L’articolo dell’Ing. Luciano Pederzoli è interessante e stimolante!
Mi sono chiesto, in qualità di libero ricercatore sulla coscienza e conoscendo un pochino il paranormale, se io avrei scritto nello stesso modo le interessanti considerazioni evidenziate nel testo.
Ho provato a farlo e vi propongo quello che ne è venuto fuori
Luciano Pederzoli
Mi occupo di "paranormale" da diverse decine di anni (non dico quante per non sentirmi troppo vecchio) e non ho bisogno di essere convinto della sua esistenza, anzi, ho dedicato buona parte della mia a rendere disponibile strumentalmente il "paranormale" per farlo così diventare normale.
Nello Mangiameli
Mi occupo di conoscenza vissuta, realizzata al di fuori del piano intellettuale e del linguaggio verbale, da circa trenta anni! Durante tale pratica, insieme ad altri ricercatori, ho sempre incontrato dinamiche cosiddette parapsicologiche, paranormali che noi denominiamo facoltà olistico-autopoietiche. Noi siamo convinti della necessità di produrre conoscenza vissuta direttamente, e di rendere disponibile la metodologia, la tecnologia Io-somato-autopoietica, per consentire ad ogni libero ricercatore, che ne faccia esplicita richiesta, di poter utilizzare strumenti operativi atti a produrre conoscenza, appunto: per fare trasformare tale azione in pratica ordinaria di vita.
Luciano Pederzoli
Da solo o insieme agli amici di Bologna abbiamo resi misurabili la pranoterapia, i punti dell'agopuntura, le emissioni cerebrali a distanza (una spece di telepatia), il "grumi" di biofotoni e altre cosucce, mentre la pranoterapia e l'esistenza della rete di Hartmann sono state dimostrate dall'ing Sergio Berti di La Spezia, ecc. Quanto agli "orbs", sembra proprio che la maggioranza di essi sia molto piccola (qualche millimetro), vicinissima all'obietivo, mobile, dovuta all'addensamento di molecole d'acqua del vapore atmosferico che di raggruppano attorno a "semi" ionizzati presenti nell'aria (molecole ionizzate o granelli di polvere), quindi cose molto normali e "fisiche", tanto più frequenti quanto più è umido l'ambiente in cui vengono scattate le foto (di solito con il flash e con fotocamere digitali tascabili). Ho centinaia di esempi, ma ne ho anche alcuni in cui i globi sicuramente grandi si raggruppano manifestamente, in diverse foto consecutive, attorno a un personaggio in meditazione, oppure altri in cui compare un viso o una persona (non presente nell'ambiente in cui è stata scattata la foto).
Nello Mangiameli
Insieme ai ricercatori in formazione e utilizzando il sistema Sigmasofia, abbiamo reso ripetibili le metodologie, le tecnologie, atte a produrre conoscenza vissuta visceralmente, non culturizzata, non intellettuale. In alcuni casi, durante gli esperimenti, siamo riusciti a trasmettere informazioni da una coscienza ad un’altra, a scambiare informazioni durante i sogni lucidi, a delocalizzarci, il tutto, sempre in funzione di una ricaduta delle consapevolezze faticosamente raggiunte nell’azione quotidiana. Una delle facoltà producibili è quella di traslare immagini, stati di coscienza, funzionalità innate nel cosiddetto esterno da sé: ossia, il soggetto produce un’immagine, la vive, la percepisce interiormente e, poi, cerca di proiettarla all’esterno come Io-plastia, processo eidetico. In tali stati, diciamo meditativi, può evidenziarsi tale processo, che, talvolta, può essere perfino immortalato da una macchina fotografica. Ciò che interessa è che quella facoltà esiste, è producibile può essere raggiunta attraverso la pratica di tecnologie coscienziali specifiche. Quindi, in Sigmasofia, ciò che consideriamo significativo è il fatto per cui l’Io del ricercatore produce la facoltà di visualizzare immagini, di entrare consapevolmente in memorie presenti nell’inconscio, di rendere lucidi i sogni, per orientarli, per trascenderli, per entrare consapevolmente nella non località. Che poi questo possa essere fotografato o meno assume un valore subordinato al fatto di viverlo direttamente. Ciò che rende vero un processo è la facoltà di poter produrlo e di viverlo: se poi questo non è fotografabile o scientificamente misurabile anche con sistemi sofisticati, ripeto, risulta essere di minore importanza rispetto al viverlo.
Luciano Pederzoli
In questi casi la spiegazione "non standard" è d'obbligo. Tuttavia basta anche una sola foto non sicuramente e manifestamente "buona" per inficiare un lungo e serio lavoro a causa di un attimo di eccessivo entusiasmo.
Questo e solo questo volevo dire. E' spontaneo, per chi "sente" qualcosa di "diverso" (e io sono uno di quelli), tentar di convincere gli altri che le testimonianze fotografiche attestano ciò che lui "sente", ma quando si prendono in esame le documentazioni fotografiche o strumentali ci si deve mettere nei panni del più scettico degli scettici, altrimenti qualunque nostro sia pur piccolo errore sarà immediatamente ritorto contro di noi per screditarci. Qindi lungi da me l'idea di fare critiche, tutt'altro: dico solo che io non possiedo LA SPIEGAZIONE per i globi "buoni" e pertanto sono disponibile ad ascoltare chi sulla materia è più preparato di me.
Nello Mangiameli
E’ la prova a se stessi di poter produrre conoscenza vissuta, che merita di essere raggiunta. La spiegazione sarà direttamente data dall’Io che raggiunge tale potenzialità: se lo farà, che sia in modo standard o non standard, non è molto rilevante, purchè sia realmente vissuto. Se in una fase, qualche elemento non è perfettamente riconosciuto, non accade assolutamente nulla, se non il fatto che quel ricercatore procederà nel perfezionare i vissuti, la sperimentazione diretta che assume di praticare. Non sono le misurazioni scientifiche, le fotografie ad attestare ciò che lui sente, bensì la sua consapevolezza viscerale, inequivocabilmnete vissuta e, in quanto tale, sufficiente a se stessa.
Il più scettico degli scettici non può tecnicamente e in nessun modo screditare vissuti inequivocabili, faticosamente raggiunti: si scontrerebbe con forme di sicurezza ontologica, forse nemmeno pensabili da uno scettico. Quindi, lungi anche da noi l’intenzionalità di fare critiche. I vissuti viscerali consapevoli non sono buoni o cattivi, sono solo vissuti. Se io percepisco una biosluminescenza (attività bioselettrica, prodotta dal cervello), la vivo e la traslo, riconoscendola all’esterno, certo, è il vissuto viscerale a renderla esistente e non una foto, anch’essa interpretata e interpretabile in diversi modi. Se il ricercatore automistificherà, vedrà in lui stesso se provvedere o meno ad una correzione. Ovviamente, non trascuriamo la possibilità di utilizzare misurazioni fotografiche controllate: voglio comunicare che la legittimità è garantita dal vissuto dell’Io del ricercatore e non da altri mezzi: tutto ciò, ovviamente, in funzione della conoscenza vissuta.
Luciano Pederzoli
Come ingegnere mi limito ad affermare che si devono eliminare spietatamente tutte le foto non sicuramente "buone" per iniziare a discutere su di una casistica certamente valida. Se le rilevazioni sono molte e sicuramente valide, poi le spiegazioni verranno. Non dimentichiamoci che Newton, un bel po' di tempo fa, ha piegato matematicamente come funziona la gravità e l'ha resa fisicamente disponibile. Si è ben guardato, però, dal dirci COS'E' la gravità, e infatti ne stiamo ancora discutendo. secondo me anteporre la spiegazione alla rilevazione dei dati sperimentali sarebbe un errore di metodo.
Nello Mangiameli
Non esistono vissuti buoni o cattivi, ma vissuti che entrano nell’esistente! Nessuno viene eliminato, ma penetrato, risalito e transmutato fino a riconoscerlo nei processi che lo generano, e così via.
La produzione di conoscenza vissuta è sempre valida e sempre espandibile dal soggetto che la attua. E questo assume specifico valore. Se i vissuti sono molti, dalla costruzione della propria teoria conseguente al vissuto si estrapoleranno molte spiegazioni (funzione Ypsi).
Qui abbiamo prodotto molteplici vissuti, li abbiamo spiegati esposti, li abbiamo resi ripetibili: possono diventare oggetto di discussione, ma sempre nell’ottica che sarà il vissuto successivo a fornire ulteriori integrazioni trasformabili in teoria. E così procedendo il cos’è si forma, lo si intuisce, lo si vive e se qualche scettico non sarà d’accordo, non mancheremo di accoglierlo con un sorriso di comprensione!
Secondo me, anteporre il vissuto viscerale e poi la costruzione della propria teoria conseguente a tale vissuto è il metodo conoscitivo che sta dimostrando di funzionare e in questo senso siamo d’accordo. Ma, la centralità è la produzione di conoscenza vissuta: stabilito questo, momenti di verifica strumentale, scientifica, delle facoltà olistico-autopoietiche, parapsicologiche, potranno essere d’ausilio.
A presto
Nello
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