Articolo del 14 febbraio 2017 pubblicato su https://www.glistatigenerali.com/psicologia_religione/la-liberta-sessuale-e-consapevolezza-di-se-non-trasgressione/
- Una vita sessuale regolata secondo i principi religiosi dà più felicità di una totalmente libera?
- Il senso del peccato quanto condiziona la felicità della vita sessuale?
- Le regole religiose danno più protezione fisica ed emotiva alle persone? Ad esempio, sono più efficaci contro le malattie sessualmente trasmissibili o aiutano l’equilibrio della persona nel rapporto con il proprio corpo?
- Perché una coppia omosessuale regolarmente sposata che ha rapporti sessuali è peccaminosa?
1. Una vita sessuale regolata secondo i principi religiosi dà più felicità di una totalmente libera?
La vita sessuale non è, di fatto ed inequivocabilmente, regolata da principi religiosi, infatti essa è diretta emanazione di funzionalità innate presenti nell’essere umano e in altri esseri viventi.
La sessualità innata non evidenzia regole inerenti visioni culturali, scientifiche, religiose, filosofiche, acquisite. Infatti, sia un essere umano analfabeta che un essere umano plurilaureato può praticarla per automatismo innato presente in lui per natura e non per processi acquisiti, che si sono sovrapposti. Se non fosse presente tale componente innata, nessuno potrebbe abbinarvi le proprie regole culturali, religiose, scientifiche, diverse per ognuno.
La sessualità è quindi una facoltà disponibile all’essere umano.
La pratica della sessualità ci dimostra, inequivocabilmente, che chi la vive, a seconda delle proprie capacità, può produrre, piacere, beatitudine, estasi (e altro ancora), se ne è capace e se conosce le modalità attraverso cui raggiungere tali stati di intensità. Se chi la pratica, per auto-determinazione decide, assume, di procreare può farlo, sempre per funzionalità innate già presenti in lui.
Non si tratta di quantità di felicità! Ammesso che quest’ultima sia l’obbiettivo da conseguire (ne esistono molti altri…), infatti ogni praticante potrà raggiungere la quantità che le sue facoltà e capacità psicosomatiche ed esistenziali gli consentiranno di produrre. Lo zigote, lo spermatozoo e l’ovulo, la psiche in essi presente, l’innato, nulla sanno della convenzione acquisita che denominiamo, matrimonio.
Il nesso acquisito tra matrimonio e sessualità non ha nulla a che fare
con la sessualità innata, infatti è un processo, un’opinione, in questo caso religiosa, inscritto sopra.
Tale opinione e orientamento, di fatto, rinchiude nelle caratteristiche del preconcetto il vissuto che per natura è olistico, integrale, quindi di fatto la sessualità regolata secondo principi religiosi (o altri principi) è un elemento di riduzionismo che vi si applica sopra, ma questo non consente di stabilire se dia più o meno felicità, poiché ciò dipende dalle persone e da molti altri fattori (modalità affettive dei legami significativi primari, educazione ricevuta in famiglia, esperienze personali, struttura di personalità, epoca storica, ecc…) .
In aggiunta, vi è un’altra riflessione che è possibile fare:
- che cosa significa vivere la propria sessualità in modo totalmente libero?
Libertà non significa licenza o trasgressione, ma essa è innanzitutto consapevolezza di sé, auto-consapevolezza degli ingredienti formanti, e condizionanti, la propria sessualità.
2. Il senso del peccato quanto condiziona la felicità della vita sessuale?
Nella convenzione internazionale non esiste il senso del peccato, i sensi sono infatti vista, udito, olfatto, tatto e gusto.
Se per peccato si intende la trasgressione di una norma alla quale si attribuisce un’origine divina, e a cui si rifà la religione, la risposta è sicuramente sì, infatti il religioso, veramente praticante, costringe la propria sessualità innata all’interno della regola religiosa, che segue appunto per non creare il peccato. Quindi, si auto-induce una scissione tra regola religiosa acquisita e funzionalità innata:
la notte oscura dell’anima, ossia il calvario che i sacerdoti di clausura seguono per addomesticare la propria pulsione sessuale, sia da insegnamento!
Il senso del peccato potrebbe significare che l’Io-psyché del soggetto, sedicente religioso, produce un atto (sessuale) in contrasto con la regola religiosa che sta seguendo, e di conseguenza l’identificazione nella regola religiosa (che prevede addirittura sanzioni) può giocare un ruolo se assumere o no la pratica dell’atto, ma anche durante l’atto e ovviamente dopo l’atto, il condizionamento è potente, e ne sono vittime milioni di persone.
Si tratta di uno (s)conosciuto delirio di onnipotenza e di un
patologico tentativo di controllo della sessualità,
noto da migliaia di anni!
Ciò non significa che l’auto-determinazione di ognuno ove lo ritenesse opportuno possa assumere di vivere secondo castità o secondo regole dette religiose dagli esseri umani che le inventano.
3. Le regole religiose danno più protezione fisica ed emotiva alle persone? Ad esempio, sono più efficaci contro le malattie sessualmente trasmissibili o aiutano l’equilibrio della persona nel rapporto con il proprio corpo?
Anche l’emozione è un processo innato dell’essere umano e non ha nulla a che vedere con il concetto di protezione.
L’emozione è parte integrante dello psiche-soma di ogni essere umano, è in circolo ed è esprimibile, e ci indica il tipo di stato coscienziale emettibile appunto perché se ne ha facoltà. Soltanto quando si vuole condizionare, regolare, tale naturale auto-determinazione si inducono in modo iatrogeno malesseri, distonie, discrasie, patologie, disfunzioni. È la formazione innata e acquisita dell’essere umano a se stesso ciò che determinerà la profilassi che si può attuare alle malattie sessualmente trasmissibili, in questo le regole religiose non hanno nulla a che fare. Il rapporto con il proprio corpo dipende anch’esso dalla formazione vissuta a se stessi e se la propria consapevolezza è in grado di produrre equilibrio o meno. Questo è proprio dell’essere umano, infatti esistono casi di cardinali pedofili e casi di cardinali che vengono indicati come santi, allo stesso modo di laici sessualmente perversi o sessualmente evoluti.
4. Perché una coppia omosessuale regolarmente sposata che ha rapporti sessuali è peccaminosa?
Infatti, quella coppia non è peccaminosa, se non per le proiezioni di chi la vuole definire in quel modo. E anche se non fosse regolarmente sposata, non sarebbe peccaminosa, sempre se non per le proiezioni che in quel modo la vogliono definire. In ogni caso gli unici titolati a descrivere i propri vissuti sono coloro che li vivono direttamente, gli altri semplicemente non li conoscono e sono, quindi, necessariamente patologicamente proiettivi e invasivi se pretendono di interpretarli, di giudicarli, atto che, se lo ritengono opportuno, potranno applicare a loro stessi, gli unici di cui possono averne contezza.
dott.ssa Flavia CHIRICOZZI
psicologa, psico-sessuologa, ricercatrice psicosomatica
maieuta di Sigmasofia Io-somatica
Nello MANGIAMELI
ricercatore psicosomatico, scrittore
fondatore della Sigmasofia Io-somatica.
Autore dei libri
“La sessualità- studi e ricerche d’avanguardia”
e
“Androgynus –oltre la teoria del gender”
La Caravella Editrice
Conducono insieme gruppi di Sessualità della conoscenza.
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