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LA PERMANENZA

Non producendo prese di consapevolezza dell’innato,
non si prende coscienza che la vita-autopoiesi
presente in tutto l’Universi
 è permanente 

Il termine permanere deriva dal latino per  e  manere che significa restare, ossia

per restare.

Impermanenza deriva da permanere e in questo caso ha un’accezione negativa che potremo leggere come

per non restare.

Infatti, impermanenza indica il

non restare di un fenomeno,

un

evento di passaggio, transitorio.

In Sigmasofia, la permanenza autopoietica assume un significato peculiare:

infatti, il vissuto diretto

ci fa riconoscere l’impermanenza,

il per non restare

applicabile soltanto alla manifestazione acquisita,

che partecipiamo-osserviamo come una sorta di

fluttuazione

creazione e riassorbimento del creato, dei fenomeni.

Un essere umano nasce, svolge la “propria vita” e produce il proprio punto morte, lo stesso capita ad una relazione, ad un lavoro; siamo giovani poi vecchi, tutto sembra mutare, trans-mutare, niente sembra essere, per così dire, eterno e se rimaniamo identificati nel solo acquisito, nel solo sensorio-percettivo

non riconosciamo enti permanenti

(per questo motivo, alcuni ricercatori li hanno interpretati addirittura come illusori).

La concreta e costante percezione di impermanenza, come alcune riflessioni di molti esseri umani indicano, in realtà esprime che è in circolo uno specifico ostacolatore:

l’identificazione-fissazione nel sensorio-percettivo, nel solo acquisito,

che non ci permette di vivere, riconoscere e consapevolizzare

la permanenza e la continuità

propria ed inequivocabile

dell’innato.

Infatti, se partecipiamo-osserviamo l’essere umano possiamo riconoscere che

quando nasce

la vita-autopoiesi è già in azione,

durante la sua esistenza

la vita-autopoiesi complessiva è in azione,

al punto morte

la vita-autopoiesi complessiva prosegue.

L’Universi di cui siamo parte crea, continuamente, punti nascita e simultaneamente punti morte,

l’Universi-parte

è un essere permanente

che crea e riassorbe tali fluttuazioni,

l’essere umano, gli altri esseri viventi, gli enti esistenti, i processi cosmici.

Tutto, a livello quantistico, sub-quantistico e coscienziale è, permanentemente, in

stato di entanglement,

una delle funzionalità innate della vita-autopoiesi.

L’Universi-parte transfinito, operante nel continuo presente (che genera, include e trascende lo spazio-tempo passato-presente-futuro), è permanente, la parte, sua fluttuazione creata ma inscindibile da esso, sembra essere impermanente. Tuttavia, è, appunto,

la permanenza che crea e include e trascende l’impermanenza,

uno dei principi attivi fondamentali della linea del destino innato-acquisito

ciò che può consentire di vivere l’esistente, la creazione della parte-Universi in modo fluido e consapevole.

Quando pratichiamo l’E.Co.A. Ecologia-Escursionismo coscienziale autopoietico, partecipiamo-osserviamo, continuamente, come la forza della corrente di un torrente ci possa trasportare se vi ci immergiamo: scorre incessantemente e sembra auto-ripulirsi continuamente. Ma nello stesso torrente, partecipiamo-osserviamo anche delle zone morte, talvolta stagnanti, torbide, senza flusso, senza movimento. È la partecipazione-osservazione che ci ha permesso l’analogia con noi esseri umani: quando viviamo, viaggiamo, ci autorizziamo esperienze penetrate, la vita-autopoiesi è dinamica scorre, è significativa, ma quando ci fermiamo e ripetiamo continuamente le stesse azioni, ricorsive, gli stessi rituali per anni e anni, nello stesso luogo, nella stessa casa, nello stesso Tempio (…), la routine, la perdita di significati ristagnano, ci fanno diventare come l’acqua della pozzanghera, senza scorrimento. È come se

perdessimo consapevolezza del movimento dinamico insito nella vita

che include anche il fermo.

Qui, si verifica una proiezione grave, ossia trasliamo proiettivamente la permanenza, che dovremmo riconoscere alle funzionalità innate, sull’acquisito. Vogliamo attribuire

permanenza alla fluttuazione che siamo,

luogo in cui non è applicabile, in quanto, come abbiamo visto, come parte dell’Universi siamo impermanenti, fluttuiamo. All’inverso, addossiamo l’impermanenza a ciò che è

trans-finitamente permanente

l’Universi-parte,

noi stessi.

Almeno, allo stato dell’avanguardia delle conoscenze scientifiche e filosofiche finora raggiunte (accezione sigmasofica), è così.

Ci identifichiamo-fissiamo nell’acquisito, nella famiglia, nel lavoro, nella cultura, nella paura di morire, nella religione (…) e in quel modo produciamo il punto morte che taluni considerano definitivo, non rendendoci così conto che la

vita-autopoiesi è innatamente permanente

nelle sue continue creazioni di punti nascita, svolgimenti e punti morte (della parte).

Quando, durante la pratica dell’E.Co.A., ci sediamo in silenzio in cima ad una montagna e ascoltiamo il suono del vento, della natura, in quel panorama immobile e nello stesso tempo in movimento, possiamo intuire estensioni più ampie che si aprono alla non località, al transfinito.

Molti esseri umani non seguono fino in fondo tale iniziale apertura e la limitano al solo sensorio-percettivo, rendendo la manifestazione della vita-autopoiesi nel proprio corpo fisico ostacolata dall’identificazione-fissazione nel solo acquisito. Molti esseri umani hanno così trasposto lo stato di permanenza della funzionalità innata della vita-autopoiesi su elementi del sensorio-percettivo dell’acquisito che sono evidentemente impermanenti. Vorremmo che la permanenza dell’innato fosse applicabile all’identificazione nel solo acquisito. È veramente paradossale: disponiamo integralmente della permanenza, ci vive, ci fa vivere, ma non ne siamo consapevoli, intuendo che esiste, la proiettiamo sulla durata della manifestazione della vita-autopoiesi nel corpo in cui ci riconosciamo, proiettando il desiderio che questa possa avere una continuità, che duri indefinitamente: Ed ecco che costruiamo immagini di relazioni permanenti, di lavori stabili, per sempre (…), vogliamo che l’acquisito, scisso dall’innato, sia durevole. Molti

non prendono coscienza che la vita-autopoiesi presente in tutto l’Universi è permanente.

Come già detto, in questo istante,

migliaia di esseri viventi stanno evidenziando il punto nascita

e, simultaneamente, migliaia di esseri viventi stanno evidenziando il punto morte:

è la prova che l’Universi di cui si è parte è transfinitamente in vita-autopoiesi, emette e riassorbe la fluttuazione che siamo.

La vita-autopoiesi è così, è innatamente permanente, ogni sua creazione di impermanenza acquisita lo dimostra, lo testimonia. Ma identificandoci soltanto nell’acquisito,

taluni hanno proiettato che la vita sia impermanente,

che abbia un inizio e una fine e proprio

non riescono a cogliere l’essere permanentemente e transfinitamente in vita.

L’Io-psychè di molti, non riesce a cogliere la transfinita permanenza della vita-autopoiesi, che trascende l’identificazione nei figli, nelle tradizioni, nella società, nella politica nelle religioni, nella paura di morire (…). La vita-autopoiesi è l’unico processo permanente, ma identificandoci soltanto nella sua manifestazione acquisita la riconosciamo proiettivamente come impermanente: nell’accezione classica, gli esseri viventi muoiono, le relazioni finiscono, le stagioni si susseguono, anno dopo anno, l’enantiodromia quotidiana di significati acquisiti si ripete continuamente (…). Insomma, di fatto, molti esseri umani non si formano, attraverso il vissuto diretto, a vivere la

permanenza della vita-autopoiesi innata

intrinsecamente autopoietica (auto-creante).

L’Io-psychè non è simmetrico a tali principi attivi innati, ma identificato nel solo acquisito in cui soltanto consapevolezze riduzionistiche e cristallizzate si evidenziano: filosofie, religioni, politiche, economie, famiglia (…): fissazioni e incompletezze che hanno significati-significanti di passaggio, propedeutici, la vita-autopoiesi li include e li trascende.

Un Io-psyché non ostacolato dalle identificazioni nel solo acquisito, consapevole che solo la formazione vissuta continua a se stesso può porre in remissione l’incompletezza, si avvicina alla creazione di insights intuitivi e sincronici di vita-autopoiesi innata, di permanenza continuamente presente, al di fuori della convenzione spazio-tempo passato-presente-futuro.

Non operano Dei, divinità che sono soltanto bisogni-desideri non soddisfatti e risposte alle domande sui significati dell’esistenza non prodotti.

L’Io-psychè che si forma alla

permanenza della vita-autopoiesi innata transfinita non localistica

pone in remissione ogni identificazione, ogni dover essere, dover fare, stereotipie condizionamenti (…).

Se riusciste anche soltanto a intuire la permanenza della vita-autopoiesi innata, la vostra intera consapevolezza evidenzierebbe la metanoia che, da sempre, ricerca e l’Universi-parte transfinito, noi stessi, evidenzierebbe significati-significanti innati-acquisiti.

La vita-autopoiesi è permanenza che

crea continuamente fluttuazioni impermanenti.

permanenza della fisiologia innata, della vita-autopoiesi

tecnicamente in grado di edificarlo:

uno dei principi attivi fondamentali della

misteriosofia Sigmasofica.


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