto è atomicamente e coscienzialmente legato.
Tali studi e ricerche compongono l’insieme conoscitivo, da cui è emerso uno dei progetti maggiormente significativi della ricerca sigmasofica: il Progetto Genoma Coscienziale ossia, le fondamenta, le radici autopoietiche, da cui nasce la S.T.o.E.®, l’essere umano e l’eco-società olistico-autopoietica.
Il riconoscimento della technè operativa è, per me, uno degli elementi significativi che caratterizza ogni scienza. Ogni tecno-ontos-sophos-logia va sperimentata in laboratorio e, il laboratorio è l’Io-psyché stesso, la coscienza, l’essere veicolato. Quando mi resi conto che la tecno-ontos-sophos-logia, da me elaborata e sperimentata, era ripetibile, ossia dava gli stessi risultati in altri laboratori, in altre coscienze, ho pensato che avesse raggiunto la dimensione di una vera e propria
Scienza della coscienza e coscienza della Scienza.
Quale autore dell’Opera, voglio comunicare che ho utilizzato tutte le cautele metodologiche che mi sono state suggerite dall’esperienza diretta, ma che evidenziano un principio attivo, un cifrario di riferimento:
l’unità inscindibile Io-somato-autopoietica,
lo stato E.C.A. di Entanglement Coscienziale,
inglobante tutta la manifestazione sensibile e sovrasensibile, non localistica, transfinita.
Ciò che propongo è innovativo, perché ha saputo raggiungere
luoghi inesplorati dell’inconscio olistico-autopoietico.
Ovviamente, non si tratta di aver creato qualche cosa di inesistente, bensì di aver raggiunto un luogo ancora non conosciuto.
In quest’Opera, per la prima volta, presento la nuova materia di studio, denominata Io-ontos-sophos-logia, attraverso cui i principi attivi dell’Ontos, del Sophos e del Logos dell’Io-psyché trovano una sintesi elaborata e profondamente rivista, alla luce dei vissuti sigmasofici.
La Sigmasofia ha la
visione olistico-autopoietica.
Ha saputo vivere tale stato coscienziale, soltanto dopo aver risalito e transmutato direttamente, attraverso la mediazione Io-somato-autopoietica, al di fuori del linguaggio verbale strutturato, tutte le manifestazioni Io-somatiche, secondo cui, illusoriamente, ogni avvenimento dell’Universi-parte è
casualmente e necessariamente determinato da un atto che lo precede.
Secondo questa visione, l’Universi-parte apparirebbe come un ente senza intelligenza e finalità innate, soprattutto privo del vissuto fondamentale dell’esistenza, oltre lo spazio-tempo, del processo di
autopoiesi (auto-creazione) continua operante nell’Universi-parte
o
determinismo olistico-autopoietico,
da cui emerge tutta la manifestazione sensibile.
E ancora.
Ho vissuto, risalito e transmutato la concezione dell’Io-psyché che vuole scomporre ogni cosa in parti più piccole, più semplici, credendo che sapere come sono unite fra loro possa permettere di conoscere l’intero, l’insieme del tema indagato, partecipato-osservato. Questo tipo di attività non dà risposte olistiche e, quindi, deve essere risalita e transmutata, anche se possiamo partecipare-osservare che alcune risposte particolari, efficaci, seppur incomplete, sono state date. Ad esempio, per conoscere come funziona il corpo umano, gli scienziati lo hanno sezionato, hanno esaminato i singoli organi, le loro funzioni, arrivando a suddividere gli stessi in sotto-organi, in cellule, in proteine, in DNA. Così hanno fatto i fisici che hanno attuato l’indagine sulla materia, riducendola in molecole, in atomi, in nucleoni, in quarks, in stringhe. È grazie a quest’attività che abbiamo scoperto e inventato computers, antibiotici e moltissimi altri strumenti tecnologici. Per questo motivo, è la parte tendente all’olistico, all’autopoietico che partecipa-osserva il ridotto, lo scomposto. Si tratta di uno specifico orientamento che viene insegnato nella I.S.U., International Sigmasophy University, e che il ricercatore matura progressivamente.
In definitiva, la posizione determinista (localistica) e riduzionista va transmutata, vivendola profondamente e ascoltando le risposte che può darci, propedeutiche e funzionali alla Concentrazione-transmutazione che può condurre verso la visione-azione olistica. Questa coincide con il raggiungimento della consapevolezza vissuta dell’archetipo campo coscienziale olistico-autopoietico, da cui si evidenzia l’Io-psyché, in cui ci riconosciamo e con cui, di solito, operiamo.
Il campo coscienziale è un processo con caratteristiche transfinitamente più grandi e vaste della mera somma delle esperienze vissute e memorizzate, che sono soltanto delle specializzazioni che si possono assumere. In primo luogo, la somma delle parti, delle esperienze vissute, delle emozioni-istinti, fatta funzionare insieme, fa nascere delle proprietà emergenti particolari, il ∑igma, che non è spiegabile in termini direttamente riconducibili alle parti che costituiscono la somma, il sistema partecipato-osservato. Per capirci, non potete spiegare il corpo dell’essere umano, studiando soltanto il naso, la cistifellea o il polpaccio (…). Il funzionamento d’insieme e la proprietà emergente, ossia il ∑igma, sono diversi su tutti i piani e in tutte le modalità.
Riscontro e individuo il campo coscienziale olistico-autopoietico in ogni singola microstruttura sensibile dell’Universi-parte che ne è, appunto, la densificazione e, in ogni singola componente dei principi attivi, presenti nelle sue estensioni transfinite (l’inconscio olistico-autopoietico, innato, della natura o campo Morfo-Atomico-Coscienziale). Si tratta di un processo sovrasensibile e sensibile, localistico e non locale, unico, indefinibile, transfinito, che ha la proprietà di assumere la specifica morfologia sensibile che denomino
Io-psyché.
In particolare, mi riferisco a quando il campo coscienziale olistico-autopoietico o coscienza olistico-autopoietica, attraverso l’Io-psychè (da lui stesso evidenziato), produce stati come il pensare, il concettualizzare, l’immaginare, il volere, il sentire, il percepire, il comprendere (…), da cui si evidenziano creazioni-creatività scientifiche, misurabili. Queste due funzionalità, la Coscienza Olistica Autopoietica e l’Io-psyché, sono perfettamente integrate, un campo unico, inscindibile, riconosciuto e applicato come Io-psychè, consapevole della propria scaturigine ossia di essere campo coscienziale olistico autopoietico in azione, come un’onda che si evidenzia dall’oceano. È il principio attivo di
autonomia fusionale autopoietica.
In tale processo di re-integrazione, nasce lo stato coscienziale che, sul piano sensibile, acquisito, riconosciamo sotto il nome di
armonia olistico-autopoietica.
Il campo coscienziale dell’Universi-parte si autoriconosce, utilizzando la propria componente sensibile, l’Io-psyché e facendo agire le esperienze sensibili, che l’essere umano vive con più o meno intensità di campo istintivo-emozionale e aggredior.
Sperimentando, il campo coscienziale olistico-autopoietico inizia a costruirsi la propria consapevolezza acquisita, attraverso le diverse esperienze che vive, ed ecco che, pur continuando ad operare, tale processo olistico-autopoietico assume la forma sensibile-acquisita e s’identifica in essa. Inizia a funzionare non in maniera olistica, ma separata, perché le esperienze vissute sono diverse, frammentate: una viene registrata come positiva, l’altra come negativa. La successione degli eventi, realizzati e memorizzati, produce il tempo Io-somatico (spazio-tempo), il primo, il secondo, il terzo avvenimento, e così via. Spesso, se ne parla, utilizzando uno degli strumenti disponibili all’Io-psyché: il pensiero. Si pensa ad una cosa o si pensa ad un’altra, quando si pesca nelle esperienze memorizzate. È rarissimo partecipare-osservare che, attingendo dalla memoria, dal campo coscienziale olistico-autopoietico, l’Io-psyché prenda due o più memorie, due o più stati coscienziali simultaneamente, un’esperienza d’amore e una d’odio: o prende una o prende l’altra. È vero che, nella coscienza, agisce il principio enantiodromico ma, quando l’Io-psyché ne prende uno, l’altro resta, di solito, in quel momento, inconscio.
Anche il pensiero ha una propria dimensione olistico-autopoietica. Mi riferisco al processo del pensare, quando ancora non si è collegato ad un tema, ad un oggetto, ad un contenuto. Vedremo come la necessità della frammentazione, della nascita dell’Io-psyché sia funzionale al riconoscimento vissuto del campo coscienziale olistico-autopoietico. Esso può essere riconosciuto, soltanto dai passaggi, attraverso cui diventa consapevolezza acquisita attraverso l’esperienza (denominata archetipo acquisito funzione Ypsi). È questa variazione-contrasto che, per differenza di stato, inizierà a fare in modo che si auto-riconosca. Infatti, il punto è che l’inconscio olistico autopoietico, il campo coscienziale non sono auto-consapevoli. Una delle prove scaturisce anche dal fatto, per cui pochissimi esseri umani ricordano quanto hanno vissuto durante i nove mesi che vanno dal concepimento alla nascita, periodo in cui tutto avveniva secondo il determinismo (automatismo) olistico-autopoietico esistente, innato. La natura e ciò che la genera sanno esattamente che cosa fare, indipendentemente dal titolo di studio, conseguito dall’Io-psyché.
Questo diviene, quindi, lo strumento che il campo coscienziale utilizza, per riconoscersi, per essere autoconsapevole. Se partecipiamo-osserviamo attentamente, possiamo dire che prende una parte di se stessa e la fa funzionare in quel determinato modo. Per tale motivo,
il campo coscienziale e I’Io-psyché sono e devono, quindi, riconoscersi e vivere come processo unico:
il sensibile, localistico è la densificazione, è la forma assunta dal sovrasensibile, non localistico.
Se ci si forma, per divenirne consapevoli, da questa variazione-contrasto (Coscienza Olistico Autopoietica/Io-psyché), nascono prese di consapevolezza, insights intuitivi e sincronici continui: è il
l’autoriconoscimento dell’Universi-parte che partecipa-osserva se stesso, dell’essere umano che risale alla realtà complessiva di se stesso.
Più è forte la variazione-contrasto dal campo coscienziale olistico-autopoietico, più si forma autoconsapevolezza acquisita, riconoscimento, ossia l’archetipo acquisito funzione Ypsi, la forgiatura, lo strumento operativo che utilizzeremo nell’esplorazione di ciò di cui non siamo consapevoli (l’inconscio olistico-autopoietico).
Come affermano molti, in ultima partecipazione-osservazione, la vita è scandita dal ritmo dei complementari, più che dal ritmo degli opposti. Io li definisco stati coscienziali opposti-complementari, intendendoli e vivendoli sempre come campo unico: vita-morte, amore-odio, materia-spirito, Io-soma, giovane-vecchio, caldo-freddo (…). Nella realtà, sono l’espressione di un unico processo: l’olistico-autopoietico, che include il sensibile-acquisito. Il sensibile-acquisito, a sua volta, si è necessariamente suddiviso negli opposti-complementari, quindi, il primo passo è risalirli, attraverso il vissuto, nella loro enantiodromia quotidiana, fino ad averne la chiara percezione d’insieme. Si ha l’intuizione netta di poter percepire tutta la conoscenza acquisita in un unico blocco, per arrivare, poi, alla percezione delle due strutture fondamentali collegate, utilizzando principi attivi, emersi da queste operazioni. Si inizia, così, l’esplorazione consapevole dell’inconscio autopoietico, rendendolo conscio.
Quando, durante la prima fase della formazione, lavoriamo sulle componenti specifiche dell’Io-somatico, teniamo presente questa indicazione, proveniente dal vissuto. In seguito, vedremo come.
All’interno del metodo formativo Sigmasofia, il termine Io-somato-autopoietico assume un significato specifico che è necessario approfondire. Si tratta di processi funzionali dell’Io-psyché che interagiscono con il soma, con il corpo. Ovviamente, ogni stato, ogni valenza, ogni piano, di fatto, interagisce e coinvolge l’altro, sempre e nell’immediato, anche se, spesso, non se ne è consapevoli. Ad esempio, non è individuabile una condizione somatica, scaturente dall’Io-psyché o viceversa, in quanto i processi sono simultanei, funzionano contemporaneamente, integrandosi.
Alla partecipazione-osservazione penetrata, si evidenzia che non esiste un rapporto Io-soma-autopoiesi o autopoiesi-soma-Io o altri, in quanto entrambi funzionano insieme! Non esiste un processo soltanto somatoforme, ma un processo dinamico che coinvolge tutti i piani.
Ci sono soltanto stati Io-somato-autopoietici che indicano il livello di autoconsapevolezza raggiunto.
Inizialmente, i ricercatori in formazione riferiscono di vivere e di riconoscere gli stati coscienziali, sia quelli problematici, discrasici e non, soltanto nella manifestazione prevalentemente somatica, e non è raro che vengano scambiati per la condizione-stato di salute. Spesso, si riscontra che tali stati-sintomi non nascono da processi accertabili, da osservazioni medico-cliniche (…); non nascono da azioni, di cui il ricercatore è consapevole (come l’uso delle droghe). Questo ci indica che il livello di autoconsapevolezza dell’Io-psyché di quel ricercatore non è riuscito a penetrare le diverse parti e piani di sé, in un modo tendente al completo, ma soltanto incontrando quello che li riconosce, che li vive come somatizzazioni-sintomi. Non si rende conto che, in realtà, quella somatizzazione-sintomo sta coinvolgendo tutti i piani, sensibili e sovrasensibili, anche a livello quantistico-autopoietico.
Il termine Io-somato-autopoietico può indicare una varietà pressoché transfinita di stati coscienziali, sensibili e sovrasensibili. Infatti, in generale, con quel termine indico ogni tipo di stato coscienziale, alla cui produzione, edificazione, giocano un ruolo importante tutte le componenti Io-somatiche e quantistico-autopoietiche sensibili e, soprattutto, sovrasensibili, non localistiche.
Quindi, il termine Io-somatico non è utilizzabile per definire la sola condizione denominata e riconosciuta come discrasica, con cause riscontrabili nell’Io-psyché. Si tratta di un processo molto più vasto ed esteso, che ha il compimento in se stesso, nei diversi piani, attraverso cui si esprime. Per usare un termine antico-moderno, è una forma di
entelechia olistico-autopoietica.
Tutto ciò sta ad indicare uno specifico orientamento dello strumento operativo Io-somato-autopoietico, che è quello del recupero vissuto della olosdirezionalità.
Evidenzio un’azione che pone in remissione, inevitabile ed inequivocabile, ogni identificazione che tende ad ostacolare tale entelechia, tale olosdirezionalità.
L’altro aspetto, che viene affrontato nello stesso modo, è l’attitudine dell’Io-psyché a separare (che significa ridurre) il soggetto, che osserva il tema, dal tema o dall’oggetto osservato, quando la Coscienza Olistico-autopoietica si autoriconosce in un corpo fisico che moltissimi ricercatori ed esseri umani riferiscono di vivere come separato dal mondo, in cui muove, legittimando l’esistenza del soggetto e dell’oggetto, dell’Io e del Tu che, sul piano autopoietico (energetico), sovrasensibile, non trova nessun tipo e forma di riscontro, di verifica. Non esiste separazione tra l’Io-psyché, che partecipa-osserva, da uno stato coscienziale, con la relativa emozione, una cosa, e la cosa stessa.
L’Io-psyché che partecipa-osserva è parte integrante del tema partecipato-osservato, da cui risulta essere inseparabile.
Invito i vari ricercatori a tenere presente le grandiose implicazioni che ciò comporta. Vedremo più avanti l’importanza di questa Concentrazione-transmutazione autopoietica.
La grande azione formativa consiste nel riuscire a far vivere la realtà, per cui, microstrutturalmente e coscienzialmente, non esiste la distinzione Io-tu, soggetto-oggetto, stato di scissione, in cui l’Io-psyché si è identificato, da millenni. Tale processo si manifesta anche come separazione nello stesso corpo fisico, in cui ci riconosciamo: si evidenzia, quando la razionalità è prevalente, rispetto all’istinto-emozione, o viceversa. Sanare tale dicotomia, la separazione tra il soggetto e l’oggetto, l’Io e il Tu, unitamente a tutti gli altri aspetti che studieremo insieme, orienta l’ontos, l’essere verso un fine specifico, l’auto-determinazione olistico-autopoietica dell’Io-psyché, ossia il risveglio dello stato di autoconsapevolezza, per cui ciò che lo determina, lo autorealizza, è già presente negli ingredienti che lo formano. I principi attivi autopoietici sono la vita in azione e, semplicemente, rigenerano.
L’Io-psyché consapevole di se stesso si autorigenera!
La Sigmasofia è una Via di conoscenza pratico-teorica aperta ed è tecnicamente in grado di comunicare con tutte quelle discipline scientifiche, filosofiche, artistiche e d’avanguardia che si sono occupate e si occupano delle stesse tematiche, proponendo un protocollo d’intesa, denominato
L’Opera utilizza il linguaggio olistico-autopoietico che descrive esperienze, vissuti diretti dello
stato Io-somato-autopoietico, denominato Sigmasofia.
Lo stato coscienziale Sigmasofia include le pluridimensionalità transfinite dell’Universi-parte, irradia e include ogni atomo e cellula, ed è potenzialmente sempre riconoscibile, visibile, sperimentabile nel sensibile nella misura che si è capaci di raggiungere. Si tratta del riconoscimento simultaneo dell’unica funzionalità sovrasensibile-sensibile, non localistica-localistica. Quando l’Io-psyché ne è realmente consapevole, tale stato è paragonabile (seppur profondamente diverso), a ciò che denominiamo
estasi, instasi, illuminazione, samadhi (…).
Il linguaggio olistico-autopoietico è innovativo e, riguardo taluni termini, nuovo. Anche se razionale e logico, quindi accessibile ad ogni Io-psyché, sarà di difficile comprensione per coloro che non mantengono, con continuità, l’intensità-intenzionalità della motivazione a voler vivere, penetrare, risalire, transmutare in loro stessi i processi Io-somatici, ostacolanti tale comprensione. Infatti, è la concentrazione della sintesi o funzione Ypsi, estrapolata da tali vissuti, ed anche soltanto leggerla o ripercorrerla orienta verso lo stato Io-somato-autopoietico Sigmasofia. Il linguaggio olistico-autopoietico comunica con quella parte di sé, dell’Universi-parte che è il ricercatore in formazione stesso, irrorando, destrutturando, ristrutturando e rigenerando la sua identificazione nel solo sensibile, nel solo acquisito. Il principio attivo di conoscenza vissuta
dell’azione-linguaggio olistico-autopoietico,
è sempre presente al Maieuta o al Docente di Sigmasofia, così come tutte le componenti acquisite che ha saputo risalire e trascendere. Sa individuarle, esattamente nel ricercatore in formazione (parte di sé): è
l’endoscopia olistico-autopoietica,
il raggiungimento di uno stato di fusionalità con l’altro, attuando l’innesco della destrutturazione delle identificazioni, anche discrasiche, iniziando ad eliminare i sintomi, gli ostacolatori d’ingresso. È la base per le successive operazioni formative di Concentrazione-transmutazione (la Risalita), di vissuto consapevole e non proiettivo del piano autopoietico e di ricaduta consapevole nell’azione quotidiana.
La Sigmasofia è fondata sull’esperienza diretta del campo coscienziale olistico-autopoietico, per permettere al ricercatore in formazione di far ricadere nell’azione quotidiana sensibile i principi attivi, non localistici, vissuti, facendo emergere, così, il processo, da me denominato di
azione bios-etica olistico-autopoietica.
È l’azione di sostegno e di orientamento esistenziale della motivazione, della pulsione fondamentale alla Risalita verso l’autoconsapevolezza, allo scopo di creare le condizioni per auto-determinarsi, auto-realizzarsi, per vivere direttamente ed inequivocabilmente l’Universi-parte, nella sua manifestazione non localistica e in quella localistica, acquisita, riconoscendo con modalità innovative il famoso detto greco:
Gnothi seauton conosci te stesso
(e scoprirai i segreti dell’Universi-parte n.d.a).
Il ricercatore che, attraverso la formazione proposta, riuscirà a vivere tale sta-
to, sentirà nascere in lui la condizione Io-somato-autopoietica che non necessita di confutarlo filosoficamente o scientificamente, in quanto, vivendolo, potrà essere autoconsapevole dell’autopoiesi non localistica, transfinita. È la condizione che, semplicemente, non produce critica, in quanto è il campo stesso, da cui nasce ogni manifestazione sensibile e, quindi, non legata alla storia acquisita dell’Io-psyché. La componente, eventualmente interessata a criticare, a confutare, sarà semplicemente operante come parte integrante e autoconsapevole dell’autopoiesi.
Il ricercatore che riconosce la distinzione e vive la simultanea unione tra linguaggio Io-somatico sensibile, convenzionale, filosofico, scientifico, acquisito e i principi attivi che lo formano, pre-manifestazione dell’acquisito, verificherà e capirà empatonicamente che cos’è la vita-autopoiesi che muove in lui.
La presenza tangibile del campo coscienziale olistico-autopoietico, di cui, spesso, la sua emanazione, l’Io-psyché, identificato soltanto nei propri significati-significanti acquisiti, non ha consapevolezza, consente vissuti propedeutici allo stato Sigmasofia.
Ne indico alcuni:
- vivere e penetrare i principi attivi, da cui nasce lo spazio-tempo. L’Io-psyché può prendere coscienza che, in realtà, lo spazio-tempo è essenzialmente immisurabile, appunto perché i principi attivi che lo formano sono un processo non localistico, transfinito, non riducibile a misura, a linguaggio. È possibile raggiungere tale tempo autopoietico, viverlo, risalendo e transmutando le diverse manifestazioni del misurare, del verbalizzare, uno degli orientamenti-variazione-contrasto, attuato, sul piano acquisito, dall’Universi-parte: noi stessi. Si tratta della danza autopoietica, simultaneamente sensibile e sovrasensibile, locale e non locale, la cui scoperta vissuta è il solo elemento che spiega l’esigenza dell’identificazione momentanea del tempo autopoietico, del continuo presente in spazio-tempo. Lo stato autopoietico sigmasofico reintegra in un tutto funzionale lo spazio-tempo e il tempo autopoietico. Vivere gli archetipi Ypsilon, Psi, Lambda e Ʃigma, simboli attraverso
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cui sintetizzo tutti i principi attivi, parti integranti del campo coscienziale olistico autopoietico, non locale, un riferimento fondamentale per l’Io-psyché del ricercatore. Essi sono il campo, attraverso cui l’Io-psyché può vivere i diversi processi della non località, della multidimensionalità, a-dimensionalità, della transfinitezza coscienziale. Il ricercatore che riuscirà a raggiungere, formandosi a se stesso, tali archetipi, potrà veicolare, agire consapevolmente l’azione biosetica, di cui l’intuito, la sincronicità, l’olospresenza, la libertà olistico-autopoietica, la libertà di (…), la libertà da (…), la creatività sono espressione. L’autoconsapevolezza dell’archetipo campo coscienziale dissolve, pone in remissione lo stato identificativo dell’Io-psyché nella sola componente acquisita, filosofica e scientifica.
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La disidentificazione dagli stati acquisiti ha il potere di creare la remissione spontanea degli stati non orientati verso la consapevolezza dei principi attivi autopoietici che li formano.
L’Io-psyché avverte l’autopoiesi in sé, grazie all’azione degli archetipi che, incontrati in se stesso, rientrano consapevolmente in azione nel sensibile e nel sovrasensibile.
La parola chiave è autoconsapevolezza. Si determinano azioni di vita, orientate da tali archetipi, ossia la bios-etica autopoietica sigmasofica.
La formazione permette di congiungere, sul piano dell’autoconsapevolezza, i principi attivi (che includono l’ontos, il sophos, il logos e il kraino) con l’azione quotidiana, il non locale con il locale, le basi
dell’essere umano e dell’eco-società olistico-autopoietica.
Voglio mettere a disposizione tale insegnamento ad ogni ricercatore che ne faccia esplicita richiesta: sarà egli stesso che, ove muova con autodeterminazione olistico autopoietica, scoprirà che la fonte di tale insegnamento è nell’innato, è nella natura, maestra in se stessa, soprattutto nella componente non locale.
L’esperienza diretta dello stato coscienziale Sigmasofia evidenzia la pulsione olistico autopoietica a produrre stati di auto-rigenerazione e di auto-guarigione, di risoluzione delle situazioni esistenziali ritenute complesse, difficili. Specificamente, mi riferisco al fatto per cui, quando gli ostacolatori, le discrasie, i problemi, le difficoltà incalzano e sentiamo che potrebbe essere possibile esserne sopraffatti, che si sta per raggiungere un punto limite, in cui ogni via d’uscita sembra ridursi fino a scomparire, la
(Arte Marziale Interiore o Danza autopoietica)
muove ed emerge. La pulsione nasce dai principi attivi innati che orientano, che tengono acceso, che spingono la struttura in cui, di solito, ci riconosciamo e muoviamo, ad auto-determinarsi, ad auto-realizzarsi. Potrà orientare in maniera determinante verso il superamento della difficile situazione, anche attraverso il porre in remissione lo stato identificativo nelle leggi sensibili, naturali, ossia interagendo con quelle autopoietiche, da cui nascono, determinando, così, quell’orientamento all’autorigenerazione, al
principio omeostatico autopoietico,
movente in noi stessi: l’Universi-parte.
La Sigmasofia esprime la filosofia dell’essere, l’ontos-sophos-logia dell’Universi-
parte, che ingloba i processi di auto-organizzazione, di auto-concepimento della componente sensibile, il principio innato, al contatto del quale sia ciò che denominiamo salute, sia ciò che denominiamo discrasia e ogni forma di enantiodromia sono posti in remissione.
L’auto-organizzazione, l’auto-rigenerazione, l’omeostasi potranno trasformarsi in orientamento del vissuto quotidiano. L’Io-psyché può riprendere empatonicamente, visceralmente contatto con i campi di forza archetipici, da sempre, presenti nell’inconscio autopoietico.
Nell’Io-psyché, nei principi attivi che lo formano, sono presenti le risposte, soltanto da vivere, che da sempre l’Io-psyché sta cercando:
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? (…).
Il campo coscienziale olistico-autopoietico è un processo dinamico, probabilmente immutabile, e la Sigmasofia è un modo, una techné possibile per raggiungerlo. L’Io-psyché del ricercatore dovrà trovare in sé, allenare e continuamente potenziare l’intenzionalità, l’intensità della motivazione a voler conoscere se stesso.
La formazione a se stessi si attua attraverso il vissuto diretto di diverse esperienze che, progressivamente, raggiungono l’avanguardia producibile da quell’Io-psyché che, allenandosi, applicando lo
stretching Io-somato-autopoietico,
ne determina l’allungamento, ossia il raggiungimento di una nuova avanguardia di autoconsapevolezza.
La realtà non localistica è parte integrante della realtà sensibile, in cui di solito ci riconosciamo. Molti ricercatori ritengono reale lo stato identificativo nell’esperienza acquisita socio-culturale, da cui, a volte, parossisticamente dipendono. Ogni Io-psyché ha il proprio stato identificativo e deve riconoscere le coazioni a ripetere, le stereotipie che si sono cristallizzate da centinaia di anni: per questo motivo, la formazione non accarezza l’Io-psyché, ma lo fa lavorare Io-somato-autopoieticamente, perché ponga in remissione tali condizionamenti. Il dolore, il problema, la discrasia vengono utilizzati, per essere vissuti, risaliti e trans-mutati. Rappresentano prove dure, difficili, decisive (…).
L’Opera ci dimostra come, mediante l’Io-psyché, traduciamo stati che possono sfociare nella discrasia e come sia possibile produrre azioni che possono autoguarirla, porre in remissione lo stato identificativo discrasico.
Quando l’Io-psyché del ricercatore non riesce ad estrapolare l’archetipo acquisito funzione Ypsi e s’identifica sempre nell’esperienza, nello stato che sta vivendo, si aliena sempre più dalla consapevolezza dell’autopoietico, da cui proviene.
La chiave di volta è il luogo, in cui l’Io-psyché si autoriconosce: se lo fa, reintegrando la consapevolezza dello stato coscienziale Sigmasofia, parteciperà attivamente a funzionalità transfinite, pre-spazio-tempo.
L’identificazione nel solo acquisito, riflesso, non più consapevole della funzionalità da cui nasce, spazio in cui possono insinuarsi le somatizzazioni, è la
discrasia identificativa umana,
che tentiamo di rigenerare, attraverso le Autopoiesi olosgrafiche.
Infatti, il corpo fisico è, per così dire, mortale: ciò che va dal punto nascita al punto morte è una fluttuazione dell’Universi-parte, una fiammata, una fluttuazione.
Questi vissuti mi hanno suggerito la creazione di un protocollo d’intervento, di
orientamento esistenziale sigmasofico.
Soltanto quando l’Io-psyché vivrà empatonicamente i principi attivi, potrà riconoscere quali sono i meccanismi che possono ammalarlo e rigenerarlo.
La Sigmasofia elimina la caduta, l’identificazione nella sola manifestazione sensibile dei processi esistenziali, relegandoli a forme sterili, soltanto descrittive. Se non si riconoscono tali funzionalità di vita-autopoiesi, sovrasensibili, che evidenziano una maggiore possibilità di spiegazione vissuta delle discrasie autopoietiche, dei sintomi, questi sembrerebbero essere inspiegabili.
La riduzione nella classificazione descrittiva del
Manuale degli Ostacolatori e delle discrasie (M.O.D.)
serve a facilitare la comunicazione tra i Maieuti-Docenti sigmasofici e con altri specialisti, e assume il significato-significante di strumento operativo, necessario a predisporre il protocollo autopoietico che darà il via all’intervento formativo di Maieutica sigmasofica, tutto da vivere.
L’approccio scelto, tendente all’auto-rigenerazione, all’auto-guarigione, al risveglio consapevole di funzionalità omeostatiche, autopoietiche, non ha bisogno di identificazioni in denominazioni descrittive, ma di azione vissuta, al di fuori delle identificazioni nel linguaggio verbale, senza escludere il necessario e funzionale protocollo autopoietico e il
momento analitico autopoietico,
attuato durante la Costruzione della Propria Teoria conseguente al vissuto, realizzata da ogni ricercatore in formazione.
Non ci si rivolge mai al paziente, al cliente, al malato (o similari), ma al ricercatore in formazione (non importa quale livello di autoconsapevolezza, discrasia e funzionalità veicoli).
Lo scopo non è quello di guarire ciò che denominiamo discrasia, perché tale stato di guarigione è, inevitabilmente, una proprietà emergente dalla formazione. Non va ricercato, semplicemente accade, se quell’Io-psyché si forma a se stesso, con particolare riferimento alla propria funzionalità autopoietica non localistica.
In tal senso e con questi significati, l’Universi-parte che siamo non può essere descritto e classificato in maniera completa. Infatti, ogni volta che viviamo, esploriamo un’area dell’inconscio autopoietico, ci rendiamo conto di transfinite dimensioni e luoghi che, lì, si dischiudono. Si evidenzia il fatto che ogni
nosologia è incompleta:
con tale consapevolezza, la si risale e la si transmuta, ogni volta che la si attua.
L’approccio è quello dell’autopoiesi continua, qualunque sia lo stato di autoconsapevolezza raggiunto. Per questo, si tratta di una formazione a se stessi, da vivere, in cui è noto che ogni descrizione o qualsiasi classificazione che il ricercatore utilizza nella Costruzione della Propria Teoria conseguente al vissuto è soltanto indicativa: segna il momento dell’azione bios-etica autopoietica che tende a non avere soste nella continuità.
La presa di consapevolezza delle proprie facoltà autopoietiche e di remissione spontanea delle identificazioni, vissute e reintegrate nell’azione quotidiana, è il primo elemento che viene progressivamente raggiunto.
Ciò conduce alla presa di consapevolezza di processi anche profondissimi, non immediatamente riconoscibili, quando il ricercatore si presenta con i propri stati coscienziali d’ingresso.
Un Maieuta o un Docente sa muoversi in questi stati Io-somato-quantistico-autopoietici. Le angosce, le crisi esistenziali, le paranoie, la perdita di significati, le psicosi, le schizofrenie, l’alienazione (…), così come tutti gli stati coscienziali, letti come positivi, quali il benessere, la pace, l’amore, la felicità, la lealtà, la salute (…) possono essere riconosciuti come manifestazione sensibile incompleta, riflessa, dello stato coscienziale Sigmasofia, condizione autopoietica dell’Universi-parte, di cui gli stati opposti-complementari indicati sono emanazione. In tal modo, si prepara il terreno a forme di autorigenerazione, di autoguarigione, di autorealizzazione anche nell’espressione sensibile dell’Universi-parte: si può verificare la remissione spontanea dell’inconsapevolezza del
tutto è atomicamente e coscienzialmente legato.
Spesso, molti aspetti della realtà socio-politica, culturale, religiosa, filosofica in cui viviamo, sembrano non riconoscere tale facoltà non locale, determinando, così, di fatto, un ostacolo al riconoscimento vissuto, diretto, del principio autopoietico, autorigenerante, presente in noi.
È necessaria la revisione del paradigma esistenziale e sociale, in favore del riconoscimento dell’essere umano e dell’eco-società olistico-autopoietici.
L’essere umano olistico può evidenziarsi, risorgere dallo stato d’identificazione nel solo sensibile, in cui si trova. La formazione indica esattamente come fare, al di là di tutte le dialettiche filosofiche, intellettuali e religiose. Si definiscono i lineamenti dell’azione sensibile e sovrasensibile, locale e non locale, reintegrata e consapevole, attraverso il vissuto diretto.
È già possibile una prima sintesi.
I principi attivi olistico-autopoietici fluiscono negli ingredienti formanti l’Io-psyché.
Spesso inconosciuti, tali principi attivi sono non locali, transfiniti.
Sono campi di forza inagiti, inattuati sul piano dell’autoconsapevolezza.
È semplice partecipare-osservare che quei principi esprimono le capacità che veicolano, quando formano gli stati coscienziali, attraverso cui percepiamo, riconosciamo la natura, di cui siamo parte.
I principi attivi non locali, il campo coscienziale olistico-autopoietico, vengono convertiti, ridotti e collassati a stato coscienziale individuale. Se si riuscisse a non determinare tale collasso, potremmo far ricadere, consapevolmente, la vita-autopoiesi a sostegno dell’azione sensibile. Ove ciò avvenisse, il campo istintivo-emozionale e aggredior, presente nel corpo fisico, agirebbe realtà di autocreazione, di cui prima non era consapevole, anche se, paradossalmente, interamente creato da tale campo di forza.
I principi attivi dell’Io-psyché si attuano, quando, attraverso la pratica delle Autopoiesi olosgrafiche, si ricrea la coniuctio consapevole tra vita-autopoiesi e Io-somatico.
L’Io-psyché e l’autoconsapevolezza che veicola è la componente fondamentale dei principi attivi, da cui l’enantiodromia può nascere ed è ciò che ricongiunge, reintegra gli opposti-complementari. È ciò che dà
all’Universi-parte, noi stessi.
La vita è riconoscibile in questo ritmo, nella funzionalità dell’innato collegato all’acquisito che forma. In questa dialettica funzionale, riconosciamo stati di autoconsapevolezza, indispensabili all’Io-psyché.
L’Universi-parte, noi stessi, è un essere transfinitamente in vita-autopoiesi. I corpi fisici, antropomorfi, che questo unico essere produce e in cui ci identifichiamo, sono funzionalità, fluttuazioni della Coscienza olistico-autopoietica che, nell’accezione comune, nascono e muoiono, ma che in realtà restano parte integrante di noi stessi, l’Universi-parte. Quando l’Io-psyché si riconosce in quella componente separata, non consapevole della Coscienza olistico-autopoietica, sa di essere mortale, ossia, di entrare nel ciclo nascita-evoluzione-morte. Ma, se si assumesse come Universi-parte, riconoscerebbe se stesso come autopoiesi transfinita: nasciamo e l’Universi-parte è attivo, moriamo e l’Universi-parte, noi stessi, continua la propria azione.
La formazione in Sigmasofia non consiste nell’aprirsi intellettualmente a forze, per così dire, trascendenti, magari sperando che agiscano, malgrado la nostra autodeterminazione e il nostro auto-riconoscimento: un Io-psyché non formato all’esperienza diretta, penetrata, non potrà mai percepire, vivere l’essenza di tali principi attivi, in quanto evocatore dello stato già collassato e ridotto. Si dovrà, bensì, formare alla percezione empatonica di tali principi, in modo che possa riconoscerli nel sensibile, senza riduzioni.
Si assisterà al ricompattamento, alla tensegrità autopoietica, parte del campo istintivo-emozionale, del pathos, dell’ethos. È la nascita del
o
Gli stati finora indicati potranno far nascere la
gelontologia e l’autoironia autopoietica,
lo strumento che ci consentirà di auto-sorprenderci nei paradossi che veicoliamo, senza denunce o giudizi, senza, per così dire, scandalizzarci, bensì contemplandoli, attraverso il sorriso autopoietico, esito inevitabile del duro lavoro formativo su se stessi.
Sorridere autopoieticamente significa illuminare, con l’insight intuitivo e sincronico, con l’olos-presenza autopoietica, l’ombra dello stato identificativo, paradossale, ostacolante. Si tratta di un fulmineo guizzo dell’Io-psyché nelle maglie socio-politiche, culturali, filosofiche, scientifiche, che vorrebbero trattenerlo. È possibile vivere la capacità di sintesi, l’intenzionalità a ricondurre ogni manifestazione sensibile ai principi attivi e a far ricadere tale consapevolezza nuovamente nell’azione sensibile, transmutandola. Attraverso la risata autopoietica, si può esprimere quanta autoconsapevolezza si sia ricercata inutilmente nell’effimero: la base dell’ironia, della gelontologia coscienziali.
Molti ricercatori possono scoprire di non aver mai realmente conosciuto come si producano gli stati coscienziali, attraverso cui si crea la realtà che si vive; possono altresì rendersi conto di ignorare l’organo immediato, il cervello, il sistema nervoso, attraverso cui si specializzano gli stessi stati coscienziali.
Non si cercano risposte alle domande sulla coscienza, sull’esistere, negli ingredienti autopoietici che tali funzioni formano, ma negli organi, negli stati di coscienza, la cui caratteristica è già la riduzione-collasso dello stato Sigmasofia.
Senza la formazione a se stessi, nessun Io-psyché penetra, in realtà, il mistero della nascita-morte, della malattia-salute, del dolore-benessere, della paura-coraggio, dei vari stati intermedi coscienziali che li uniscono, perché si tratterebbe di condurre un’indagine realizzata con strumenti incompleti.
Le azioni che tali Io-psyché, specializzati nel sensibile, agiscono, lasciano intatta la ferita. Questa continuerà a sanguinare, fino a che non si vivrà l’Io-ontos-sophoslogia e la Sigmasofia autopoietica marziale che sanno come fare, per determinare che
ciò che ferisce e uccide può essere la porta, da cui entrare in ciò che
olistico-autopoieticamente rigenera.
Sostanzialmente, esistendo, ogni Io-psyché veicola gradi di autoconsapevolezza dell’Universi di cui è parte. Sono stati di verità relativa, incompleta, rispetto all’autoconsapevolezza della non località, transfinita, di cui sono ugualmente parte.
Nel cuore di ogni Io-psyché, opera la pulsione autopoietica a vivere, a conoscere ed è possibile vederla all’opera nell’esperienza umana, in quanto tutto è coscienzialmente e atomicamente legato.