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ESPIANTO DI ORGANI?

RIFLETTIAMO PRIMA, GRAZIE!

Il cuore dell’essere umano
su cui si effettua l’espianto,
sta battendo, è vivo,
 rispetto alla morte cardiaca
tale essere umano
è vivo!

L’espianto di organi: reni, polmoni, cuore (…), richiede che siano trattabili ai fini del trapianto, ossia

devono essere in vita-autopoiesi

 (vitali).

Secondo la tradizione medico-scientifica conosciuta, la

creazione della morte

avverrebbe al momento della

cessazione del battito cardiaco,

ma questa condizione di cessazione

rende inutilizzabili gli organi

appunto perché sarebbero privi di sangue e di ossigeno e, di conseguenza, si

deteriorerebbero velocemente.

Per questo motivo,

il trapianto degli organi si effettua da un essere umano in stato di coma,

con respirazione aiutata da macchinario esterno.

Ciò significa che l’Io-soma di quell’essere umano continua ad

evidenziare la vita-autopoiesi nel proprio corpo,

nei propri organi,

ossia rispetto alla convenzione ordinaria di

morte cardiaca

è, semplicemente, ancora vivo!

Per poter effettuare il trapianto di organi gli specialisti hanno dovuto, necessariamente,

inventare, creare, un’altra definizione

della modalità di accertamento della morte

che potesse essere

compatibile alle condizioni necessarie per tale operazione.

Anziché di riferirla al cuore hanno deciso di riferirla alla

cessazione di tutte le funzioni del cervello,

denominandola

morte cerebrale.

Ci troviamo di fronte al mero interesse (localistico ed auto-referenziale) della medicina trapiantistica a spingere

verso una doppia definizione della morte.

Ciò, di fatto, scredita bios-eticamente la definizione della morte cerebrale: perché questo escamotage consente di

procedere all’espianto di organi prima

che ne risultino danneggiati.

Gli specialisti di medicina trapiantistica per le loro finalità, in sintesi, hanno detto:

se si arrestano le funzioni del cervello,

ossia quando non c’è più traccia di attività bios-elettrica

si è di fronte ad un processo,

secondo loro irreversibile, della morte di una parte dell’organismo,

quella cerebrale, che sicuramente sfocerà, avrà come esito,

la morte cardiaca, ossia quella classica, quella della

morte di tutto il corpo

e non

di solo una parte.

Dopo la cosiddetta morte cerebrale ossia di una parte del corpo, siamo certi che la morte completa, quella cardiaca, sicuramente arriverà (in ogni caso arriverebbe comunque). Ebbene, per i motivi esposti,

lo spazio di tempo che intercorre tra la morte cerebrale e la morte cardiaca

è quello utilizzato per

poter effettuare

con successo l’espianto di organi

(altrimenti non sarebbe possibile!).

Quando il chirurgo procede con il trapianto di organi utilizzando il bisturi,

di fatto, non opera su un cadavere,

perché non essendosi ancora evidenziata la

morte tradizionale, cardiaca

(ossia quella che da inizio alle fasi del rigor, del livor, dell’algor, mortis),

ciò significa che

 il cuore dell’essere umano su cui si effettua l’espianto,

sta battendo, è vivo,

quell’essere umano rispetto alla morte cardiaca è vivo!

Infatti, se ciò accade, significa che

  • il sangue sta circolando,
  • la pelle del corpo è rosea, ha il colore di quando un corpo è vivo,
  • emette urina
  • muove gambe e braccia
  • una donna può portare avanti la propria gravidanza!
  • le estensioni dell’Io-psyché sono rigorosamente ed inequivocabilmente attive, operanti (non possono specializzarsi in stati Io-somatici specifici, pensare, volere sentire, immaginare…) in quanto è in essere la morte cerebrale, ma

le funzioni del campo coscienziale localistiche e non locali,

ripeto,

sono attive!

Quel corpo, anche nell’accezione comune, è vivo. Una ulteriore prova risiede nel fatto che, ripeto,

il prelievo si effettua con cuore e respirazione attivi

(la ventilazione non è interrotta!)

  • La persona non ha perso la coscienza: essa si trova, esattamente li, dove si è sempre trovata, il campo coscienziale è ovviamente attivo (ciò non ha nulla a che vedere con le sole funzionalità cerebrali!)
  • Il soggetto non reagisce al dolore, alla sofferenza prodotta dall’operazione anche perché vengono somministrati anestetici e farmaci che, di fatto, glielo impediscono.

Se tutti i parametri indicati stanno ancora funzionando ciò significa che essendo l’Io-psyché inscindibile dal soma e avvalendosi dell’encefalo per evidenziarsi, significa che

la morte cerebrale

che ci indicano è soltanto

una convenzione utile a chi l’ha elaborata per

legittimarsi la possibilità di poter effettuare l’espianto

e agli esseri umani che hanno bisogno di un trapianto di organi,

appunto.

Se il campo coscienziale è attivo, se il sangue circola, sono certissimo, non si può affermare e quindi non si può accertare, in nessun modo,

la reale morte di quell’essere umano:

in questo quadro si evidenzia che

l’interesse prevalente è soltanto quello di permettere la possibilità degli espianti ma, simultaneamente, si ostacola, implicitamente ed esplicitamente, la possibilità a quell’essere umano di

produrre eutanasia autopoietica

(accezione Sigmasofica)

Ossia,

di creare il proprio punto morte in stato di meditazione,

di attenzione profonda per rendersi conto,

per consapevolizzare quanto di ancora non conosciuto in quei momenti accade:

ossia la

creazione di quello che in Sigmasofia denominiamo

le funzionalità innate dello stato coscienziale punto morte,

uno dei momenti più significativi e certi della vita.

Lo stato di morte cerebrale così come attualmente riconosciuto dalla scienza attuale evidenzia soltanto una parte, vera, ma soltanto una parte di quello che complessivamente accade all’Io-psyché e alle sue estensioni come campo coscienziale localistico e non localistico: vedono attraverso strumenti soltanto l’assenza del campo bios-elettrico cerebrale ma

nulla delle estensioni di tale campo.

Attualmente, semplicemente, non hanno ancora creato tecnologia bios-medica per accertare la continuità di funzionalità non localistica dell’Io-psyché e del campo da cui si evidenzia come la pratica della de-localizzazione ci prova inequivocabilmente.

Semplicemente, i cosiddetti morti cerebrali non sono completamente morti!

Se così non fosse, direbbero che

tutto il corpo è morto

e

non soltanto un pezzo.

La morte cerebrale è soltanto una incompleta elaborazione intellettuale e proiettiva, legittimata soltanto dalla misurazione dell’assenza di bios-elettricità nell’apparato cerebrale a cui consegue la morte cardiaca, invenzione senza la quale non potrebbero autorizzarsi l’espianto di organi, tutto qui!

È ovvio che hanno dovuto inventare il

concetto di morte cerebrale,

perché cos’altro avrebbero potuto fare in

presenza di circolazione sanguigna e di cuore battente:

spiego meglio,

di fatto l’Io-soma della persona è vivo e opera e, simultaneamente, esegeti esterni affermano per interessi trapiantistici che il nostro apparato cerebrale sia completamente morto.

Si tratta di sperimentazione su un

Io-soma in vita-autopoiesi, vivo

che potrebbe essere paragonabile,

senza esserne moto distanti dal vero,

ad una forma, per così dire, di

macellazione bio-medica “etica”.

ESPIANTO DI ORGANI?

RIFLETTIAMO PRIMA, GRAZIE!


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3 risposte a “ESPIANTO DI ORGANI?

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