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CRITICA AL COMPORTAMENTISMO
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CRITICA AL COMPORTAMENTISMO

L’osservazione che proietta la divisione,
 inesistente,
 tra soggetto e oggetto, tra Io e tu,
continuerà a imperversare
e a indurre gli stessi al riduzionismo
che veicola.

Il

comportamentismo

è uno dei

settori di studio della psicologia.

Taluni ricercatori affermano che sia il solo settore che possa essere studiato

applicando il metodo scientifico.

Legittimano tale affermazione con la seguente tesi:

ogni stimolo (presente e operante nell’ambiente complessivo è percepibile, riconoscibile e misurabile), a questi l’essere umano, l’essere vivente può dare e dà una risposta, ossia ciò che individuano come il

comportamento,

anch’esso ritenuto studiabile, misurabile e quindi affrontabile con lo stesso metodo.

Il comportamentismo di cui sto trattando è stato sviluppato da J. Watson e successivamente studiato da B. Skinner e E. Tolman.

Alla luce degli studi sperimentali Sigmasofici, l’incompletezza del comportamentismo risiede esattamente nel seguente assioma:

il comportamento dell’essere umano,

dell’essere vivente può essere

spiegato in modo esaustivo

attraverso la progressiva conoscenza delle

 informazioni acquisite quantificabili e verificabili.

In pratica, si assume che gli eventi di vita, le situazioni di vita, nessuna esclusa, siano una sorta di

stimolo inducente le

risposte

che ogni essere umano può dare.

L’assioma appena indicato è incompleto.

Per poter sostenere l’attribuzione di incompletezza alla

psicologia del comportamento

(o behaviorismo),

è necessario

illustrarne le basi e, simultaneamente, indicare che cosa

potrebbe renderlo maggiormente completo.

Entriamo.

L’etimologia della parola psicologia è logos che significa scienza, discorso su e psyché che significa anima, respiro vitale. La psyché in Sigmasofia è denominata Io-psyché, ossia

l’ente, inscindibile dal soma, dall’autopoiesi (energia)

attraverso cui produciamo ogni stato Io-somato-autopoietico, quindi anche ciò che viene denominato

il comportamentismo.

Qui, individuo la prima incompletezza: il comportamentismo tenta di non tenere conto, di

rendere irrilevanti le funzionalità complessive dell’Io-psychè che sono anche sovrasensibili, inconsce, non localistiche, in favore dello studio scientifico del solo comportamento sensorio-percettivo,

implicitamente transmutando la psicologia in comportamentologia.

Si evidenzia così

l’identificazione-fissazione nel solo sensorio-percettivo

e si manifesta l’incompletezza sul piano della consapevolezza vissuta del sovrasensibile, del non localistico che, per funzionalità innate, è sempre in essere.

In Sigmasofia, abbiamo sperimentato che l’identificazione-fissazione dell’Io-psyché sul solo sensorio-percettivo convoglia gli studi e le ricerche su quel piano, mentre, di fatto, la stragrande maggioranza delle funzionalità Io-somato-autopoietiche sono sovrasensibili, inconsce, non localistiche, transfinite,

sono un campo morfo-atomico-coscienziale innato

che non aspetta altro che di essere consapevolizzato.

I vissuti, inequivocabili, di tale campo dimostrano, senza possibilità di errore, né diretto né indiretto, che sono determinanti nella creazione di stati Io-somatici (pensare, volere, concettualizzare, immaginare, percepire…) e quindi delle risposte da dare eventualmente agli eventi del contesto, dell’ambiente, anche in considerazione del fatto che da tale ambiente, per entanglement micro-particellare e coscienziale, siamo inscindibili, non separabili.

I principi attivi del comportamentismo sono riassumibili in tre elementi fondamentali:

  1. La riconduzione della già incompleta psicologia, intesa come scienza della mente, a scienza del comportamento, ossia ad un suo applicativo, rendendola così maggiormente incompleta;
  2. il non vissuto viscerale in conseguenza del quale qualunque comportamento può essere spiegato senza avvalersi dei processi psicologici interiori dell’essere umano, ossia come dicono loro,

senza i riferimenti mentali,

dimostrando così di non avere nessun vissuto e nessuna percezione delle funzionalità, degli stati Io-somatici innati da cui si evidenzia l’Io-psychè, senza i quali non potrebbero né creare la risposta, né riconoscere l’evento;

  1. ricondurre l’eventuale esistenza di concetti e di funzioni interiori agli assunti del comportamentismo e delle sue nozioni, processo palesemente riduzionista e incompleto: è proprio il comportamentismo stesso, semmai, che deve assumere di aprirsi all’olismo, alla T.O.E. (Theory of Everything), riconoscendosi così come riduzionismo simmetrico incluso e coerente con la funzionalità d’insieme.

Hanno ridotto tutto ad una presunta scienza del comportamento, ossia a degli atti che rientrano nel range sensibile, nel movimento, nell’azione dei soggetti che si auto-determinano, azione quest’ultima che si evidenzia anche e soprattutto dalla fisiologia innata, sovrasensibile non locale.

Per presunte esigenze scientifiche, hanno voluto e dovuto utilizzare o eliminare le funzioni interiori introspettive, arrivando finanche a negare l’innegabile:

la componente causale

ossia l’Io-psychè

(atti mentali)

che crea il comportamento.

Vogliono riduzionisticamente far diventare quello che

credono sia la metodologia scientifica

il solo metodo di fare ricerca,

ma occupandosi dell’Io-psyché ciò è, di fatto, impossibile.

Infatti, i fenomeni comportamentali sono evidenza di funzionalità psichiche sovrasensibili, innate senza le quali i suddetti avvenimenti non potrebbero semplicemente esistere: la fisiologia innata degli stati Io-somatici non è un concetto astratto e non rintracciabile, anzi, come dimostra la Sigmasofia, è perfettamente consapevolizzabile.

Hanno voluto fortemente utilizzare il metodo scientifico che, come risaputo, non è un metodo rivoluzionario, si tratta di un intento scientista manifestato anche attraverso parole tecnico-scientifiche ossia

di essere accurati, per non essere più accusati di essere una pseudoscienza,

hanno collassato e superficializzato l’approccio psicologico, che, ripeto, già di per sé era incompleto.

Entriamo di più.

Il comportamentismo afferma l’esistenza di tre cardini fondamentali:

  1. stimolo
  2. risposta
  3. rinforzo

La pratica sigmasofica dimostra che lo stimolo, la pulsione all’essenza sono sempre una creazione, un’evidenza del corpo in vita-autopoiesi e dell’Io-psyché che lo esprime. Sono elementi di partenza, sempre scaturenti da potenze fisiologiche innate, non si riscontrano come dice Skinner due classi, incondizionata e condizionata: la classe è soltanto una, quella innata che nell’espressione acquisita può essere definita condizionata, pur sempre evidenza di funzionalità innate (incondizionate). Lo stimolo, la pulsione parte sempre dall’innato che per entanglement micro-particellare e coscienziale inscindibile include l’ambiente complessivo.

La pulsione e lo stimolo sono evidenza del

determinismo olistico-autopoietico innato

che include sempre l’ambiente complessivo di cui siamo parte.

Tutti i metabisogni sono innati: mangiare, bere, respirare, dormire, evacuare, congiungersi, pulsione a vivere (…), funzionalità interiori che dimostrano la propria esistenza al momento in cui, non essendo soddisfatti, provocano l’aumento dell’aggredior, ossia il sintomo, il segnale che segnala quella mancata soddisfazione: l’accrescimento della fame della sete e così via di tutti gli altri.

In sintesi, per il Comportamentismo, si evidenziano i seguenti significati:

  1. lo stimolo, proveniente prevalentemente dall’ambiente, sarebbe la causa del comportamento che induce un essere vivente ad agire in uno specifico modo.
  2. La risposta (allo stimolo) è appunto il comportamento che un essere vivente assume di agire, in risposta
  3. Il rinforzo, sono i correlati allo stimolo e alla risposta che aumentano la probabilità di ripetere ancora stimolo-risposta. Ad esempio, se vado a fare una passeggiata nel bosco (risposta), perché sono stato troppo seduto e al chiuso (stimolo) e, se da quell’azione, può emergere il rinforzo, mi sento più rilassato o altro: di conseguenza, questa condizione apprezzata può motivare una nuova passeggiata.

Come già indicato, la pulsione a vivere a conoscere (lo stimolo), in quanto riconosciuto dall’Io-psyché, di fatto, come essenza, proviene sempre dalle funzionalità innate (se l’Io-psyché non fosse in funzione in conseguenza del fatto che il corpo è acceso, in vita, non potrebbe produrre quel riconoscimento). Compreso questo, si può riconoscere che quella pulsione è modulata-condizionata dai significati-significanti acquisiti, culturali dell’Io-psyché stesso, condizione a cui si possono abbinare altri stimoli, pulsioni presenti nel contesto. Ossia possiamo essere sottoposti a più stimoli simultaneamente e, in modo ripetuto, può accadere che alcuni si lascino condizionare da tali eventi e che alla presenza dell’uno si attivi anche l’altro (condizionamento). Ma, detto questo, resta il fatto che la pulsione all’opera è sempre quella delle funzionalità innate. Spiego con un esempio:

  • posiziono un bambino in una stanza dove è presente un sensore che apre una porta ogni volta che ci si passa davanti. Dietro la porta, c’è un faro potente che si accende e illumina una tavoletta di cioccolato. Vedendola, il bambino, ne mangia un pezzo con gusto ogni volta che passa di là, ripetendo il gesto molte volte, abbina quindi la luce al gustarsi il cioccolato. Dopo più di un mese, viene tolto il cioccolato e il bambino produce maggiore salivazione alla sola presenza della luce e cerca la tavoletta di cioccolato, piangendo per non trovarla.

Un osservatore vide per la prima volta la scena e gli risultò incomprensibile il motivo per cui il bambino stesse piangendo. Non riusciva a spiegarsi perché alla percezione del faro dietro la porta rispondesse con una crisi, mentre di fronte ad un altro, posizionato in un altro luogo, la reazione era diversa. Anche se si tratta di un condizionamento che spiegherebbe la risposta, resta il fatto che questo processo può attuarsi, in quanto le funzionalità innate che fanno funzionare l’Io-psyché e la percezione sono in essere. La questione per cui in assenza di una certa causa segue comunque un certo effetto ci spiega il condizionamento; quella per cui il processo proviene da funzionalità innate ci spiega causalità innate.

Sul piano acquisito, lo stimolo-risposta assume le fattezze indicate: possono esserci risposte istintivo-emozionali e risposte più ragionate, più mediate, condizionate. Ci sono risposte acquisite perfettamente simmetriche allo stimolo; ce ne sono altre che, secondo logica, non sono simmetriche allo stimolo-risposta (la luce non spiega l’aumento di salivazione e il pianto). Questo è il condizionamento.

Attraverso la Maieutica P.Si. ho potuto dimostrare che, non appena l’Io-psyché, attraverso il vissuto diretto, percepisce la fisiologia da cui produce gli stati acquisiti indicati, ne determina la remissione sia della risposta istintivo-emozionale sia della risposta condizionata. Voglio comunicare che la relazione acquisita, con cui uniamo stimoli-risposte, riconosce e vive un’altra funzionalità: fisiologia innata/stimoli-risposte. Il punto della questione è che nella vita-autopoiesi in circolo di cui siamo evidenza possiamo riconoscerla come la causa della produzione di ogni stato Io-somatico. Si tratta, quindi, di una causa complessiva che raggiungendola pone in remissione l’identificazione dell’Io-psyché nella causa riduzionista, in questo caso inerente quella indicata dal comportamentismo: stimolo-risposta-rinforzo. L’eziologia dello stimolo, della pulsione innata, se vissuta, conduce l’Io-psychè a includere e a trascendere ogni identificazione nello stimolo-risposta-rinforzo o in altre caratteristiche. In questo quadro si viene a determinare che:

  1. nell’acquisito, ogni causa-effetto ci suggerisce l’idea che l’effetto appunto è immediatamente successivo alla causa (contiguità della convenzione spazio-temporale). Quindi, l’effetto può divenire la causa di un altro evento conseguente.
  2. Tali cause-effetto effetto-cause possono esistere soltanto per determinazione di un Io-soma che li produce, che li riconosce, quindi hanno un’eziologia specifica nell’innato, che ora sappiamo essere a livello micro-particellare e coscienziale inscindibile, in stato di non separabilità, di entanglement. Ne consegue che il comportamento di una parte-Universi di un soggetto è interamente determinato dalle funzionalità innate intrinseche dell’ambiente di cui ognuno è parte, evidente dall’esempio che ho appena formulato.

Esiste quindi il determinismo olistico-autopoietico innato dell’Universi, di cui per entanglement siamo parte integrante e non separabile, di conseguenza non possiamo seguire il concetto di stimolo proposto dal comportamentismo, identificato soltanto nell’acquisito che legittima l’esistenza appunto del meccanismo di causa-effetto effetto-causa. In Sigmasofia, includiamo tali cause-effetto, effetti-cause non ascrivibile ad uno specifico stimolo, ma al processo funzionale simultaneo da cui può evidenziarsi ogni tipologia di stimoli, di pulsioni.

Non è uno specifico stimolo che causa il comportamento (questo accade nell’acquisito), ma tutto ciò che è incluso in funzionalità innate non condizionabili.

Sintetizzo.

La pulsione olistico-autopoietica a vivere a conoscere opera alla radice dell’Io-psyché ed è ciò che per così dire stimola.

L’Io-psyché può lasciare esprimere tale pulsione così come è nelle sue funzionalità innate o può modularla, condizionarla, con altre azioni e significati-significanti acquisiti, anche multipli:

la risposta dell’Io-psychè ad un evento di vita può essere letta in modo più esteso, più olistico. In realtà, a livello innato, l’Io-psyché è come se non rispondesse, perché essendo parte integrante delle funzionalità innate complessive, quelle che coinvolgono tutto l’insieme esistente ed operando queste nel continuo presente, si viene ad evidenziare che a quel livello di funzionalità tutto è simultaneo, è connesso non localmente. Di conseguenza, ciò che denominiamo la risposta ad un evento, è sempre immediata; la risposta diviene mediata, condizionata (culturalmente, per associazione ripetuta di esperienze…), quando l’Io-psyché si identifica nel solo sensibile, nel solo spazio-tempo e nella sua successione di eventi.

La proprietà emergente, ossia ciò che da tutto ciò si evidenzia (e che i comportamentisti denominano il rinforzo) non è spiegabile soltanto in termini di: frequenza, intensità, durata, ma anche e soprattutto in base alla fisiologia innata, alle in-formazioni, presenti nella pulsione olistico-autopoietica di vita-autopoiesi, di conoscenza che tutti veicoliamo.

Si individua inequivocabilmente la visione riduzionista dei comportamentisti, quando presume di definire in termini oggettivi il comportamento: infatti, l’oggettivo in un Universi che funziona per entanglement pone in definitiva remissione la suddivisione tra soggettivo e oggettivo (come qualunque facoltà di fisica teorica insegna ormai da anni ai suoi studenti).

In un Universi-parte che a livello micro-particellare e coscienziale innato funziona per entanglement, evidenziando così di essere un unico corpo in azione, tutto diviene soggettivo, è soltanto l’interpretazione sensorio-percettiva, spazio-temporale che evidenzia la differenziazione tra soggetto e oggetto, tanto utilizzata da tutti noi e che ci induce ad interpretare l’esistente, separando il soggetto dall’oggetto (e ciò ha una sua utilità socio-culturale, ma non spiega in maniera tendente al completo quello che complessivamente sta accadendo e accade). È questa la consapevolezza innata-acquisita da tenere continuamente in riferimento ed è esattamente questa che, se realmente vissuta, ci consentirà di comprendere nella sua reale funzione la necessità di utilizzare il soggetto separato dall’oggetto.

Il soggetto separato dall’oggetto è la variazione-contrasto dall’innato che ci permetterà di consapevolizzare l’innato stesso. In presenza di questa consapevolezza vissuta, accadrà che le nozioni di frequenza, di intensità, di durata, potranno, forse, essere utilizzate in modo coerente e in fase con le funzionalità innate da cui esse stesse si evidenziano.

Quindi, a mio avviso,

il comportamentismo non descrive per intero gli eventi esistenti,

e men che meno lo fa in modo scientifico: infatti non tiene nel dovuto conto (coscienziale) le implicazioni scoperte dalla fisica quantistica e da altri.

Il comportamentismo afferma che:

il comportamento assumibile nel momento presente da un Io-psyché è interamente inferibile dalla storia dei suoi stimoli condizionati e incondizionati.

Secondo la Sigmasofia, l’incompletezza del comportamentismo risiede esattamente nel fatto che

non tiene in considerazione l’eziologia innata del processo denominato stimolare indipendentemente dai significati-significanti acquisiti convenzionali attribuitigli.

Allo stato della ricerca, l’Universi di cui siamo parte risulta essere transfinito, mai finito, nessuno ne ha saputo individuare i confini ed è per questo motivo che è possibile ipotizzare plausibilmente che anche le scoperte scientifiche e coscienziali realizzabili siano dello stesso tipo: in questo individuo un terreno di ricerca meraviglioso perché equivale a dire

che nessuna scienza,

nessuna filosofia

potrà mai avere fine

con buona pace di taluni scienziati che

ipotizzarono una presunta fine della scienza

in conseguenza del fatto che si era prossimi a conoscere tutte le leggi che regolano l’Universo.

Come diciamo spesso in Sigmasofia:

intere regioni del campo quantistico-coscienziale

sono ancora da esplorare e da consapevolizzare,

per questo motivo,

considero riduzionista la pretesa comportamentista di voler spiegare lo stimolo incondizionato senza aver vissuto pienamente l’eziologia innata che lo forma

(al di fuori delle speculazioni, delle interpretazioni intellettuali).

In ultima partecipazione-osservazione, posso affermare che il concetto di comportamento non è stato spiegato in modo esaustivo dai comportamentisti, semplicemente perché non è definibile, infatti, il comportamento deriva ed è la conseguenza della storia vissuta acquisita di ognuno che è differente da ogni altra, in più scaturisce da funzionalità innate anche non localistiche che ancora non sono state consapevolizzate.

Lo stimolo evidenzia tale incompletezza

e quindi anche la risposta è dello stesso tipo.

Non è possibile a livello microstrutturale distinguere l’evento stimolante o lo stimolo condizionato dal resto dell’ambiente, perché essi, a quel livello, sono lo stesso processo e quindi indistinguibili, di questo non c’è traccia nella loro impostazione: la distinzione (proiettiva) è possibile sul piano acquisito ma questo, semplicemente, non è completo o tendente al (…).

In un Universi in stato di entanglement non esistono e non possono esistere eventi cosiddetti neutri (chi afferma il contrario, semplicemente, non conosce e non ha vissuto tali avanguardie di consapevolezza).

La funzionalità simultanea tra pulsioni stimoli ed eventi cosiddetti neutri dovranno, necessariamente, indurre l’Io-psyché dell’essere umano ad elaborare una innovativa metodologia scientifica che inizi a tenerne conto. Se non siamo in grado di riconoscere tale entanglement coscienziale e micro-particellare, allora non siamo nemmeno in grado di iniziare a costruire esperimenti di laboratorio simmetrici e che, quindi, abbiano, per così dire, innovativa credibilità: di conseguenza,

l’osservazione che proietta la divisione, inesistente, tra soggetto e oggetto, tra Io e tu, continuerà a imperversare e a indurre gli stessi al riduzionismo che veicola.

Se non si percepisce la non separabilità tra le cose esistenti, sensibili e sovrasensibili localistiche e non locali e che qualunque ipotesi in un Universi entangled transfinito ha sempre valore propedeutico momentaneo, preparatorio, alla consapevolezza successiva (alla tecnologia successiva), non si riuscirà a riconoscere che anche ogni comportamento ha la funzione preparatoria, propedeutica al successivo e che ogni previsione è incompleta anche se in molti casi, sensorio-percettivamente, attendibile.

Quando si studia l’essere umano ci si rende conto che le conoscenze scientifiche acquisite di cui si dispone possono permettere di elaborare previsioni inerenti a tali conoscenze, via che si prosegue con le scoperte scientifiche si implementa anche la capacità previsiva che è per questo motivo in continua implementazione, quindi, gli elementi posti alla base della teoria comportamentista, così come di qualunque altra teoria, sono sempre ulteriormente implementabili modificando così le ipotesi di ricerca e procedendo così al transfinito.

Voglio comunicare che ritengo corretto che si formulino ipotesi sul comportamento e che poi si proceda con le verifiche sperimentali da cui formulare modelli ma da questo non si possono ricavare spiegazioni valide per tutti i casi simili, si tratta soltanto di un possibile modo di procedere che deve tendere a trascendere se stesso, appunto perché la pulsione di vita-autopoiesi si estende alla non località e in gran parte è ancora da consapevolizzare.

Da ciò, si ricava che i modelli elaborati di riferimento non sono definibili in modo chiaro, per questo motivo, ogni generalizzazione risulterebbe essere incompleta.

Se si tengono in considerazione i processi non localistici, risulta essere tecnicamente impossibile descrivere esattamente e con precisione le variabili che definiscono i parametri del comportamento. Considerata tale impossibilità si evidenzia che ogni processo può essere interpretato soggettivamente sia dal singolo essere umano, sia se si tiene in considerazione l’Universi di cui ogni essere umano, ogni essere vivente è parte inscindibile: la soggettività emerge, inesorabilmente, in entrambi i casi.

Nell’Universi transfinito la soggettività

è in continua formazione a se stessa e ogni estensione ad altri funzionamenti diventa sempre emanazione della consapevolezza della cultura di chi la esprime o della consapevolezza attuale disponibile all’umanità.

Qui, è il punto nodale: il comportamentismo e ogni scientificità entreranno nella

soggettività d’avanguardia,

sia il singolo essere umano che l’insieme collettivo veicoleranno l’avanguardia di consapevolezza del momento, in attesa di implementarla dalla scoperta successiva.

Tutto ciò è perfettamente compatibile con il

principio di ripetibilità

delle scoperte scientifiche realizzate,

il processo che sto indicando si riferisce all’avanguardia di consapevolezza oltre la quale si apre all’invenzione, alla nuova scoperta, ancora non realizzate.

Ciò non significa rimanere nel vago, significa essere consapevoli del livello di consapevolezza raggiunto ed essere pronti alla percezione di nuove avanguardie il che è perfettamente compatibile anche con il discorso scientifico, ne rappresenta la propulsione. Si tratta di reimpostare in questa chiave l’Io-soma-autopoiesi dell’essere umano


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2 risposte a “CRITICA AL COMPORTAMENTISMO”

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