La morte[1] è la trasformazione delle naturali funzioni bios-chimiche ed energetiche[2], che evidenziano gli esseri viventi. È un naturale contenuto della vita[3].
In ambito microstrutturale, energetico, la morte può essere definita come la trasformazione delle modalità di vita, presenti nelle microstrutture, negli atomi e nell’organismo vivente.
Non si tratta di fine della vita, ma di una transmutazione, di un cambiamento del suo modo di manifestarsi.
Tutte le funzioni vitali si modificano e, di fatto, non cessano di esistere! Infatti, il processo prosegue, attraverso ciò che denominiamo la dissoluzione-destrutturazione dell’organismo, che andrà a reintegrarsi-ristrutturarsi in natura, con altre forme. Quindi, non si è privati delle proprietà bios-chimiche ed energetiche: queste, semplicemente, iniziano a funzionare in altri modi, diversi da quello precedente che ci teneva, per così dire, accesi in vita. Le transmutazioni che possiamo partecipare-osservare sono a livello cardiocircolatorio, respiratorio, a carico del sistema nervoso e muscolare (…). Si assiste alla destrutturazione e alla modificazione (trans-mutazione, attraverso la mutazione) di ogni cellula del corpo, una transmutazione bio-chimica ed energetica. Quindi, il cadavere risulta essere la manifestazione della morte (dello stato coscienziale punto morte dell’Universi-parte, noi stessi[4]). Il termine cadavere deriva dal latino cadaver che divenne l’acronimo ca.da.ver., che significa caro data vermibus, ossia carne data in pasto ai vermi.
In realtà, la morte si evidenzia ed è conclamata, quando la transmutazione cardiaco-respiratorio-cerebrale (…) entra nello stato di fusionalità, di reintegrazione con l’ambiente complessivo, di cui siamo parte.
La transmutazione, che evidenzierà la morte, si manifesta attraverso due attività vitali:
· la Thanatoslogia del corpo (Thanatos-ontos-sophos-logia acquisita)
· la Thanatoslogia innata (Thanatos-ontos-sophos-logia autopoietica).
Lo stato del corpo morto si evidenzia con:
· l’algor mortis, ossia il raffreddamento del cadavere
· il rigor mortis, ossia la rigidità cadaverica
· il livor mortis, ossia il ristagno e la coagulazione del sangue
· la destrutturazione-decomposizione dell’Io-soma.
Entriamo nel merito.
È l’algidità cadaverica che indica il processo della riduzione della temperatura corporea e psichica (psicosomatica), quando si entra nella morte. È influenzata da processi ambientali, quali la temperatura, l’umidità (…). Quando si entra nella morte, l’Io-psichè (Io-acquisito) e tutta l’organizzazione coscienziale (formata dal campo istintivo-emozionale e aggredior[5]) entrano in remissione: il naturale nutrimento del campo istintivo-emozionale perde la diretta e stabile connessione con il corpo fisico, per reintegrarsi con l’ambiente, con l’Universi-parte. É la remissione che dà il via all’algor mortis, alla riduzione della temperatura. Il corpo fisico si adatta alla natura ambientale e non produce più, localisticamente, la temperatura necessaria all’essere acceso, in vita, ma si continua ad essere accesi, vivi, nell’ambiente, nell’Universi-parte complessivi (anche se disaggregati, gli atomi che ci compongono continuano a funzionare) e ci si stabilizza alla temperatura dell’ambiente circostante, e oltre.
La rigidità cadaverica si innesca insieme all’algor mortis. La remissione degli istinti e delle emozioni (campo istintivo emozionale e aggredior) determina, insieme alla perdita di calore, anche l’innesco di tale rigidità, in quanto è il campo istintivo-emozionale, l’Io-psichè in circolo, a rendere plastici e flessibili i muscoli. Se tale remissione avviene velocemente, possono innescarsi contrazioni e, quindi, movimenti del corpo morto che, a volte, può assumere particolari posture, anche innaturali.
La perdita di calore e l’irrigidimento sono segnali classici del cambiamento in atto. Ciò accade dopo circa tre ore dalla morte. Il cadavere permane nella stessa consistenza di qualunque altro corpo minerale e dell’ambiente. Tale transmutazione sembra essere irreversibile. L’irrigidimento dei muscoli inizia simultaneamente su tutto il corpo, ma, per completare il processo, saranno necessarie circa dodici ore perché si manifesti la rigidità completa, stato in cui il cadavere permarrà per circa trenta ore, prima dell’inizio della fase di destrutturazione.
L’ipostasia cadaverica è la decolorazione del corpo, in conseguenza della riduzione-remissione dell’Io-psichè, degli istinti e delle emozioni, della temperatura e dell’irrigidimento. Questa si esprime, anche perché il sangue non muove più pompato dal cuore (per determinazione di microattività atomico-nucleari, sempre innescate dal campo istintivo-emozionale e dalla vita-energia), e va in stasi.
Il livor si riconosce, circa un’ora dopo l’entrata nello stato di morte e si fissa in una decina di ore.
È la cosiddetta putrefazione, per riduzione-remissione del campo istintivo-emozionle, dell’Io-psichè che tiene aggregate le cellule e gli atomi. Il corpo si destruttura, si disaggrega, si scompone e si reintegra nell’ambiente, in ciò che denominiamo Universi-parte.
Vediamo esattamente come tale transmutazione vitale-energetica si manifesta.
La destrutturazione inizia insieme a tutti gli altri processi indicati, anche se i segni sensibili possono essere osservabili dopo alcune ore. I tessuti del corpo si destrutturano, si separano dai prodotti bios-chimici che muovono in essi e, ovviamente, dal campo istintivo-emozionale. Simultaneamente, avviene la scissione degli elementi costitutivi dei tessuti, operata da esseri viventi come i batteri. In conseguenza di ciò, si innesca la produzione di gas che determina il caratteristico odore della morte che, in percentuale minima, è possibile riconoscere anche durante le ultime fasi dello stato coscienziale punto vita e che individuiamo durante la Maieutica thanatoslogica (in Sigmasofia, thanatos-ontos-sophos-logica[6]).
Dopo tale transmutazione, l’Io-soma produce potassio, metano, magnesio (…), che hanno un’alta carica energetica tanto che, in alcuni casi, al momento della reintegrazione con l’aria, possono dare vita a delle fiammate: è il fenomeno del fuoco fatuo. Si tratta di fiammelle blu che è possibile osservare a livello del terreno, ovviamente nei cimiteri, ma anche in altri luoghi. Sono dovuti alla destrutturazione-decomposizione dell’Io-soma e si manifestano come fuoco freddo. È inerente alla trasmutazione-trasformazione in corso, nella quale è coinvolto anche l’Io-psichè che si sta reintegrando in modo funzionale con l’Universi-parte.
Alla destrutturazione-decomposizione, partecipano molti agenti dell’Universi-parte, dell’ambiente, come pioggia, umidità, temperatura, insetti, la profondità della sepoltura, la superficie su cui il cadavere è posizionato, la presenza di formiche, di mosche, metalliche o verdi, che depongono le uova, i bigattini (vermi bianco-giallognoli), larve che, nutrendosi del cadavere, possono riprodursi in maniera impressionante.
Comunque, si partecipa-osserva (il termine partecipare rende maggiormente l’idea dell’Universi-parte, del campo unico, per cui più che osservatori, si è partecipatori di un evento a cui, per entanglement coscienziale e fisico, si è necessariamente collegati) come tale transmutazione coinvolga molteplici forme di vita, interiore ed esterna. Tale destrutturazione-decomposizione è un processo naturale e funzionale. La repulsione alla vista e all’olfatto dei cadaveri dipende dalle migliaia e migliaia di esperienze esistenziali convenzionali che, di fatto, hanno avversato e allontanato la morte dalla vita, non riconoscendola come parte, bensì come fine della vita stessa. Tali registrazioni condizionanti sono talmente intense che, in molti casi, è possibile assistere a somatizzazioni, a nausee e rigurgiti, sempre indicatori di una mancata indagine, da parte dell’Io-psichè, sulla morte, sullo stato coscienziale punto morte.
È funzionale lasciare che il decorso della destrutturazione-decomposizione avvenga in modo naturale, senza accelerarlo, se possibile, con la cremazione, ossia scindendo le molecole con il fuoco (comunque, anche il fuoco è un ente naturale e, quindi, non interagirà significativamente sul passaggio di reintegrazione Io-somato-energetica che si sta attuando).
La destrutturazione-decomposizione prosegue fino alla scheletrificazione (che avviene in media in otto anni, a seconda delle condizioni di conservazione del cadavere).
A volte, taluni decidono di ritardare la destrutturazione-decomposizione, utilizzando diversi sistemi:
· l’imbalsamazione-mummificazione
· la crioconservazione (o ibernazione).
La conservazione del cadavere non ha alcuna funzione per l’Io-psichè, in quanto questo va in remissione dalle funzionalità che regolano la struttura antropomorfa del corpo, al momento in cui entra nello stato coscienziale punto morte. Il mantenimento del corpo è un’esigenza dell’Io-psichè, vivo. Ad esempio, se un essere umano muore in un luogo distante dalla propria abitazione, è necessario preservarne il corpo, in modo da eseguire il rituale di sepoltura nel luogo di nascita e perché i parenti possano ancora vederlo integro.
Il termine imbalsamazione deriva dal latino balsamum, che significa mettere nel balsamo, composto da una mistura di resine aromatiche, funzionali alla conservazione del cadavere. In Egitto, a questo scopo, veniva usato il bitume (in arabo mumiya significa bitume, da cui discende la parola mummia). A volte, a questa immersione nel bitume, si abbinava la somministrazione di Natron, la soda, utile per le sue proprietà igroscopiche. Successivamente, i cadaveri venivano messi sotto la sabbia calda del deserto, esposti al sole, allo scopo di disidratarli ulteriormente: venivano tolte le viscere ed estratti gli organi, riposti, poi, nei vasi canopi.
Attualmente, per imbalsamare, vengono utilizzate sostanze come la formaldeide, la formalina o vengono seguite altre procedure.
La mummificazione non è altro che un processo di disidratazione massiva, così veloce che i tessuti si cristallizzano, il corpo del cadavere assume un colorito bruno, la pelle diventa dura e consistente come il cuoio e aderisce alle ossa, così da mantenere relativamente intatti i tratti somatici. La si ottiene attraverso specifici procedimenti che non sono di particolare interesse, per le finalità di questo lavoro.
Serve ad impedire la fase sensibile della destrutturazione-decomposizione, ma non può nulla riguardo alla riduzione-remissione del campo istintivo-emozionale e dell’Io psichè, cioè all’evento morte.
Comporta l’utilizzo di speciali tecnologie che implicano significativi problemi, come la rottura delle membrane cellulari, determinata dai cristalli di ghiaccio o dalla rottura di parti del corpo, a causa di coefficienti diversi di dilatazione.
La riduzione-remissione del campo istintivo-emozionale e dell’autocoscienza acquisita non consente il ripristino del corpo fisico di provenienza. Ciò significa che, anche se la scienza dovesse trovare tutte le soluzioni alla riparazione del corpo crioconservato, questo non potrebbe comunque funzionare, in quanto mancherebbe l’attivazione diretta del campo istintivo-emozionale (della vitalità) che, invece, si evidenzia nel processo genetico padre-madre-figlio, parti integranti dell’Universi-parte.
[1] Morte: in Sigmasofia, stato coscienziale punto morte
[2] Energetiche: in Sigmasofia si utilizza, quale sinonimo, il termine autopoietiche
[3] Vita: in Sigmasofia vita-autopoiesi, campo MAC, inconscio autopoietico sono tutti sinonimi
[4] Universi-parte: attraverso il vissuto dell’entanglement, la nostra sperimentazione diretta e le ultime scoperte della fisica quantistica ci hanno consentito di vivere che tutto è coscienzialmente e atomicamente legato, quindi, a livello microstrutturale e oltre, è individuabile una funzionalità inscindibile, di cui siamo parte e che lega tutte le cose, da cui il termine Universi-parte che include noi stessi. Tale Universi è transfinitamente in vita: per questo, vista da quel piano, la morte assume il significato di stato coscienziale punto morte dell’Universi-parte.
[5]Campo istintivo-emozionale e aggredior. (L’archetipo acquisito c.a.) ha uno scopo fondamentale: tenere acceso, in vita il corpo e determinarne la spinta autopoietica verso il soddisfacimento di meta-bisogni innati, legati a funzioni di sopravvivenza che prima venivano soddisfatti automaticamente dall’Io-soma-autopoiesi della madre, in cui eravamo. Li individuo nel mangiare, bere, dormire, respirare, evacuare, congiungersi e pulsione autopoietica a vivere, a conoscere: bisogni che sinteticamente denomino aggredior. L’autocoscienza acquisita veicola l’aggredior, quale proprio ingrediente fondamentale. Il termine aggressività deriva dal latino aggredior che significa andare avanti. Per aggredior, intendo la quantità di campo morfo-atomico-coscienziale, di autopoiesi necessaria a far funzionare l’archetipo campo istintivo-emozionale e gli stati coscienziali utilizzati dall’Io acquisito, per sopravvivere e vivere.
[6] (V) paragrafo Thanatos-ontos-sophos-logia autopoietica, pag. 80
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